di Nello Riscaldati
Io me lo ricordo il nostro “Venerdi Santo” devozionale, terribile, nero, che imponeva silenzio e incuteva stupore. Il Venerdì Santo delle Chiese oscurate, delle campane mute e del Dies Irae,… quello straziante dello “Stabat Mater”, della visita ai Sepolcri, del “Cristo Morto” al quale dovevamo baciare il piede,…della Processione con gli incappucciati senza testa e con le pie donne tutte velate e che, a capo chino e sussurrando litanie, con il palmo della mano destra proteggevano dal vento la fiammella di una candela, e poi altre mani che si battevano il petto e infine dietro a tutti la musica enorme, implacabile, immensa e tonante della Banda Comunale che ti inseguiva e ti riversava addosso come palate di terra onde di note di una cupa marcia funebre che ti apriva il petto e ti addentava il cuore.
Sembrava davvero l’ultimo miglio prima della fine del mondo.
Poi, il Sabato Santo, come una specie di “cessato allarme”, si scioglievano le campane, le Chiese tornavano ad illuminarsi, la gente sembrava essersi tolta un peso dallo stomaco e tornava a sorridere fino a che la domenica di Pasqua gli inni della Messa Cantata scioglievano tutti i nodi di quell’angoscia che ti si era andata raggrumando nei cuore e in gola durante i giorni e i riti della Settimana Santa.
Non si moriva più e il suono delle campane a martello avvisava che Cristo era risorto e ci aveva tutti salvati.
E per la gioia d’averla scampata dal peccato e dall’Inferno, il popolo decise di concedersi un giorno di riposo giovandosi di nutrimenti appetitosi e di sollazzi vari. Pertanto fin dal mattino del lunedì dopo Pasqua, di buonora, le massaie cominciavano a cucinare bistecchine d’agnello panate e fritte e a friggere padellate di carciofi anch’essi panati, nel mentre che i mariti e i fidanzati si adoperavano ad affettar formaggi ed imbottigliare vini prodotti in casa con la pigiatura pedale.
Quindi il tutto, insieme a numerose uova lessate e benedette e a qualche spicchietto di pizza di Pasqua, veniva sistemato in una cesta che una donna, munita della necessaria “coroja”, avrebbe trasportato sulla testa fino al luogo prescelto.
E poi tutti giù per Santo Manno o per il Salto Livio diretti verso il Piano o l’Abbadia alla ricerca di un posto fresco e ombroso dove consumare quanto preparato. E di lì a poco li vedevi mangiare, mangiare e mangiare tranquilli e affamati tanto che si sarebbero mangiati anche la cesta e la “coroja”, e tutto questo perché non avevano ancora inventato né il colesterolo né i trigliceridi e si sa che mangiando si beve, si beve e si beve primo perché “non si mura a secco”, e secondo perché non avevano ancora inventato le contravvenzioni per iperalcolemia, tanto che sul far della sera o durante la notte, tra le braccia dell’euforia alcolica, nascevano nuovi amori e nuovi bambini.
Stasera con una faccia estremamente seria e con il minimo delle parole necessarie il presidente della Confindustria ha dichiarato che se non si provvede con urgenza a governare come si deve lItalia, “la fine è vicina”, la fine cioè del sistema economico, la fine delle attività produttive, delle merci, dei commerci, la fine del lavoro, insomma la fine di tutto. E il dottor Squinzi è troppo una persona seria per non credergli sulla parola o per accusarlo di terrorismo psicologico.
Dalle piazze e dai quadrivi ci si chiede se sia stato qualcuno, o un gruppo di “qualcuno” a provocare questa catastrofe?! O se il fenomeno, date le sue dimensioni, non sia imputabile a questo o a quello, per perfido o mariolo che sia, ma piuttosto ad una manovra od una serie di manovre forse queste congegnate, inoculate e coltivate sì da una serie di qualcuno e lasciate crescere nel tempo favorendone l’allargamento come per infezione,…?! Ma sono tutte ipotesi,…! Si va dal moralismo luterano, all’azione di potenti gruppi finanziari che operano nell’ombra, alle conseguenza di una spesa incontrollata praticata da governi incontrollati verso la fine del secolo scorso.
Io le risposte non le so e non ce le ho anche perché credo che per darsela una credibile sia necessario filosofare e arzigogolare parecchio, ma nel frattempo che si ricercano tali risposte, le generazioni degli anziani vivono con la sensazione che il mondo stia invecchiando insieme a loro e pertanto, questione di pochi decenni, prima o poi e come loro, anche il mondo dovrà morire.
Le generazioni dei giovani vivono invece con la sensazione di essere stati proiettati in un ambiente che diventa ogni giorno più ostile tanto da respingerli e da rendere difficile la battaglia per la loro sopravvivenza in quanto non riescono nemmeno ad identificare né a collocare il nemico.
Forse siamo davvero al Venerdì Santo,…a uno dei tanti Venerdì Santi della Storia,…?! O forse siamo noi che la stiamo facendo troppo “squacquarellosa”,…?! Forse è vero che ci stiamo piangendo troppo addosso,…?!
Eppure da più parti ci si assicura che siamo fermi al venerdì, anzi non sono pochi quelli che sembrano provare un certo qual gusto nell’ avvertire gli atterriti che sarà un venerdì lungo, molto lungo, che le campane per ora resteranno legate e che l’oscurità sarà rischiarata solo da rare e casuali fiammelle. Poi il buio!
Da annotare che tutti coloro che in TV pronosticano sfracelli a breve, hanno le spalle ben guardate da rotondi conti in banca e da ariosi stipendi o parcelle che siano.
I miserabili, invece, ascoltano atterriti sulla riva senza avere più nemmeno la voglia di mangiare le nocchie né di strillare “evviva, evviva, evviva” all’indirizzo dell’incaricato premier che da giorni compulsa e consulta a 360° tutti quelli che incontra e che ieri alla domanda di un giornalista su cosa stesse facendo ha risposto: ”Sto cercando di capire quali sono i veri bisogni della gente!”.
E’ incredibile,…ma non l’aveva ancora capito,…?!
E mentre ci stiamo perdendo tra doppi binari, doppi registri, larghe intese, governi di scopo, governi spezzatino, convergenze parallele e governi del presidente, gli esperti del ramo ci assicurano con prove che siamo ancora fermi al venerdì e siamo per restarci.
Mai come quest’anno le famiglie, le imprese, i soli, i malati, gli esodati e i disperati aspettano la Pasqua della resurrezione delle loro condizioni di esistenza in vita.
Auguri dunque a tutti per questa attesa, sperando che sia breve e fruttifera.
Altro dirvi non vo’,…e non so,…! Buona Pasqua,…!