di Nello Riscaldati
Detto cosi, e facendo il verso a Malaparte, è quasi un complimento. Noi, si sa, siamo un popolo di antico lignaggio e di nobiltà fiera, sopportatore paziente delle calure e dei rigori della Rupe, un popolo che però non immagina e non ricorda. Forse perché il ricordo non è stato bene tramandato, che cento anni fa alcune strade della sua città erano lastricate di letame, cosa questa del resto comune a tante strade dei piccoli centri rurali. Le stesse che, un secolo dopo, vediamo quasi tutte decorate con buche più o meno profonde al provvidenziale scopo di rallentare la corsa delle auto ed evitare pericolosi capitomboli ai pedoni. Le buche sono cioè un deterrente per chi preferisce la guida veloce ed è per questo che non vengono sistemate. E fino a qui ci siamo,…!
Ma chi sono allora e che c’entrano i maledetti orvietani,….! E poi perché maledetti,…!
Ebbene gli orvietani maledetti siamo noi, nati in Orvieto, me compreso, e che da Orvieto non siamo riusciti a staccarci nemmeno un po’. Siamo quelli che da bambini abbiamo giocato in Gonfaloniera, a Porta Romana, a Cannicella, o alla Castagneta e che da grandi abbiamo usato le “schiace” del Duomo, le piazzette e i quadrivi per tessere interminabili e bizantine discussioni sui massimi sistemi. Siamo quelli che di Orvieto conoscono tutte le strade e tutti gli usci di tutte le strade e tutti i nomi e i soprannomi degli uomini e delle donne che abitano o hanno abitato dietro quegli usci. Siamo quelli che una volta in Piazza del Duomo, volto un rapido sguardo alla Facciata prorompiamo in un:”Porca puttana quant’è bella,…! E poi subito dopo:”Lo sente, però, sì che zìzzola su pe’ ‘r Domo,…?! Movèmise rega’ chè sinnò qui ce pija ‘na pormonite…riannamo a S.Giuseppe,…!”.
Dicevo del letame sulle strade,…specie quelle prospicienti la rupe,….!
Asini, buoi, pecore, capre, maiali, galline, oche e conigli,… odori forti, fatica, sudore, lavoro, gente aggrondata, gente acchittata, gente annoiata,…! In Via della Cava, a S Giovenale e a Porta Romana, era quello il piano di calpestio per tutte le scarpe dell’epoca quando non addirittura per i piedi di quanti vi camminavano scalzi.
Poi è arrivato il motore a scoppio e molte cose sono mutate e molte accadute tra cielo e terra.
Abbiamo avuto due guerre mondiali, la “spagnola”, “l’americano”, il Duce, il Casermone, l’Accademia, e quindi gli avieri, le accademiste e la squadra di calcio i “Diavoli Azzurri”,…!
Poi il Casermone diventò l’8° C.A.R. e l’Accademia diventò la S.M.E.F.,…poi avemmo il P.C.I. e la D.C., il P.S.I. e tante, tante altre cose amene che resero la rupe traboccante di vita, di abitanti e di operosità nella misura e nel modo da altri già su queste colonne validamente illustrato.
Eravamo una città-miracolo, piccola sì ma con quel popò di Duomo piazzato lì da secoli alle intemperie e con la sola protezione dell’ombrello aereo delle cornacchie, opera gigantesca e che, anni fa, esperti locali del ramo definirono fuori scala ed altri addirittura fuoriposto nel senso che, locato da un lato il Duomo e dall’altro la città, gli esperti assicurano che è come se le due entità non si scambiassero né segnali, né messaggi, quasi che si facessero ombra reciprocamente.
I maledetti orvietani, me compreso, sono stati cattivi custodi delle loro ricchezze, e più che della Facciata si sono preoccupati delle Schiace dove erano soliti praticare lunghe sedute serali e notturne avendo avuto cura di ripulirle prima dalle cacche delle cornacchie le quali, dotate di una mira da puntatore decorato di un bombarrdiere B 52, spesso te la facevano para para anche in testa suscitando il “cojono” generale da parte di tutti gli amici del “colpito”,…!
Trascorse così la bella stagione e gli orvietani, noi orvietani, la vissero tutta almeno fino a quando cominciò a verificarsi un fenomeno che agli esordi passò pressoché inosservato.
E fu come se da un albero ancora vigoroso iniziassero a cadere, staccati da mani invisibili i suoi frutti più belli ad uno ad uno…!
E ne avevamo di cose sulla Rupe, piccole, grandi, utili, inutili ma ce ne erano, e tante. Poi,… tutto sta nel cominciare,…!
E fu così che, senza curarci di una cronologia corretta, una mattina se ne andò via da S. Francesco il Distretto Militare dove si passava la visita di leva,…poi dal Casermone se ne andò prima l’8° C.A.R. dove venivano istruite le reclute, poi il reggimento Granatieri che l’aveva sostituito e cosi il Casermone rimase vuoto,…poi dall’Accademia se ne andò la S.M.E.F. e da S Agostino l’Aeronautica,…!
Quindi se ne andarono la Sip dei telefoni, l’Enel della luce, il Catasto, il Seminario, i Mercedari, i Lazzarini, S. Paolo, S. Lodovico, Maria Bambina, l’Ars Wetana dei merletti, i Salami Basili, la Solet, il Casino, la Usl, l’Azienda Turismo, la Perugina e, per ultimo, gli Svizzeri,…!
E poi giù a cascata tutto un andirivieni di apri e chiudi di botteghe e botteguccie, di aziende e aziendole del manifatturiero e un Casermone vuoto che nessuno si accolla perche c’è la crisi, il mercato è sfavorevole e poi perché non si sa bene cosa farne.
Per reazione vennero costruiti nuovi quartieri oltre il fiume e a mezza costa. E come già fecero i Romani con gli Etruschi a Bolsena, parimenti gli orvietani furono indotti a deportarsi a Ciconia, però in case spaziose, con giardino, servizi e parcheggi a volontà. In Orvieto rimasero e rimangono all’incirca 4.000 superstiti attaccati alla zattera della Storia e aspettando Godot.
Maledetti orvietani! Ma voi dove eravate,…?! Anzi,…dove eravamo,…?! Meglio ancora,…dove siamo,…?!
Ma siamo qui, naturalmente,…siamo qui,…almeno quelli rimasti…! Ci hanno tolto i quadrivi come il Moro, le piazzette e le schiace,…siamo dispersi,…siamo un po’ come i “rari nantes in gurgite vasto”,…e così non possiamo parlare più,.. però possiamo scrivere e oggi internet ci offre tutto lo spazio che vogliamo. E noi ne stiamo approfittando a man bassa grazie all’ospitalità dei giornali on line. Però non è come discutere appoggiati a un muretto. On line ciascuno si esprime per conto suo, si infervora o si incazza con chi gli pare, ma raramente gli altri si accorgono di lui.
Ed ecco che c’è chi argomenta, chi ricorda, chi disquisisce, chi prevede, chi propone, chi spiega, chi satireggia, chi usa parole povere, chi invece si attorciglia e si perde nei meandri della retorica sua, c’è chi accusa, chi difende o si difende, chi inveisce, chi riflette ed invita a riflettere, chi lancia invettive, chi da consigli su consigli e chi rimpiange i tempi andati,…insomma siamo un po’ come una grande orchestra composta da gente di buona volontà che si arrangia, si arrabbatta e si ingegna, ma che la musica bene bene non la conosce. Non parliamo poi della lettura a prima vista e del rispetto delle misure. Però nell’insieme lo spettacolo è gradevole o quanto meno sopportabile. Ed allora coraggio e tiriamo avanti.
Io ero un discreto contrabbassista jazz, se si fanno avanti un batterista, un pianista, una tromba e un tenore il complesso sarebbe fatto e si potrebbe suonare lo stesso pezzo nelle sue diverse partiture, potremmo cioè occuparci dello stesso argomento ciascuno per le sue competenze. Sempre data per ammessa, naturalmente, la conoscenza della musica che ci si accinge a suonare.
Viviamo in Orvieto e, come in tutto il mondo, anche in Orvieto le cose non vanno bene, ma se incontrate qualcuno che vi assicura che in futuro andranno anche peggio o addirittura molto peggio, sapete bene cosa strofinare o dove grattarvi. Buona primavera!