In campagna elettorale si è raccontato con continuità e costanza, come una canzonetta da quattro soldi che deve diventare orecchiabile, che l’Italia senza la Tav è un paesotto fuori dall’Europa . C’è stato Berlusconi che ha addirittura ritirato fuori il ponte sulle Stretto. E noi lì ad abboccare alle stupidaggini e tanto disponibili da riuscire perfino a votare per chi ce le proponeva.
Chi esce da Orvieto e viaggia verso Viterbo o Perugia o Terni, chi frequenta qualsiasi strada dell’Umbria, ancora peggio del Lazio, lungo la E7 o in qualsiasi strada italiana, si trova a guizzare tra una buca e l’altra, teso a proteggere gli ammortizzatori ed evitare incidenti.
Tra poco sarà primavera, cominceranno a circolare moto e il pericolo di incidenti sarà moltiplicato da quelle profonde sconnessioni. Forse arriveranno i turisti e noi ci offriremo come Paese del terzo mondo, incapace di mantenere i doni di chi ci ha preceduto, dai beni architettonici alla semplice strada.
Abbandono, sfiducia, cedimento crescono come crescerà l’erbaccia lungo le strade con il primo sole, tanto per segnalarci con maggiore evidenza che non siamo capaci di proteggere né le opere né il territorio. Poi ci sarà la prossima piena e la prossima frana.
Anche a Orvieto ci sono associazioni, come Cittadinanzattiva e il Codacons, a cui chiedo di farsi portatori dei diritti di cittadini che subiranno danni per colpa di amministratori che lasciano le strade abbandonate, il fiume irruento e i declivi nell’incuria. Chiedo inoltre che portino in tribunale gli amministratori che distolgono fondi dalla messa in sicurezza delle scuole per costruire Tav e simili o che si azzardano per mero calcolo elettorale a spendere altri quattrini intorno alla pazzia del ponte sulle Stretto o che accettano la responsabilità di governare questo sfascio e di farsene complici.
Se non ci sono soldi per mantenere le strade gli assessori ai lavori pubblici diano le dimissioni: se pensano che la loro permanenza sia riconosciuta come un atto di disponibilità e sacrificio sbagliano. Gli italiani sanno che è gente che in parte sta lì per qualche centinaia di euro al mese, altra parte per bisogno di riconoscimento sociale, un esigua minoranza per passione incosciente.
Siamo in un tempo difficile, di crisi profonda di tutto, e ci può governare soltanto chi ha energia, capacità e coraggio per scegliere, assumendosi la responsabilità del proprio ruolo pubblico, destinato ai migliori di noi.
Le buche hanno ispirato anche una poesia di Giuseppe San Giorgio, pubblicata ieri nella rubrica Poesie e racconti. La riproponiamo.
di Giuseppe San Giorgio
L’hae vista la strada pe annà a Orvieto??
Quella che se ‘ntravede tra le buche,
nun saprei ditte si è na vergogna o n’indecenza,
ma ce vole da passasse na mano pe la cosienza,
l’hae vista la strada tra le buche tonne,
manco se riesce a vede, fra quelle fosse fonne,
e quanno piove, paiono laghette ma senza pescioline,
pare de scenne co la machina giù pe le scaline,
da qualsi parte piglie e qui viè ‘l bello,
a Orvieto nun se sarva manco no stradello!!
Le machine ferme, mal ciglio de la strada,
che de sicuro na rota honno scoppiata,
e glie annata bene, se ricconta e nun’è farso,
che qualched’ uno dentro c’è scomparso!!
Io dico, vabbè che nun ce so lo sorde mal palazzo,
e che nel bussolotto nun c’è rimasto ‘n c…..
ma mo esageramo, nun se cammina più,
le strade so tutte sfonnate, è tutto storto,
ma che aspettamo che ce scappa ‘l morto!!
Sindaco, stamme a sentì , damme retta,
mette la mano ma la saccoccia, fallo ‘n fretta,
la gente nun ne po’ più è stanca, è bello che arrivata,
che si a ste strade nun glie damo n’addirizzata,
allora si che famo la frittata, e che voe …….
che nun lo trove ‘l matto che fa la mattata,
e prima o poè te dà na tortorata!!