BOLSENA – Si è svolta sabato pomeriggio, nella Basilica di Santa Cristina a Bolsena, la solenne celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi Monsignor Benedetto Tuzia, con rito di ordinazione presbiterale di don Miloslav Maxmiliàn Chràst. Alla cerimonia, in rappresentanza di tutta la cittadina di Bolsena, anche il sindaco di Bolsena Paolo Dottarelli e gli assessori Roberto Basili e Giacinta Monachello.
Un’occasione speciale, rara, che non si ripete nella cittadina lacustre da ben 48 anni, dall’ordinazione di don Filippo. Molte le persone e i parenti, tra questi la madre e i nipoti, arrivati dalla Repubblica Ceca per sostenere e, augurare, un sereno percorso sacerdotale a don Miloslav Maxmiliàn Chrast.
“Rivolgo un esteso ringraziamento a tutti – ha affermato padre Domenico Marra, rettore della Basilica di Santa Cristina -. Essere presbitero vuol dire essere totalmente al servizio della parola e dell’eucarestia”.
Il vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi, Monsignor Benedetto Tuzia, nel corso della celebrazione si è soffermato su due aspetti fondamentali della grazia di Dio: il manifestarsi in modo misterioso e la pazienza. “Gesù è presente sempre nelle nostre vite – ha spiegato il vescovo Tuzia – anche in quei momenti segnati dalla stanchezza e della sconfitta. Ci sono situazioni in cui si manifesta in modo più fortemente visibile, altri meno; ma è sempre vicino a noi. Papa Francesco sta sottolineando molto l’aspetto della pazienza. La vicenda di un prete è relativa all’innamoramento verso il Signore. Non ci sono altre parole. E’ un mistero della nostra vita che non di pende da noi. Essendo preti non siamo migliori degli altri: né nelle nostre scelte, nè nelle nostre miserie”.
Essere sacerdote è un mistero, un dono. E’ Dio che sceglie e non lo fa secondo una decisione di merito. “Siamo particolare proprietà di Dio – ha proseguito il vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi – .
Essere prete è un modo felice e straordinario di essere uomini. Non siamo persone disumanizzate senza sentimenti, anzi; il Signore ci dà la possibilità di portare a compimento una felicità dell’essere uomo al servizio di altri fratelli e sorelle”.