di Pier Luigi Leoni
Un eminente personaggio orvietano, pieno di cultura e di esperienza, mi ha esortato a rileggere la tragedia di Eschilo “I sette contro Tebe” e a tranne ispirazione per interpretare le vicende politiche della nostra città. Mi sono ricordato di una bella frase di Vito Mancuso: «Il mito è più vero della storia. Ciò che è storico è veramente accaduto una volta, ciò che è mito accade realmente ogni giorno.» Non credo che le mie riflessioni coincidano del tutto con quelle di quel personaggio orvietano, a me molto caro, ma non vedo il motivo per cui debba tenerle per me.
In quella tragedia greca, Eteocle e Polinice, figli di Edipo, si erano accordati per regnare a turno, un anno per uno, sulla città di Tebe. Ma Eteocle, allo scadere del proprio anno non ha voluto lasciare il trono. Perciò Polinice ha mosso guerra al fratello e ha schierato davanti alle sette porte della città i suoi sette migliori guerrieri, compreso lui stesso. Eteocle manda sei guerrieri che affrontano e sconfiggono altrettanti guerrieri nemici. Rimane solo il fratello Polinice, che Eteocle decide di affrontare, anche se è consapevole che lo scontro sarà all’ultimo sangue ed entrambi moriranno. Così infatti avviene e la guerra fratricida, maledetta dagli dei, è esemplarmente punita. Ne trarrà beneficio Creonte, estraneo alla famiglia di Edipo, che regnerà su Tebe.
In Orvieto, lo scontro alle elezioni primarie tra un sindaco che non voleva lasciare il posto e una aspirante sindaco che si sentiva in diritto di succedergli ha portato alla loro eliminazione reciproca. Il Creonte orvietano che ne ha beneficiato governa quindi in conseguenza della rivalità tra due compagni di partito. C’è chi la considera una fortuna e chi invece una disgrazia. Comunque gli dei non andrebbero sfidati, come fa chi è entrato nel palazzo del potere grazie a Creonte e non fa altro che scavargli la terra sotto i piedi.