Caro amico, questa settimana ti scrivo …
Pier Luigi Leoni
Caro amico, così ti rispondo …
Franco Raimondo Barbabella
Un ospedale di confine
Isolato e di confine. Sembrano essere queste le caratteristiche dell’ospedale di Orvieto individuate dal nuovo direttore generale per assegnare un’identità al nosocomio. Nosocomio che, in quanto isolato (da qualsiasi altro presidio regionale e non), deve poter fornire risposte efficaci all’utenza e, in quanto di confine, deve essere attrattivo per l’utenza extra regionale. [OrvietoSi – 13 aprile 2013]
P. Questo è il succo della posizione di Sandro Fratini, direttore generale dell’ASL, sull’ospedale di Orvieto. Sono d’accordo con lui, anzi lo ero già un anno fa quando pubblicai su “Zorro” un articoletto che ripropongo a te e ai nostri lettori, e che fu letto anche in Serbia, dove conto numerosi amici.
Un’idea in «serbo»: specializzare l’ospedale
La gentile dottoressa è di nazionalità serba (ma lei tiene a specificare di essere cittadina della Vojvodina) preferisce che non sia faccia il suo nome, dato che riveste in patria un importante incarico istituzionale.
Ha trascorso un paio di settimane di vacanze in Orvieto, ospite di un noto medico conosciuto in un congresso internazionale, e si è lasciata coinvolgere nei problemi della sanità orvietana. Per incarico del COVIP (Centro Orvietano di Vita Politica Senatore Romolo Tiberi) ho l’onore di conversare con lei. L’onore e il piacere, poiché la dottoressa non smentisce la celebre avvenenza delle donne serbe. Longilinea, ben proporzionata, con due occhi grigi come l’acciaio inox, il cui fascino le lenti a contatto non riescono a sminuire, dimostra vent’anni vista dietro e trenta vista davanti. Ne dichiara quaranta. Parla la nostra lingua con un’avversione tutta slava agli articoli, dimostrando quanto, tutto sommato, siano poco utili. Dopo i convenevoli, la dottoressa esordisce:
– Mio ospite mi ha fatto vedere piano regionale sanità. Più di 400 pagine per regione così piccola. Poi mi ha spiegato difficoltà di vostro ospedale e non mi sono meravigliata. Troppo pochi abitanti in territorio di Orvieto. Ma confinate con Lazio e Toscana e siete al centro di nazione ricca. Fatevi venire qualche idea.
– Ci aiuti lei.
– Io conosco Italia e suoi problemi sanitari. Io ho idea che mio ospite medico condivide. Posso parlare?
– Sono tutt’orecchi.
– Che significa? Mi prende in giro?
– Significa che l’ascolto con la massima attenzione, tenendo aperti gli orecchi, chiusa la bocca e socchiusi gli occhi, per non distrarla e non essere distratto.
– Vostri grandi nemici sono pane, pasta e carne grassa. Obesità diffusissima in tutta Italia. Quindi sono diffuse anche malattie connesse a obesità, che riguardano: sistema endocrino, metabolismo, apparato respiratorio, apparato cardiovascolare, apparato digerente, apparato locomotore e cute. Obesità comporta anche complicanze chirurgiche e psicologiche.
– Mamma mia!
– Aveva promesso di tacere. Ebbene, questa può essere manna per vostro ospedale. Se esso si specializza in chirurgia per obesi sia specifica che aspecifica. Ovviamente ospedale dovrebbe attrezzarsi anche per prevenzione e cura di obesità e malattie connesse. Servono pochi investimenti in arredi, attrezzature e formazione di personale.
– E gli altri utenti?
– Cura obesità e malattie connesse è perfettamente compatibile con altre prestazioni. Anzi, tutti reparti sono stimolati, potenziati e valorizzati da partecipazione a sistema virtuoso.
– Ma lei conosce i chiari di luna del bilancio regionale della sanità?
– Non so che significa «chiari di luna». Ma se intende problemi finanziari, consideri che ospedale specializzato attira utenti da mezza Italia e quindi soldi per bilancio distrettuale e regionale.
– La ringrazio e non mancherò di riferire agli addetti ai lavori e all’opinione pubblica. Ma avremmo bisogno di una persona come lei.
– Serbia ha bisogno di me.
Poi la dottoressa scavalla accortamente le gambe e si alza in piedi per congedarmi. Superata una breve emozione, comincio a riflettere.
F. Lessi a suo tempo con piacere questo tuo pezzo e ricorderai che condividevo anch’io l’idea di attribuire al nostro ospedale, accanto alla sua funzione generale di presidio territoriale, una funzione specifica come potrebbe essere quella di prevenzione e cura dell’obesità. I benefici sarebbero certamente quelli che tu hai descritto, anzi quelli che ha fatto immaginare l’avvenente dottoressa serba, che tu per circostanza davvero fortunata hai intervistato per conto del COVIP. Sarebbe forse il caso di riprendere questa idea e di tradurla in una proposta da inserire in un programma più vasto di riposizionamento dell’area orvietana nel contesto regionale umbro. Più direttamente e concretamente, sono proprio le parole del direttore generale della nuova Azienda Usl Umbria 2, Sandro Fratini, a indicarci la via da seguire: rovesciare una situazione geograficamente svantaggiata (lontananza da altre strutture e posizione di confine) in una progettualmente e operativamente vantaggiosa. In altre parole, l’ospedale di Orvieto potrebbe diventare un luogo di eccellenza sanitaria, sia di tipo generale che per alcuni aspetti specialistici (io peraltro non direi solo prevenzione e cura dell’obesità, ma anche centro di diagnosi e cura delle malattie reumatiche), al servizio di una vasta area interregionale. E così si ripresenta con forza la questione del ruolo del nostro territorio, che noi del COVIP abbiamo sollevato come questione delle questioni, e che però le forze politiche ufficiali e le stesse istituzioni di fatto ignorano. Si tratta dunque di farla diventare centrale in una strategia politica per il riscatto della città e del suo territorio di attrazione.
Propaganda, propaganda, propaganda
L’Amministrazione Concina è alla deriva, tecnicamente ed intellettualmente, e non c’è modo di fermarla. [OrvietoSì – 13 aprile 2013]
P. Questo è il titolo che ben sintetizza un comunicato tranchant di Andrea Scopetti, segretario del PD di Orvieto. È un esempio orvietano di propaganda di sinistra perfettamente simmetrico a quello della propaganda di destra. Il leitmotiv della propaganda di destra è la critica aspra e insistente per i danni materiali e morali causati dal lungo regime della sinistra spendacciona, corrotta e clientelare e l’affermazione che il ritorno della sinistra riporterebbe alla ribalta personaggi e metodi inquietanti. Il leitmotiv della propaganda di sinistra è che la destra si è rivelata incapace, pigra, ottusa, annebbiata dall’odio contro le iniziative realizzate nel passato dalla sinistra e quindi è necessario che la parte sana della popolazione riporti al governo della città gli amici del popolo e del progresso. E poi c’è la neopropaganda grillina, che disprezza destra e sinistra e propone per il governo della città una classe politica di “illuminati” freschi di illuminazione. Si tratta comunque di propaganda politica che, come ogni tipo di propaganda, è un compromesso tra due esigenze etiche: quella di dire la verità e quella di raccogliere consenso su ciò che si ritiene utile. Anche il propagandista politico deve barcamenarsi tra l’essere efficace e l’essere onesto. Proprio come il commerciante, ma con l’aggravante che la passione politica è più coinvolgente di quella per il lucro. La differenza l’ha colta quella linguaccia di Woody Allen, quando ha detto: “Anche il politico ha un’etica, che è una tacca al di sotto di quella del maniaco sessuale.” Or dunque questo gioco della propaganda può essere tollerabile in una situazione normale, quando fa danni limitati, perché alla fine la gente sceglie abbastanza liberamente. Ma in una situazione di grave disagio sociale e di angoscia diffusa rischia di essere fuorviante e devastante. È come garantire a gente assetata di sapere dov’è l’acqua e come estrarla, quando è evidente che l’acqua è scarsa, che bisogna razionarla e che tutti devono scavare. Per questo, caro Franco, la propaganda politica orvietana, nelle sue varie forme, mi amareggia e mi resta solo la consolazione di aver battezzato quattro anni fa, insieme con te e con pochi altri amici, la teoria dei due polmoni, quando predicavamo che, senza una temporanea collaborazione del polmone di destra con quello di sinistra, la nostra città non avrebbe trovato la forza di risollevarsi. Lo predicavamo perché la città era in crisi. Adesso è alla frutta.
F. Parole sante, caro Pier. Che la nostra proposta di allora (il superamento temporaneo e funzionale delle logiche di schieramento in nome di un bene comune da salvaguardare) non fosse strumentale ma realmente strategica, cioè politica nel significato più alto e nobile della parola, è dimostrato da ciò che è accaduto dopo non avendoci nessuno degli interessati dato retta: tutto è peggiorato in termini di cultura diffusa, tessuto economico, tenuta dei legami sociali, tenore di vita, fiducia nel futuro; ma per contro nulla è cambiato per ciò che riguarda la capacità della politica di interpretare i bisogni reali e di trasformarli in idee e azioni coerenti di governo. Le forze tradizionali e quelle presuntamente nuove si comportano tutte come se non fosse successo niente, come se non fossimo di fronte ad un processo di impoverimento carico di drammaticità e si potesse bellamente continuare in una cieca lotta per il potere infischiandosene se alla fine Sansone morirà con tutti i Filistei. Dobbiamo ribellarci a questo gioco. Dobbiamo essere capaci di proporre una soluzione che vada oltre gli steccati e, ragionando sulle cose da fare, impegni il più vasto arco di forze, in un progetto possibile di riscatto orgoglioso di una città che potenzialmente ha le risorse per farlo.
Le pale mafiose
Ecco la trattativa, chiara, evidente. Lo Stato ha facilitato l’attività della mafia dandole il tempo di potere distruggere il paesaggio e fare affari. Io sono stato cacciato da Salemi con inconsistenti pretesti perché disturbavo pubblicamente (con la testimonianza in conferenze, in televisione, sui giornali, anche in una scioccante sala del Museo della Mafia montata ormai due anni fa) gli affari della mafia nella cosiddetta energia pulita. Il ministro dell’Interno Cancellieri e il prefetto di Trapani Marilisa Magna hanno favorito il provvedimento di scioglimento del comune di Salemi per insediare tre commissari favorevoli all’energia eolica, lautamente pagati (10.000 euro al mese, più rimborsi spese di 2.000) per promuoverla e per arrestare ogni protesta e ribellione. I commissari sono arrivati a eliminare la pubblicità del Museo della Mafia dall’aeroporto di Palermo per ridurre al silenzio anche quella denuncia così esplicita. [Vittorio Sgarbi]
P. Vittorio Sgarbi non ha peli sulla lingua… e ha soldi per pagarsi gli avvocati. Ma il maxi-sequestro disposto dalla Dia nei confronti di Vito Nicastri, imprenditore siciliano specializzato nell’industria ambientale, che ha dato l’occasione a Sgarbi di levarsi un’altra frasca che gli stava di traverso, deve farci riflettere. Il gioco degli incentivi pubblici per le cosiddette energie pulite è un meccanismo molto delicato, inventato e imposto dall’Unione Europea per far girare l’economia. In altri termini, per dare una risposta alle pressioni di grandi lobby, come è d’uso nel sistema capitalistico, mettendosi a posto la coscienza dal punto di vista ambientalistico. C’era da immaginarselo che quel meccanismo, applicato alle pale eoliche e all’Italia, zona del globo con poco vento ed eccezionali bellezze paesaggistiche, nonché eccezionali mafie, sarebbe stato dirompente.
F. Ed in effetti dirompente è stato. Ci sono ormai zone devastate dall’insediamento di impianti sovradimensionati e del tutto incompatibili con le caratteristiche del contesto ambientale. Considero errori, frutto di cecità ideologica, sia l’ostilità preconcetta nei confronti della tecnologia sia la sua acritica esaltazione. Ma qui non si tratta più nemmeno di questo. Qui siamo di fronte a questioni complesse non governate. E allora bisogna dire che non si può continuare a inserire impianti devastanti di rinnovabili giustificandoli con il fatto che così si amplia la produzione di energia pulita: se l’energia pulita sporca per diversi aspetti il territorio, non si vede come il gioco possa valere la candela. È il caso delle pale eoliche sul Peglia. Rispetto a questo la posizione assunta dalle associazioni e dalle istituzioni locali che hanno promosso la manifestazione di sabato scorso in piazza Duomo è apparsa assolutamente equilibrata: nessuno è contrario agli impianti di produzione di energia pulita purché l’insediamento sia discusso preventivamente con le comunità interessate e purché ogni intervento sia calibrato sulle caratteristiche del luogo. Il che dice anche un bel basta ad una politica sbrigativa che va a spanne su tutto e che troppo spesso ha come risultato finale l’utilizzo strumentale degli incentivi pubblici e il malfunzionamento o addirittura il non funzionamento degli impianti realizzati, come dimostrano diverse esperienze nemmeno troppo lontane. E anche per questo verso torniamo a bomba. Cioè al tema di quale debba essere una politica territoriale, in questo caso nel campo energetico. Insomma, da qualunque angolo si osservi la realtà emerge il bisogno di una nuova cultura politica, meno parolaia e acquiescente agli interessi particolari, più concreta e trasparente e coraggiosa, più competente e capace di visione.