Caro amico, questa settimana ti scrivo …
Pier Luigi Leoni
Caro amico, così ti rispondo …
Franco Raimondo Barbabella
Anche a Orvieto canta il Grillo; e canta forte
Cari “grillini” (a me questo termine potete passarlo): voi siete arrivati adesso con le valigie di cartone, ma questi conoscono l’arte di mettervelo in quel posto meglio di chiunque altro, avendo una lunga scuola alle spalle. Cercate di non farvi fregare e rimettete, con lucidità, ogni tassello al suo posto. Voi, per la vostra storia e per la natura radicale delle vostre rivendicazioni, che sono quelle che gli italiani vi hanno chiesto esplicitamente di portare avanti, non potete votare la fiducia a un partito che si è reso corresponsabile dello stato in cui versa questo Paese. Tutt’al più, se proprio PDL e PD meno L ci tengono alla governabilità, possono sempre votare, loro, la fiducia al primo Governo targato MoVimento 5 Stelle. (Claudio Messora)
P. Messora, blogger grillino, mette una pezza alla petizione non autorizzata dal MoVimento 5 Stelle per sostenere la coalizione col PD. Anzi fa intendere che si tratta di una manovra subdola del PD per spaccare il movimento. Ma se la situazione nazionale è pesante, quella orvietana lo è ancora di più. Qui da noi lo tsunami grillino è stato ancora più devastante, rivelando uno stato di malessere superiore a quello mediamente percepito in Italia. Nell’anno che manca alle elezioni comunali succederanno probabilmente molte cose, ma tutti saranno costretti a prendere atto che il MoVimento 5 Stelle è un moderno fenomeno rivoluzionario. Un fenomeno rivoluzionario non violento perché non è ideologico, dato l’inarrestabile occaso delle ideologie. I Grillini infatti non hanno la presunzione di possedere la ricetta per il paradiso in terra. Vogliono semplicemente sostituire una classe politica perniciosa perché ha contratto vizi che ne hanno offuscato la capacità di comprendere la realtà. Si può obiettare che a livello comunale, soprattutto nei paesi e nelle piccole città, la classe politica è meno viziata e più facilmente controllabile. Ma i politici tradizionali non s’illudano. Il fenomeno rivoluzionario richiede vittime. In Sicilia consigliano: «Càlati iuncu ca passa a china (piegati giunco, che passa la piena).»
F. Io sinceramente trovo difficoltà a ragionare con sicurezza di M5S perché se ne sa poco. Si sa molto del suo capo riconosciuto Beppe Grillo, qualcosa (solo ora) del suo guru Gianroberto Casaleggio titolare della “Casaleggio & Associati”, qualcosa di qualche esponente eletto a livello regionale o locale, ma poco proprio del Movimento, dei suoi orientamenti ideali, delle impostazioni strategiche, delle proposte operative di governo. Si sa invece ovviamente dello straordinario successo elettorale e del dibattito politico che di conseguenza è attualmente in corso. Com’è accaduto allora che M5S ha preso una valanga di voti? Io credo che la risposta più attendibile sia che li ha presi proprio perché se ne sapeva poco e però il duo Casaleggio-Grillo ha saputo interpretare il bisogno popolare, forte e diffuso, di sostituire una classe politica ritenuta (senza fare troppe distinzioni) responsabile del disastro del Paese e delle sofferenze che ne derivano. È accaduto in Italia come ad Orvieto. Chi ha votato M5S non si è preoccupato delle conseguenze rispetto alla stabilità, alla governabilità, alla tipologia delle riforme. Però ha tradotto in voto il messaggio “Mandiamoli tutti a casa!”. Un messaggio, chiaro ed efficace perché consapevolmente di pancia, ripetuto in tutte le piazze d’Italia, piazze non a caso piene ed emotivamente partecipi. Ce n’era ragione? Sì, ovvio. Sono decenni che mentre succedeva di tutto nessuno dimostrava di voler cambiare seriamente qualcosa. Anzi, chi spingeva al cambiamento veniva visto come nemico del popolo e regolarmente giubilato. La gente alla fine si stufa. Si sapeva dunque? Sì, ovvio, ma si è preferito nascondere la testa sotto la sabbia o attendere gli eventi o sperare nell’aiuto di non si sa quale santo protettore. Come si fa a chiamare questa col nome nobile di classe dirigente? Ed ecco qua il risultato: si raccoglie quello che si è seminato, ed è la semplice e scontata verità.
E ora? Come minimo ci si sarebbe aspettati che a Roma come ad Orvieto fosse iniziata una serissima riflessione da parte delle forze politiche e delle persone non solo per riconoscere doverosamente errori ed omissioni, ma per iniziare a cambiare finalmente sul serio. Invece già poche ore dopo lo spoglio si sono cominciate a leggere aperture di credito ai “grillini” ritenuti portatori (magari senza conoscere nemmeno uno di quelli che sarebbero stati eletti semplicemente perché in testa alle liste) di giuste istanze popolari, definiti da qualcuno addirittura “costole della sinistra”. Un tentativo chiaramente strumentale di nascondere debolezze, deficienze ed errori e continuare bellamente come prima o quasi. Si è letto perfino che “gli orvietani si sono dimostrati elettori maturi, gli italiani meno” solo perché la percentuale dei votanti qui è stata un po’ superiore alla media. Ma dov’è l’analisi del perché M5S ad Orvieto prende dal 27% al 29% dei voti succhiandoli certo più al centrodestra che al centrosinistra, ma comunque senza che nessuno si sia salvato? E, lo ripeto, senza conoscere una sola faccia di coloro che di fatto si stavano eleggendo! Si faccia allora almeno lo sforzo di leggere le analisi che fanno altri su giornali e periodici, perché nemmeno qui da noi sono arrivati i marziani e i fenomeni più o meno sono gli stessi che si verificano altrove. Si inizino dunque subito le pulizie di Pasqua dei quadri concettuali, si sfulinino i camini, si rinnovino i metodi di lavoro e i criteri di scelta delle priorità e delle persone. Infine, si prenda atto che “il giurassico è finito”. Come lo si può dimostrare? Che ne so, la scelta è ampia: una coraggiosa riforma delle istituzioni, l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti (si badi: referendum del ’93 con il 94% dei sì, non attuato), la giustizia fiscale, una scuola e altri servizi degni di un paese che si dice europeo, la valorizzazione delle capacità e dei meriti, insomma tutto ciò che doveva essere fatto e non è stato fatto a tempo debito. Questo in generale. Poi, a livello locale, fine delle dispute miserrime, qualche idea ariosa, un po’ di orgoglio ma per favore non strapaesano, una visione prospettica e gente che mette avanti a tutto l’interesse pubblico. Naturalmente se non è chiedere troppo. Altrimenti ci rimarrà solo la scelta che Woody Allen riserva all’umanità: “L’umanità si trova oggi a un bivio. Una via conduce alla disperazione, l’altra all’estinzione totale. Speriamo di avere la saggezza di scegliere bene”. Oppure ci dovremo accontentare della fulminante analisi del Presidente Mao: “Grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente”. Per cui …
Grillo è di destra?
Ci sono diffusi orientamenti politici nella nostra società che potrebbero essere definiti di destra, e che forse lo sono, ma che però per essere popolari si camuffano come espressioni di sinistra. Il caso più clamoroso è quello del movimento di Beppe Grillo, il cui messaggio è straordinariamente simile all’intuizione di una «democrazia plebea» cioè fatta dall’«uomo qualunque», che portò a un clamoroso anche se effimero successo elettorale nel dopoguerra il movimento di Guglielmo Giannini. (Antonio Polito)
P. Che il MoVimento 5 Stelle sia sostanzialmente di destra l’ho sempre pensato. E che non avrà la vita effimera dell’«Uomo Qualunque» di Guglielmo Giannini è facilmente immaginabile. Anche perché agisce col senno di poi.
F. Di destra? Bah, credo che la questione sia più complessa. Nello stesso tempo e con analoghe motivazioni potrei dire che è sostanzialmente di sinistra. Potrei dire ad esempio del sostegno di Dario Fo e famiglia. E poi del fatto che poco prima del voto ho letto la notizia che i CARC (Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo, denominazione di per sé poetica) hanno annunciato il loro sostegno alle liste di M5S con un articolato documento che inizia così: “L’unico voto utile è quello che serve a sviluppare la mobilitazione e la ribellione, l’organizzazione e il coordinamento, il protagonismo popolare….”. Che dire di più? Appunto, la quaestio mi pare più complessa. Io ho tanto l’impressione che le categorie di destra e sinistra siano del tutto inadeguate a interpretare i fenomeni di cui dobbiamo occuparci in questa fase della nostra storia. Personalmente preferisco partire dall’assunto che siamo di fronte alla “fine del giurassico”, una metafora per indicare un passaggio di fase, tosto e incerto. La controprova è data dal fatto che, come in ogni passaggio di fase, tutto è molto confuso, e che, essendo saltate tutte le tradizionali categorie interpretative, nessuno ci capisce più niente, nemmeno lo stesso M5S. Alcuni esempi. Le forze politiche tradizionali non hanno capito niente finché il voto non li ha fatti stramazzare a terra e dopo, come si vede, annaspano in un vero pantano. Fuori da lì le analisi lucide sono rarissime (una buona è ad esempio quella di Massimo Gramellini su La Stampa di sabato, ma presumo sarà tra le più ignorate). Nello stesso Movimento pare non si rendano conto che la campagna elettorale è finita, e con essa gli strilli, gli insulti, i vaffa, il tutti a casa. Ora si sta nelle istituzioni e dunque nella politica, perché anche la democrazia diretta ha le sue regole (che lo si voglia o no, inevitabili), ad esempio quella che una volta ottenuti i voti per cambiare bisogna dimostrare di volere e sapere davvero cambiare, e quindi, in democrazia, se non hai i numeri sufficienti devi fare alleanza con altri, e perciò devi confrontarti, e non puoi farlo solo con i tweet o nelle stanze chiuse. Inoltre, non puoi far eleggere centocinquanta parlamentari e poi pensare, dire e fare solo tu per loro. Di più, non puoi avere il tuo guru che ha una società sua di cui si sa poco o niente e però di fatto si decide tutto lì. Ecc., ecc. Mi viene da dire: evviva il popolo sovrano! Però gli sta bene a tutti quelli che in questi anni hanno invocato tutti i cambiamenti possibili non credendo di fatto in nessuno: bastava dire donna ed era fatta; bastava dire giovani ed era fatta; bastava dire facce nuove ed era fatta; bastava dire un niente ed era fatta. In realtà però il bisogno di cambiamento c’era ed era reale, solo che chi aveva il dovere di interpretarlo non lo ha fatto. E oggi o lo fa o muore. Lo ha catturato M5S. Lo saprà utilizzare? Vedremo. Le prime mosse non mi sembrano incoraggianti: ho tanto la sensazione che siamo di fronte al classico “levete te che me ce metto io”. Ma la qualità sarà migliore? Dalle poche dichiarazioni dei parlamentari neoeletti l’unica cosa chiara è che c’è una bella dose di ignoranza e di dipendenza dal capo. Miglioreranno rapidamente perché sono migliori degli altri che hanno sostituito? Forse, ma vengono da quel popolo che ha espresso la classe politica che gli è convenuto esprimere fino ad oggi. Ne sono la parte eletta? Lo hanno scritto nel DNA? Chi l’ha stabilito, visto che sono stati scelti con “parlamentarie” ristrette che più ristrette non si può e votate con un porcellum che più porcellum non si può? Dovremmo gridare evviva una nuova classe politica improvvisata? No, grazie, con Ghezzi potremmo dire “cose già viste”: viste con la cosiddetta (falsa) seconda repubblica, viste in opera a livello locale, provinciale, regionale, negli ultimi venti anni (le quarte e quinte file che avanzano senza meriti riscontrabili se non l’appartenenza a cordate, caste e castine, e la fedeltà al capo di turno). Se sarà questa la rivoluzione annunciata, tanti auguri! Altro che destra e sinistra! Io penso che c’è da fare molto. Le classi dirigenti richiedono tempo, pazienza, selezione. Già selezione, che, per essere vera, deve prevedere un percorso, tranne nelle fasi rivoluzionarie. Ma questa non lo è, è solo una trasformazione con sostituzione, cosa molto diversa. Speriamo bene, ma oggi si può dire solo speriamo. Comunque si accettano scommesse.
Due Papi in Vaticano?
Sia chiaro, io non ho nulla contro Joseph Ratzinger. Gli auguro tutto il bene possibile. Non ho nulla in contrario a una vita bella, in un posto dove riposarsi, abbiamo la stessa età… Inizialmente avevo pensato: quella di ritirarsi in un convento per pregare era una buona decisione. Ma ora si vede che non era questo il disegno… È molto pericoloso avere un ex Papa che vive nel Vaticano stesso. Che non vive in un monastero. Non vive con monaci, ma con suore che erano al suo servizio in Vaticano come Papa. Avrà lo stesso segretario, padre George. Vuole avere contatti con i cardinali, con il nuovo Papa. Avevo paura di un «Papa ombra» nel Vaticano. Ora questo mi sembra confermato. Ha certamente interesse che la sua linea fosse prolungata, altrimenti non avrebbe fatto così. Questo non è andare sul monte a pregare: ma avere la possibilità di interventi continui. È una situazione pericolosa… Ratzinger dice: «Io sono fuori, ma sono al centro del Vaticano». Insomma, non va bene. Certo non avrà comunicazioni ufficiali ma infiniti colloqui privati. Si configura una comunicazione continua tra palazzo pontificio e vecchio Papa. Questo viene preparato da molto tempo. È parte di una strategia chiara. (Hans Kϋng).
P. Come lettore abbastanza assiduo di Hans Kϋng, so che lo sminchionato teologo svizzero ha in uggia Benedetto XVI e non perde occasione per manifestargli la propria antipatia. Ma il Papa uscente, dopo qualche ora, gli ha indirettamente risposto impegnandosi solennemente davanti al collegio dei cardinali (e quindi anche davanti a colui che gli succederà) alla reverenza e all’obbedienza al nuovo Papa. Se mi è lecito manifestare la mia impressione, Benedetto XVI abbandona il trono papale perché è entrato in quella fase in cui lo spirito è ansioso di separarsi dal corpo. Si tratta di una fase che si manifesta frequentemente nei mistici, anche qualche tempo prima della morte fisica. E non è rara nelle persone comuni, quando, giunte agli ultimi istanti di vita, vogliono essere lasciate sole per godersi in silenzio e in solitudine il trapasso. Lo deduco dalle parole dello stesso Benedetto, quando ha detto di non avere più la forza fisica e “spirituale” per essere utile al governo della Chiesa. Nel linguaggio della mistica, significa che la forza dello spirito è tutta impegnata nell’ultima impresa del passaggio terreno.
F. La tua è una bella analisi, e forse le cose stanno effettivamente così. Un papa che si prepara, misticamente, al trapasso. E questo è così umano, che in me genera profondo rispetto e commozione. Io penso però che parlando di Benedetto XVI dobbiamo tener conto che siamo di fronte anche ad un teologo di grande valore e all’erede di Pietro, che ha il compito di governare la Chiesa di Cristo. Se si tiene conto di tutte le cose che Benedetto XVI ha detto all’atto della sua rinuncia al soglio pontificio e dopo, fino alle ore 20.00 del 28 febbraio, credo si capisca bene che di mezzo c’è la consapevolezza sia dei gravi problemi di ogni tipo che si sono accumulati per non essersi adeguati ad un mondo completamente trasformato, sia del dovere di porvi decisamente e rapidamente rimedio. Forse Hans Kϋng non ha del tutto torto. A lui magari Benedetto XVI non è mai piaciuto e ora non gli piace nemmeno il modo del suo appartarsi (perché non è una pura rinuncia, non è una fuga), ma non può negare che si è trattato di un atto di grande coraggio, di un atto realmente rivoluzionario perché indirizza gli sforzi verso il mondo e non verso l’isolamento e la negazione del mondo. Benedetto XVI ha saputo dire a tutti che “il giurassico è finito”. Non mi pare poco.