di Aramo Ermini
Ho sofferto, in periodi recenti, di una lunga crisi psicotica, sì sono stato pazzo per un lungo periodo.
In concreto ho vissuto una terribile esperienza di delirio, ho cioè creduto intimamente e fermamente a cose che non erano e che il nostro senso comune giudica come insensate.
E’ un’esperienza non comune, estranea all’esperienza della maggioranza delle persone relativamente sane.
Solo in circostanze eccezionali parte dei “ sani “ sviluppa dei sintomi psicotici, come per esempio quelli descritti da Bruno Bettelheim nel suo saggio “ La Fortezza Vuota “ sull’autismo infantile.
Si trattava di internati nei campi di concentramento nazisti.
Indubbiamente questa mia crisi denota dei punti di fragilità nella mia personalità, ma paradossalmente può essere utile ad una più approfondita conoscenza dell’essere umano, comunque di me stesso.
L’ipotesi sulla quale sto lavorando è che il delirio non sia qualcosa di incomprensibile e insensato, al contrario che sia intellegibile all’interno della storia personale del soggetto.
Il delirio, cioè la credenza ferma di cose che non sono, può rappresentare l’espressione di un bisogno profondamente umano, frustrato dalla crudezza della realtà, al quale la persona stessa cerca di dare una soddisfazione allucinatoria, non essendo in grado di dargliela nella realtà stessa.
Come chi è “ piantato “ dalla propria ragazza o moglie, dopo il periodo di “ lutto “ per la perdita, cerca di ritessere rapporti con amici, donne che in passato gli hanno dimostrato simpatia…per compensare, così chi delira cerca di dare soddisfazione al suo bisogno, che la realtà frustra, con l’immaginazione, sempre per compensare.
La mia ipotesi è che un meccanismo analogo possa succedere per la credenza della vita eterna.
Di fronte alla crudezza della vita, che è difficile reggere in casi estremi – come la propria morte o quella dei propri cari – si ha bisogno di sopportare la spietatezza della vita stessa con l’idea di un’esistenza eterna.
Visto anche che nessuno è mai ritornato dall’aldilà. Al meno nella mia esperienza.
La credenza nella vita eterna inoltre è un’idea che, a differenza del delirio, è da molti accettata.
Questo ragionamento potrebbe valere per estensione anche per la credenza in un Padre buono e provvidente.
E’ un’ipotesi non intellettualistica ma esistenziale, cioè basata sull’esperienza e sulla riflessione su di essa.
Non è un’ipotesi arrogante e pregiudicativa di altre esperienze, che rispetto, ma è un tassello importante nel mio cammino di conoscenza, nella mia avventura umana.