di Santina Muzi
Gli sfollati dell’ultima guerra! Gente pervenuta da ogni parte d’Italia, fuggita dalle proprie abitazioni prossime alla stazione ferroviaria, ai ponti e alle principali vie di comunicazione, aveva trovato rifugio un po’ ovunque, comprese le case sparse nella campagna orvietana. Sfollati.
Ma tra gli sfollati non c’era solamente la gente comune, arrivata a piedi o con qualche mezzo di fortuna. C’erano pure militari, archivi e documenti di grande valore storico, sia italiani che stranieri.
È quanto emerso dall’interessante conferenza tenuta nei giorni scorsi da Roberta Galli presso la caserma Nino Bixio di Orvieto per l’organizzazione della locale sezione Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia (UNUCI) – presieduta dal Gen. Schina. L’incontro ha evidenziato il ruolo avuto dalla città di Orvieto durante l’ultimo conflitto bellico, quando ben tre archivi storici, per scampare ai pericoli della guerra, nella certezza che la città sarebbe stata dichiarata ‘città aperta’, vennero collocati in prestigiosi palazzi prossimi al Duomo. Ciascuno all’insaputa dell’altro:
“…m’accorsi presto che non ero stato solamente io a mettere gli occhi su Orvieto.- sono le parole di Emilio Re, direttore dell’Archivio di Stato. -Un giorno, salendo alla piazza del Duomo, la trovai ingombra di macchine militari, di ufficiali indaffarati in divisa, di soldati che giravano sui tacchi e dicevano: signor sì; e venni a sapere, con qualche allarme, che il Ministero della Guerra aveva scelto proprio il Palazzo Papale, il Soliano, per ricoverarvi il materiale dell’Ufficio storico dello Stato Maggiore”.
Quindi, mentre l’Archivio di Stato nella massima segretezza tra maggio e aprile del ’43 aveva traslocato in Orvieto fondi e serie archivistiche di grande valore, l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore del Regio Esercito, personale al completo ed archivio, per disposizione del Ministero della Guerra il 19 maggio furono sfollati a lato del Duomo stesso, nel palazzo conosciuto come palazzo di Bonifacio ottavo.
<<In totale furono trasferiti nella nuova sede 107 militari di vario ordine e grado.- cita Roberta Galli. -Il materiale d’archivio ammontava a 12.000 cartelle di fascicoli vari e 12.000 volumi di documenti rilegati, comprendenti i documenti più importanti, i diari e gli studi. Per il trasferimento di detto materiale racchiuso in 980 casse, oltre a quattro casseforti, armadi vari, tavoli ed accessori, occorsero 19 viaggi effettuati da 23 autocarri e 5 autotreni.>>
La città sulla Rupe ebbe di sicuro non pochi problemi nel reperire gli spazi necessari, soprattutto in considerazione del fatto che era già occupata da 3000 militari.
<<Tale cospicua presenza di enti militari, oltre ad aggravare la crisi degli alloggi, avrebbe potuto rendere la sede di Orvieto un allettante bersaglio per l’aviazione nemica, tanto più dopo l’insediamento di un Ufficio dello Stato Maggiore…>>
Era questa la grande preoccupazione del podestà Moretti, come riferisce la relatrice. Tuttavia l’Archivio fu sistemato nel pianterreno del Palazzo Soliano, sede del Museo dell’Opera del Duomo, gli Uffici e la Biblioteca interna dell’Ufficio Storico presso alcuni locali del Palazzo del conte Faina, mentre il Capo dell’Ufficio Storico, con la Segreteria e la Biblioteca interna vennero collocati al primo piano del Palazzo Mangrossi, la mensa ufficiali a Palazzo Valentini in via Garibaldi…. Altro materiale venne nascosto in case private e perfino in un sarcofago romano situato nell’attuale ufficio del turismo.
Non c’è che dire, il conte Faina dovette avere il suo da fare e giocare d’astuzia per evitare che gli ufficiali tedeschi scoprissero nello stesso palazzo gli ufficiali italiani intenti a selezionare i documenti che gli ex alleati andavano cercando con accanimento!
Come se non bastasse, nell’estate del ’43 a Palazzo Ravizza approdarono le 100 tonnellate dell’Archivio storico dell’Esercito francese!
Dopo l’8 settembre la situazione divenne caotica, e non soltanto per i militari impegnati sul fronte di guerra. Per quanto riguardava certa documentazione conservata in città, si doveva evitare che cadesse in mano ai Tedeschi…
E i sotterranei del Duomo, già adattati a rifugio per la popolazione civile, divennero un rifugio anche per la documentazione da salvare:
<<…dopo essere stata prontamente rinchiusa in casse di legno, in tutta segretezza venne murata nei sotterranei del Duomo, ove venne recuperata intatta solo a Liberazione avvenuta.>> scrive Roberta Galli. Sicuramente la buona riuscita dell’operazione di occultamento e salvaguardia dei documenti dalle mani tedesche è merito del coraggio e dello spirito di abnegazione di ufficiali e civili. Decisamente però se l’intero materiale conservato nei sotterranei del Duomo è rimasto nascosto e non è andato disperso in un disastroso trasferimento verso il nord lo si deve esclusivamente a Luigi Brizi, il custode diligente che trovò mille scuse ed escogitò altrettanti sotterfugi per mantenere il materiale dell’Ufficio Storico in città, tanto che arrivò a comprare 7 chili di zucchero per sabotare i mezzi addetti al trasferimento.