Caro amico, questa settimana ti scrivo …
Franco Raimondo Barbabella
Caro amico, così ti rispondo …
Pier Luigi Leoni
I Gufi
“Un leader populista? Ma non scherziamo! Beppe Grillo non ha la statura per essere davvero un capopopolo, un rivoluzionario, un guerrigliero capace di assalire i palazzi del potere e conquistarli. L’inventore delle Cinque stelle è soltanto un menagramo, uno che maneggia profezie di sventura e spera nel disastro. Ben sapendo che, se accadrà, lui si sarà messo al sicuro in qualche paradiso lontano dalle macerie. Insomma, non siamo in presenza di un grillo, bensì di un gufo. E gufare, ossia fare il tifo perché avvenga il peggio e non il meglio, è il mestiere che preferisce … Purtroppo il dittatore stellare non è l’unico gufo in circolazione. L’elenco è lungo”. (Giampaolo Pansa)
F. No, caro amico, il titolo non ti inganni: non mi riferisco al famoso gruppo che negli anni dal 1964 al 1969 ha caratterizzato il panorama musicale italiano prima con le storie della Milano popolare e poi con la comicità surreale, la satira sociale e la ricerca delle radici della canzone lombarda. No, mi riferisco alla situazione politica attuale, alla nascita travagliata del Governo Letta e ai contorcimenti che essa ha generato: ci sono quelli che la rifiutano a prescindere e tifano e si adoperano per il suo fallimento, appunto gufano. Grillo e i grillini gufano alla grande, ma è nella loro natura: loro hanno capito come gira il mondo, sono i nuovi paladini dell’assoluta sapienza che guiderà l’umanità, consenziente o no, verso i lidi dell’assoluta felicità cliccante, purché decrescente. Molti altri però, seppure minoritari, gufano insieme a loro. Giampaolo Pansa ne fa una rassegna precisa e attendibile: i due capigruppo al Senato e alla Camera, “il confusionario Vito Crimi e la petulante Roberta Lombardi”; i giornalisti del “Fatto quotidiano” con in testa Antonio Padellaro e Marco Travaglio, i due direttori che “hanno deciso di fare della loro testata il foglio di Grillo, l’organo di partito dei Cinque stelle”; diversi esponenti del PD, da Laura Puppato a Pippo Civati a Sandra Zampa, fino agli “Occupy Pd”, i “gufi baby”. Io sinceramente trovo difficoltà a fare il tifo, non tanto per questo, quanto per ogni governo di questa fase storica, ma mi rendo ben conto che un governo era assolutamente necessario ed è venuto fuori questo perché le circostanze non hanno consentito altra soluzione. Insomma, allo sfascio preferisco una soluzione che magari non risponde a quello che avrei desiderato, ma che nasce con l’intento di fare le riforme necessarie per uscire dal pantano. Quelli che hanno il naso fino e fanno prediche di purezza dovrebbero anteporre ad ogni loro esternazione un semplice preambolo con cui farci capire non la soluzione sognata ma quella alternativa realmente percorribile. E naturalmente senza prescindere dai problemi da governare, anzi, fondandola proprio su questi. Oppure conta di più gridare “abbasso il Caimano!” o “Cacciateli tutti!”, ben sapendo che c’è chi si mette il basto sulle spalle e porta la soma? Perché mi pare che anche ad Orvieto si ponga un problema analogo: la priorità è salvaguardare la purezza della destra e della sinistra (una volta spiegato di che cosa parliamo), e in difetto agire perché “muoia Sansone con tutti i Filistei”, o prendere atto di ciò che è successo (direi almeno negli ultimi quindici/venti anni) e guardare avanti per impedire il declino irreversibile della nostra città e del territorio di cui è stata e può continuare ad essere il punto di eccellenza?
P. Ho l’impressione che il degrado e l’inefficienza della politica, che danno fiato alle trombe del comico furbo e villano, siano dovuti a una diffusa amoralità che ha permeato il nostro popolo. Opportunismo, clientelismo, affarismo, parassitismo, mafiosità hanno raggiunto un livello tale da sputtanare definitivamente l’Italia. Il debito pubblico non è il solo risultato dello scempio. Lo sono pure l’inefficienza della pubblica amministrazione, comprese magistratura e forza pubblica, l’inflazione legislativa e la conseguente incertezza del diritto, la criminalità dilagante e lo scoramento delle masse che vedono crollare il Paese dei balocchi. Non vedo una presa di coscienza diffusa, ma uno scontro tra moralismi. C’è il moralismo della sinistra, che odia la destra sporca brutta e cattiva, perfettamente ricambiato dal moralismo speculare della destra. E poi c’è il neomoralismo del comico furbo e villano e dei suoi seguaci. L’uscita dalla crisi tirando fuori qualche coniglio dal cappello mi sembra illusoria. Viviamo in uno stato criminogeno, dove chi vuole darsi da fare deve scegliere tra una legalità che lo strangola con la burocrazia e con le tasse e il mercato sommerso che lo espone a rischi e ricatti. Mi sovviene allora il detto che “chi dispera ha una bella illusione in meno e un brutto male in più”. Per non disperare, non ci resta che sperare in una resipiscenza collettiva suscitata dal disastro. Un proverbio popolare dice: “Quando il corpo si frusta l’anima s’aggiusta”. Non ci resta che confidare nella saggezza popolare.
Secondo Ritanna Armeni la base di quello che fu il PCI e della sinistra sta cambiando. Ma in che modo e con quali conseguenze?
“La base del Pci o la base della sinistra. Si pronunciava la parola e si dichiarava rispetto. Perché la base era diversa dal vertice anche se del vertice aveva assunto qualche difetto. Certo era diffidente verso chi non apparteneva alla sua storia. Era anche settaria, non dimenticava il passato ed era restìa a cambiamenti che non venissero dal suo partito … Ma che succede se la base si trasforma? Se cambia l’aspetto e l’anima dei militanti? Che cosa succede se alla saggezza si sostituisce il rancore, se all’attenzione per le condizioni di vita di donne e uomini subentra il confronto nei talk show? Se si mima lo scontro di vertice, e lo si potenzia e lo si esalta? Se alla discussione fra uomini e donne che si incontrano si sostituisce la rete in cui sei solo un individuo e rappresenti solo i tuoi umori più intimi e, quindi, non sempre i migliori? E che cosa succede se la politica non viene più vista come terreno di duro confronto di idee, ma un campo di calcio dove si scontrano i propri campioni e ci si limita spesso a fare il tifo per questo o per quello? Se, infine, le posizioni di chi fa politica in alto non vengono esaminate, criticate, approvate o respinte in nome dei contenuti, ma appoggiate a seconda di schieramenti interessati? Che succede se non sono più i problemi e le questioni cruciali per la vita di molti al centro dell’attenzione, ma solo gli uomini che devono accedere al potere? E se questi vengono giudicati in base a una ammirazione senza alcun elemento critico o a un disprezzo privo di attenzione per qualunque motivazione si adduca?”. (Ritanna Armeni)
F. Questo pezzo a firma Ritanna Armeni è comparso qualche giorno fa su Il Foglio di Giuliano Ferrara. Il cambiamento viene indicato attraverso domande pungenti alle quali segue una risposta complessiva piuttosto amara. Vediamo perché.
Dice Ritanna Armeni: “Questa base sociale di sinistra non ha certo mostrato reazioni di rabbia altrettanto forti quando si tagliavano le pensioni, quando si è fatta una riforma del mercato del lavoro … Non ho sentito di sezioni occupate mentre il Pd votava col Pdl quelle leggi e sosteneva il governo Monti. Non l’ho vista davanti ai cancelli dell’Ilva cercare un’uscita dal dramma, né di fronte alle aziende che chiudevano i battenti. Non ha protestato contro un sindacato immobile. Non l’ho incontrata davanti ai mercati per ascoltare la voce di chi subisce ogni giorno l’aumento del costo della vita … Oggi appare grillinizzata, come qualche mese fa appariva dipietrizzata, vogliosa di galera, sconvolta, imbarbarita, livorosa. Concentrata nella lotta contro la casta. Nemica dei demoni che si crea più che dei progetti sociali che mettono in pericolo chi ha poco. E … questa volta non mi riesce di comprenderla e di catalogarla sotto la categoria dell’errore. Purtroppo è un segnale, il più brutto probabilmente, dei brutti tempi che stiamo vivendo. Perché è l’anima, il carattere che sono cambiati. E la passione che ha cambiato direzione. E non può più essere definita neppure passione”.
Io non vedo le cose esattamente come le vede Ritanna Armeni, soprattutto perché non mitizzo il prima per condannare il dopo, cioè l’oggi, in quanto tra le due fasi c’è più connessione di quanto a lei non appaia. E tuttavia l’analisi è stimolante e dovrebbe indurre a riflettere su come nascono e si sviluppano oggi i fenomeni politici. Non solo quelli che riguardano ciò che continuiamo a chiamare sinistra.
Sono curioso di sapere che ne pensi tu, che immagino non ti definiresti di sinistra. Ma mi piacerebbe sapere che ne pensa anche chi, come Fausto Galanello, si preoccupa di tenere ben distinta la sinistra dalla destra nello stesso momento in cui, se fosse fondato il giudizio di Ritanna Armeni, dovremmo registrare lo scivolamento della base verso comportamenti che è arduo connotare come di sinistra.
P. Come tu sai conoscendomi bene, la crisi della sinistra, a voler essere buono, non mi fa né caldo né freddo. Ho smesso di preoccuparmi anche della crisi della destra, pur essendo cattolico, liberale, democratico e conservatore. E non perché consideri superati i concetti di destra e di sinistra, anzi li ritengo aderenti alla natura degli esseri umani, che hanno un cervello diviso in due lobi, ciascuno con le sue sensibilità e con le sue specializzazioni. Ma perché la faziosità, che è una degenerazione delle opposte sensibilità, ha fatto perdere di vista una realtà elementare: come i due lobi del cervello sono costretti a collaborare, così destra e sinistra sono costrette a condividere alcuni valori fondamentali e, nei momenti difficili, a collaborare. Se non dialogano sono handicappate, proprio come quei disgraziati ai quali hanno reciso il collegamento tra i lobi del cervello. Infatti abbiamo una classe politica lobotomizzata.
Le associazioni del Paglia chiedono all’assessore Rometti un incontro a Orvieto del Tavolo di coordinamento istituzionale. Il Consiglio Comunale detti gli indirizzi urbanistici
“Egregio assessore,
Eccoci a dar seguito a quanto concordato nell’incontro di ieri. Ribadiamo che a quasi sei mesi dall’esondazione del Fiume Paglia sono stati eseguiti soltanto interventi di rimozione della vegetazione e degli inerti minerali trasportati dall’onda di piena. Tali interventi, condotti a compensazione, sono stati molto parziali ed hanno riguardato soltanto un’area molto ristretta di prossimità al Ponte dell’Adunata. Preoccupa che: 1) il piano di opere in emergenza finanziato con i primi 7 milioni non sia ancora stato approvato e che si dovrà prorogare lo stato di emergenza; 2) lo studio sulla dinamica fluviale del Paglia realizzato dall’università di Perugia non è ancora stato acquisito dalla Provincia di Terni. Tra l’altro, rischia di nascere vecchio riferendosi a dati precedenti gli eventi del novembre scorso; 3) non abbiamo saputo nulla sugli approfondimenti di conoscenze legati agli effetti indotti dalle opere in corso di realizzazione; 4) la progettazione di massima degli interventi di “messa in sicurezza” del fiume procede nella segretezza degli uffici e, temiamo, nella perpetuazione di logiche troppo dispendiose e poco efficaci; 5) di qui a poco sulle sponde del fiume si presenterà una “emergenza rifiuti” invece che le condizioni per la realizzazione di un Parco Urbano Fluviale auspicabile e possibile; 6) i criteri di risarcimento delle imprese danneggiate dall’alluvione avvengano su criteri incongrui originando esiti inefficaci e paradossali. Per tutto questo Le chiediamo di convocare con “somma urgenza” ad Orvieto una riunione del Tavolo di coordinamento istituzionale di cui la Regione Umbria è capofila. Tale riunione, cui chiediamo di partecipare attivamente in quanto associazioni di cittadini delle comunità locali, consentirà di fare il punto sullo stato dei programmi di disciplinatura delle acque e di riduzione del rischio idraulico con i relativi assetti organizzativi da parte degli enti competenti. Ma consentirà soprattutto di condividere un’idea progettuale sulla forma e funzione che si vuol dare al Fiume Paglia e di tentare la ricalibratura delle modalità di risarcimento danni post alluvione. Grati per la cortesia e la sensibilità già apprezzati nell’incontro di ieri e dunque fiduciosi di un tempestivo riscontro, distinti saluti”. (Enrico Petrangeli, Ass.Val di Paglia Bene Comune; Fabrizio Cortoni, Comitato 12 novembre)
F. Ho riprodotto fedelmente la lettera inviata dalle associazioni del Paglia all’assessore Rometti perché essa di per sé è un documento indicativo del livello e della natura dei problemi che si pongono oggi per il risanamento funzionale dell’ambiente fluviale dopo l’alluvione dello scorso 12 novembre. Conosco la questione abbastanza da vicino per aver potuto partecipare allo svolgimento di alcune attività di questa fase. Perciò vorrei fare due sottolineature e una proposta, per sapere che cosa ne pensi tu. È evidente che, passata in qualche modo la fase dell’emergenza, c’è un forte rischio di impantanamento, che è reso evidente soprattutto dalla frammentazione delle competenze e dalla mancanza di coordinamento degli interventi (per i quali, si badi, i finanziamenti ci sono). È parimenti evidente che senza chiarire la funzione del fiume e del suo ampio contesto urbano e territoriale, non ci potranno essere interventi coordinati secondo un disegno razionale. Bene dunque la lettera e l’incontro da realizzare quanto prima ad Orvieto con le modalità e gli scopi indicati. Ed ecco la proposta: una mozione consiliare a sostegno dell’iniziativa delle due associazioni, che ponga con forza il tema del coordinamento degli interventi secondo una visione che sposi la messa in sicurezza del fiume con la politica dell’ambiente come risorsa.
P. Tu sai che quando c’è da presentare una mozione non mi tiro indietro. Sempre che il contenuto mi sembri costruttivo. In questo caso la costruttività è garantita dalla qualità delle persone che se ne occupano e dal marasma istituzionale in materia di bacini fluviali che grida vendetta al cospetto di Dio.