di Dante Freddi
Anni fa, appena dopo le elezioni, Pier Luigi Leoni propose ai lettori un ragionamento sui parcheggi, sulla loro gestione, sull’idea che una città “ dove residenti e non residenti sappiano tutti come e dove parcheggiare l’auto, pagando un prezzo equo, sarebbe più ordinata, più sicura, più pulita e più bella” .
Qualcuno lo maltrattò e pochi apprezzarono la sua riflessione, ma a distanza di anni la viabilità e la sosta costituiscono ancora un tema irrisolto e cruciale per la qualificazione del centro storico, imprescindibile prerogativa della sua vivibilità.
Venti o trenta anni fa vivere a Orvieto era una scelta che potevano sostenere soltanto quanti avevano mezzi per pagare un affitto salato o avevano la casa di proprietà, per capacità o fortuna.
La vita si svolgeva nel centro storico e abitarvi era una comodità. Si vendevano appartamenti a suon di centinaia di milioni e chi non aveva possibilità andava a costruire a Ciconia o Porano o in qualche comune intorno. Niente di disdicevole, ciascuno occupa lo spazio che può.
Contemporaneamente si liberavano appartamenti e palazzi, oggi disabitati. Poca previdenza dei proprietari degli immobili, oggi invendibili, e di chi ha sostenuto e sostiene alto quel mercato. Il centro storico è senza abitanti, domani sarà peggio, ma è un ragionamento davvero originale e bislacco quello di chi ritiene che gli abitanti della rupe siano una razza da proteggere e sostenere e che la loro scelta di vivere sull’acrocoro la debbano pagare soltanto quelli che ne sono stati espulsi o i visitatori o i turisti.
Come potrà esserci una città a cinque stelle, come vorrebbero giustamente gli operatori turistici e chi ama Orvieto, se ogni famiglia che vive sulla rupe vuole un posto per almeno due o tre auto, e gratis?
Dice qualcuno che senza posti auto gratuiti e senza libertà di circolazione si caccia la gente, che smetterà così di pulsare di vita vera, ci sarà un ulteriore abbandono, il degrado, caleranno le ragnatele su vie e vicoli e piazze.
Quella della “ridensificazione” del centro storico è un’aspirazione legittima e giusta ma campata per aria, raccontata in tutta Italia da chi governa o aspira a governare, una bufala che non ha portato da nessuna parte in nessun posto. Tutti i centri storici sono stati abbandonati ed il loro recupero è possibile soltanto con azioni pubbliche decise, lanciate contro il mercato che da trent’anni almeno permette che quel patrimonio sia inutilizzato, tenuto in cassaforte e ammuffito. Le azioni per facilitare il riuso sono perlopiù scarse e insignificanti, simboliche e non risolutive. Servono per dire che “ si sta facendo” più che per ottenere risultati concreti.
E’ a la page gridare al recupero delle aree storiche, non si può sostenere certo il contrario, ma dubito che farò in tempo a vedere impiegati a fini abitativi, anche in piccola parte, quelle case e quei palazzi vuoti alle condizioni di mercato in cui vengono proposti. Scordiamoci una “colonizzazione” operata con l’insediamento agevolato di giovani che possono spendere tre quattrocento mila euro per un appartamento scomodo e poi devono usare l’auto per lavorare e portare i figli in palestra o in piscina.
Intanto, almeno, facciamo ordine fuori, dove possiamo, nelle vie e nelle piazze. Diamo dignità a quello che c’è, proponiamo una città che valga vivere e visitare, creiamo le condizioni per convincere qualcuno che spendere centinaia di migliaia di euro per un appartamento su per una rupe sia unico e stupendo, irripetibile, un investimento da godere e esibire.
Offriamo posti auto a prezzo accettabile a residenti e no, cediamoli agli alberghi, puniamo la sosta selvaggia e controlliamo assiduamente che il parcheggio sia pagato, interrompiamo l’anello viario a piazza Duomo. Sono le prime deboli ma necessarie azioni, insieme a tante altre di diverso genere che dovranno essere compiute per recuperare spazio alla vita.
San Pietro Parenzo, liberaci da auto e somari.