di Enzo Prudenzi
Nel 1979 il generale Cornacchia viene chiamato a Roma per rivestire il ruolo di Comandante della prima sezione del Nucleo Investigativo, il più delicato e importante in Italia: la sezione è quella per i crimini contro la persona. Lavora bene, ci sa fare tra politici, ergastolani, assassini, papponi, colleghi, spacciatori e nuovi sequestratori, bande vecchie e nuove, romane, italiane e transalpine; lo nota il Comandante generale dell’Arma dei CC che lo vuole capo di tutto il Nucleo con un grado in meno del necessario ancora sulle spalline -quello di maggiore- e la promozione in pectore. Seguono anni di scintille, di insonnia, di spari, di compromessi, di “intelligenza”, di azioni, di notti infinite. Da comandante, da sbirro, da investigatore, guiderà la cattura di Vallanzasca, tirerà il plaid di Moro coricato sul portabagagli di una Renault 4 e il cellophane di Rosaria Lopez e Donatella Colasanti in quello di una 127 bianca, libererà bambini, ragazzi, uomini, imprenditori rapiti, dialogherà coi ministri e pezzi grossi, lascerà l’uniforme in un armadio e non avrà più orari, sarà punto di riferimento di Cossiga, amico di Masone, sicurezza per Imposimato, Sica, Amato, De Matteo, Priore, Vitalone, Infelisi, sarà braccio di ferro di Carlo Alberto Dalla Chiesa, quello dell’antiterrorismo, di Terenziani, Siracusano e tutti i generaloni dei tempi dell’odor di polvere da sparo; sarà orecchie per Gelli, parole per Pertini. Saranno anni di tensione, di giorni senza notte, di equilibri instabili e mutanti, di assassinii per amore, per potere, di assalti ai vagoni valori, dell’anonima e dei rifugi, dei NAP e di nazisti in ospedale, di elicotteri incendiati sui ciglioni delle montagne, di giornalisti ammazzati e gambizzati, dei giri di Concutelli e dei rigiri di Feltrinelli, dei quadri falsi, degli attentati lì nel mucchio, a far male, dei mercati dei titoli e dei monsignori per gioco. Decine, alla fine, le vittime tra carabinieri, polizia, politici, civili, militari; altrettante le medaglie, nessuna consolazione. La mattina di un 13 luglio ha un appuntamento con il collega Varisco, capo dei carabinieri del palazzo di Giustizia, ma si ferma a Trastevere per ritirare dei documenti e arriva con dieci minuti di ritardo. Sul lungotevere A. da Brescia la BMW del colonnello Varisco è crivellata come gruviera, sul muretto di un cantiere, e sono pallettoni, e sono ancora br, ed è ancora terrore. Cornacchia si salva, ma stavolta gli tocca un esilio di quasi un anno e mezzo dove nessuno e niente sanno e possono raggiungerlo. Famiglia compresa. Gli propongono Belgrado, Pechino, New York City; in Italia è troppo pericoloso, troppa responsabilità, ma niente da fare, lui fa valere carattere, rabbia, precedenti e resta ancora nel suo posto naturale, la Capitale. Viene destinato al SISMI, servizi segreti. Ora, oltre alla divisa, non ha più neanche il nome: si interessa di Medio Oriente e poi ancora di sequestri: Sigonella, Ustica, la democrazia saccente e volitiva di quegli anni. Nel 1991 è in pensione.