Conclude il ciclo di studi sull’Umbria tra crisi e nuova globalizzazione il Rapporto Economico e Sociale (RES) 2012-13 che, realizzato dall’Agenzia Umbria Ricerche, è stato illustrato alla Sala dei Notari di Perugia il 20 marzo. “Il Rapporto – ha detto Claudio Carnieri, presidente di AUR introducendo i lavori, vuole essere un contributo a leggere l’Umbria in una delle fasi più difficili conosciute dal dopoguerra e per vedere le radici profonde del disagio sociale che si avverte anche in questa regione. Gli andamenti della crisi (2008-2012) sono stati in Umbria particolarmente duri e oggi – ha aggiunto Carnieri – è chiara quella peculiarità regionale che sembra metter in crisi la ‘medianità’ della regione e la differenzia dalle dinamiche territoriali del Centro e di regioni come Marche e Toscana a cui storicamente hanno guardato le classi dirigenti umbre. La crisi – ha concluso – ha fatto riemergere le più antiche gracilità dell’Umbria, che premono per nuovi interventi di politica economica”.
Secondo Elisabetta Tondini dell’AUR le ripercussioni della recente recessione stanno modificando equilibri e ruoli tra le grandezze macroeconomiche del sistema umbro. Gli anni della recessione – ha evidenziato – ci consegnano un’Umbria che perde mediamente l’1,7% di Pil reale all’anno; nello stesso periodo sono segnate da sorti peggiori soltanto Molise, Campania, Sicilia, Calabria, Basilicata. Ma il colpo più duro all’economia regionale è stato il forte calo della domanda proveniente dalle famiglie. Dal 2008 al 2011 la spesa reale per consumi finali delle famiglie ha registrato una contrazione media annua di -1,4%. L’anno più critico è stato il 2011, quando la spesa per domanda finale privata in Umbria è continuata a calare in un contesto di lieve ripresa generalizzata”. Sul fronte produttivo, il segno più evidente è stato per Tondini il crollo dell’industria. “Nonostante la tenuta di molti settori, la regione perde ulteriormente in competitività e retrocede in termini di produttività del lavoro. Dal 2008 le unità di lavoro standard decrescono per quattro anni consecutivi, tanto che bisogna risalire al 2003 per ritrovare un ammontare di unità lavorative inferiore alle 370.900 del 2011. Continua a scendere il Pil pro capite, ormai da quasi un trentennio inferiore alla media nazionale.
Per Mauro Casavecchia di AUR “l’industria manifatturiera resta ancora il principale motore autonomo dell’economia regionale, anche se mostra minore forza trainante rispetto alle regioni limitrofe”.