di Dante Freddi
La piena del Paglia del 2010 aveva provocato danni a quelle baracche nel piano del Paglia poste proprio nell’alveo del fiume, ma poi si è pensato o che non si sarebbe verificato più nulla o chissà quando. E allora di nuovo orti curati e nelle baracche animali e attrezzi. Fino a novembre scorso, quando tutti hanno capito che quei terreni del piano sono pericolosi fin quando il fiume non sarà posto in sicurezza in ogni suo tratto.
Teleorvietoweb ha confezionato per il nostro giornale un bel filmato che documenta i lavori di bonifica delle zone più vicine al corso del Paglia, con estirpazione di rovi, alberi e baracche alluvionate. Sono testimoniati i lavori ma anche i sentimenti e i ricordi di chi ha perduto uno spazio importante della propria vita quotidiana, quel tempo “perso” nella passione per la terra, utile anche nell’economia della famiglia.
Molti di questi sono anziani e il dolore degli anziani è più profondo.
Ma la bonifica doveva essere compiuta e è buono il progetto di valorizzazione di quelle terre espresso nell’intervista a orvietoweb rilasciata dall’assessore Margottini, finalmente qualcosa che non rattoppa il presente ma è rivolto un po’ più in là.
Questi lavori potrebbero costituire anche l’occasione per un ulteriore atto di coraggio e quindi di azioni che portino a bonificare tutto il piano del Paglia da quelle baracche disordinate e esteticamente aberranti che lo invadono. Non si deve cacciare nessuno, vanno rispettate esigenze e abitudini, ma con tendenza al decoro.
Il nostro giornale si è impegnato a lungo in questa battaglia. Tutti d’accordo in linea di principio ma nessuna azione. Ci ha provato anche Fausto Galanello ad affrontare il problema della conciliazione del decoro con la tradizione, ma è stato stoppato a Perugia.
“Le limitazioni attuali – scriveva Galanello nel 2010– non impediscono un proliferare confuso, con forte impatto ambientale, di strutture di vario genere e materiali che determinano un degrado di vaste aree agricole, soprattutto a ridosso delle zone urbane. Un fenomeno così forte ed ampio, soprattutto in alcune parti della nostra Regione, che non può essere affrontato solo con i divieti e la repressione sanzionatoria o addirittura penale, peraltro inefficienti come la realtà sta a dimostrare. Occorre quindi – aggiunge – una nuova regolamentazione della materia, più aperta alle necessità socio-culturali-economiche poste dalle nostre popolazioni, ma che consenta ai comuni il controllo sulla realizzazione di questi manufatti, anche nell’ottica di un recupero ambientale delle aree compromesse”.
Un ragionamento che non fa una piega e che merita di essere ripreso.
Galanello è l’unico che ha avuto la sensibilità, e anche il coraggio, di affrontare la questione, ignorata dalla sinistra e dalla destra, uniti nel non disturbare l’elettore, che abusa ma vota.
Insomma, al di là delle chiacchiere, ci sarebbero da definire modelli estetici e costruttivi da far adottare a chi vuole continuare a coltivare il suo orticello, senza tetti in amianto o lamiera. Baracche grandi quanto è necessario e ragionevoli rispetto all’estensione dell’orto, niente di straordinario, opere semplici e veloci, poco costose ma dignitose.
Oggi c’è una buona occasione in più per prendere in mano l’argomento.