Ormai è scontato chela Regionevenderà l’ex ospedale, di sua proprietà, a qualche catena alberghiera, farà un bel bottino e spenderà i quattrini dove vorrà. Infatti non se ne parla più, neppure timidamente, né a destra né a manca. Il Comune vorrebbe forse acquistarlo ma non può, mancano i soldi per esercitare la prelazione e, d’altra parte, non saprebbe neppure che farci se non anche lui concludere un affare e raccattare un po’ di utili.
Il piano regolatore del centro storico prevede che in quell’area enorme in piazza Duomo possa essere costruita una struttura ricettiva, come d’altra parte in altri complessi cittadini che abbiano le caratteristiche necessarie. L’errore di non aver tirato fuori l’ex ospedale da questa eventualità è ora evidente e se ne pagano le conseguenze.
Nel mirino di affaristi cittadini c’era una volta l’ex convento in piazza Febei, sede storica di “Ragioneria”. Ma Cimicchi stoppò l’operazione e lì è stata costruita la nuova biblioteca comunale, che vive nelle difficoltà di gestione di qualsiasi buona cosa ci sia a Orvieto, ma è lì per gli orvietani e per tutto l’Orvietano, pronta a divenire un luogo di cultura e economia, quando cambierà la prospettiva con cui si guarda il futuro in questo disgraziato paese.
Ora l’affare è l’ospedale e va salvato dalla speculazione. Quell’immobile è un boccone ricco anche in tempi di crisi e la sua disponibilità è tra l’altro in concorrenza con la vendita all’asta della palazzina comando nella ex Piave, che nessuno vuole ma i cui proventi sono già nel bilancio del Comune.
Qualche tempo fa Stefano Olimpieri lanciò l’idea di acquistare l’ex Santa Maria della Stella con una società allargata a tutti i cittadini, affinché restasse a disposizione degli orvietani. Ci credetti soltanto io. Era infatti quello che era: una botta e via della consueta demagogia, buona per quel momento.
Per fortuna è difficile di questi tempi vendere entrambi gli immobili per destinarli ad alberghi e compiere danni irreparabili. Presumibilmente tra poco il Comune si troverà con la palazzina comando invenduta e la necessità di provvedere a far tornare i conti, ma saranno problemi per chi verrà dopo Còncina, secondo una consuetudine ormai consolidata di lasciare la polvere sotto il tappeto. I tagli continui dei trasferimenti dallo Stato alla Regione richiedono d’altra parte la vendita del patrimonio regionale inutilizzato, tra cui il nostro ex ospedale, e soltanto gli orvietani possono intervenire e condizionare possibili soluzioni alternative, per evitare che sia tolto inesorabilmente alla città. A cominciare da quelli che contano, come il nostro consigliere regionale Fausto Galanello, l’unico contatto di Orvieto con una Regione sempre più sentita come matrigna e lontana. Mancherebbe soltanto che ci vendesse il nostro ex ospedale e la distanza diverrebbe abissale.