di Gian Paolo Aceto
23 febbraio- 25- Il Silenzio, accovacciato nel buio del Nulla, ancora prima del Cielo e della Terra, ancora prima chela Lucefosse, ancora prima del Tempo e dello Spazio, perciò molte settimane corte prima del Giorno e della Notte, qualche trimestre prima del Firmamento, e molti minuti luce prima della separazione del Bagnato dall’Asciutto, decise che finalmente non avrebbe più parlato. Infatti per questo ancora prima della Creazione era chiamato un Silenzio eloquente.
La parola fu data per ora soltanto ai vermiciattoli, agli scarafaggi, ai pipistrelli, ai cobra, agli asini e ai pidocchi, che subito si misero a farsi propaganda.
I candidati alle elezioni che non rientravano in nessuna di queste categorie si lamentarono che così non potevano fare campagna elettorale, se mai nel corso dei millenni fosse ritenuto necessario per l’ordine delle cose. Il dono della parola era necessario altrimenti non si potevano fare promesse di nessun tipo. Ma non furono ascoltati.
Il guaio era che proprio in quel giorno erano state create le Stelle le quali senza chiedere permesso si erano messe a congratularsi l’un l’altra, e giù come stai quando mi vieni a trovare hai visto quella ma chi si crede di essere solo perché brilla un po’ di più, insomma le solite comari. Ragion per cui di silenzio ormai ce n’era ben poco.
Improvvisamente però scattò l’ora X, la mezzanotte di Venerdì 22 Febbraio 2013, ma mica dappertutto, solo in Italia, noto Paese dove le varie tribù passano il tempo ad aspettare che arrivi il fine settimana con relativo silenzio elettorale.
Gli italiani erano così stanchi che nessuno aveva più voglia di parlare, divieto o no, e nemmeno di ascoltare candidati vari.
E siccome gli unici che avevano potuto fare campagna elettorale erano appunto i vermiciattoli, gli scarafaggi, i pipistrelli, i cobra, gli asini e i pidocchi, essi furono gli unici a essere eletti.
Il Silenzio si tranquillizzò e continuò a regnare sulle Acque. Come al solito, non c’era stato niente di nuovo.
22 febbraio- 24- I cuori si riunirono in assemblea di condominio elettorale.
All’ordine del giorno al primo punto c’era la scelta del nuovo Amministratore. Si cercava una persona che non rubasse, che rubasse poco, che non facesse fare lavori inutili, che non facesse fare nemmeno quelli utili, che non prendesse una tangente dalle varie ditte, che prendesse una tangente piccola ma almeno che i lavori fossero fatti bene, che cambiasse la lampadina del sottoscala, che non la cambiasse così i bambini non andavano in cantina, che mettesse un cartello fuori con su scritto Affittasi agli Eletti, che ne mettesse un altro con scritto No elemosine a extraTrombati, che
trovasse un marito alla Signora Amalia del quinto piano così la smetteva di ululare di notte, che imponesse a quello del terzo di non russare per tutta la notte altrimenti finiamo come a L’Aquila, che i ladri per educazione suonassero prima di entrare, che i cani non la facessero sui pianerottoli e che nel contempo i candidati non intasassero le cassette postali.
Inoltre i cuori chiesero la felicità, tanto per il buon peso.
L’Amministratore candidato ma non ancora eletto non obiettò niente alle richieste e le accolse tutte, ma per la felicità si riservò di decidere per doverosa correttezza istituzionale.
A un giorno dalle elezioni durante il silenzio è d’oro e loro si venne a sapere che il candidato Amministratore non avrebbe sottoscritto la felicità.
I cuori si infransero di colpo e incominciarono a sanguinare, meno quello della Signora Amalia che già sanguinava di suo, e protestarono che tutte le loro richieste potevano anche non essere accolte, ma la felicità NO! anche perché era l’Art. 0,1 della Costituzione.
L’Amministratore non sentì ragioni e fece la sua Scelta.
E dentro la cabeza elettorale si prese in fronte tutti i cuori infranti, che gli fecero non poco male perché erano induriti.
Comunque l’ascensore del condominio continuò a viaggiare in orario.
21 febbraio- 23- A pochi giorni dalle estreme unzioni in cabina elettorale improvvisamente tra i candidati serpeggiò la paura di non farcela. E si sparse la voce che troppa esposizione mediatica non giovava alla vittoria.
Si notò che l’elettorato stava andando in stato di choc per via delle troppe apparizioni nelle grotte televisive, dove si alternavano continuamente novità propagandistiche e vere e proprie primizie quali il Ponte sullo Stretto, la primavera islamica a Otranto riveduta e corretta, l’Italia Giusta pronta per essere giustiziata, il parmigiano con la rucola, il confronto davanti alle telecamere tra il candidato e il suo specchio con vittoria ai punti dello specchio, l’imu da togliere da mettere da infilare all’occhiello della giacca da rivoltare e trasformare in umi, la coppia di fatto lesbica cioè la tav con la compagna no-tav, e infine anche le dimissioni che però erano una novità assoluta per l’Italia, e infatti riguardavano uno stato estero.
Così tutti i candidati pensarono una gran trovata: che per meglio farsi notare era meglio nascondersi, che poi è la vecchia legge della tenzone d’amore. Sparire diventò trendy.
Piano piano, senza tanto farlo sapere in giro, disdirono gli appuntamenti, ai vari giornalisti dissero che erano impegnati altrove, cancellarono le interviste, si assentarono ai confronti. In una parola, sparirono dai telescherni finalmente.
Una bella sera nel più importante studio televisivo del Paese, che doveva ospitare il testa a testa finale con rassegna democratica delle opinioni telegrafiche di tutti i cranii che si erano candidati (sarebbe stato un ossario che avrebbe fatto epoca!) ci si accorse che nessuno degli ospiti era venuto all’appuntamento.
Si spensero le luci, e l’uomo delle pulizie potè entrare a fare il suo solito lavoro con scopa e secchiello in mano.
Ma siccome il governo dei tecnici televisivi aveva dimenticato di staccare il collegamento, e l’uomo delle pulizie per vederci meglio aveva schiacciato un tasto nella cabina di comando, le trasmissioni ripresero d’improvviso dappertutto, e milioni di spettatori videro l’uomo delle pulizie che tutto solo soletto con straccio e bastone lavorava con tanto di ramazza intervistando il pavimento.
L’uomo delle pulizie si accorse di essere in diretta, e per scusarsi disse con un po’ di timida emozione che lui là dentro era soltanto il due di picche.
A vedere un candidato “che lavorava” i telespettatori furono entusiasti e lo votarono in massa, e così il Due di Picche fu l’unico eletto.
Naturalmente come residenza ufficiale, dato che era l’unico che lavorava ma non era scemo e teneva famiglia, scelse subito una monoCamera a Palazzo Venezia. Come prima casa, tanto per cominciare……
20 febbraio- 22– Com’è forse ignoto ai nuovi candidati ma ben noto ai trombati, il Quorum ha le sue ragioni che la ragione non può intendere, frase che non è nuova ma proprio perché forse non lo è allora suona originale visto che oggi tutti spasimano per l’originale, e il già detto che fa? suona armonicamente vecchio forse perché orecchiato in un comizio a quiz o nelle lettere al direttore di qualche ministero magari delle poste del cuore e organi affini.
Ma che ragioni ha il Quorum, tali che Pascal non se le è mai sognate, visto che viveva in una monarchia assoluta e magari parlava d’altro?
Il Quorum invece sembra proprio fatto di corpuscoli che hanno più attinenza al cuore da solo, detto anche solitario e quindi il peggior verme, e cioè la solitudine, piuttosto che alla ragione, che generalmente accetta di illudersi di aver capito e vivere negletta.
Questi corpuscoli del quorum, delizie dei criminologi, possono essere di volta in volta la solitudine, con cui si prepara un attentato, un uxoricidio, una rapina dal macellaio, una concussione tutta legale, una calunnia ben anonima , ecc.ecc.
Il Quorum però vive e prospera soprattutto di campagne elettorali, perchè senza quorum non si va da nessuna parte.
Perciò le lettere dei Quorum Solitari sono le più disperate e difficili dato che chiedono un accoppiamento al più gran numero di elettori possibile.
“Il tuo voto se non me lo darai riempirà la mia vita di vuoto!”
“Scarica il tuo vuoto nel vuoto mio!”
“Svuotami ma di voti votami!”
“RinQuora la mia solitudine!”
“Diventa il mio ex voto e vivrai felice!”
“A scuola come voto prendevo sempre dieci!”
“Non fare voto di castità. Concediti!”
“Quoreggiami in cabina e sarai saziata!”
“Una famiglia con te, due Quorun e una cabina, e poi con tre o quattro piccoli quorum in futuro se il Signore ce li concede”
Alla fine il Quorum magari viene raggiunto, dopodiché gli anelli al naso vengono regolarmente restituiti agli elettori.
I trombati invece si iscrivono al club dei Quorum Solitari, con cene sociali a base di piatti vuoti, o voti.
19 febbraio- 21- Di rigore dati i tempi sarebbe appropriato un completo in rigor mortis.
Altrimenti, non volendo apparire troppo defunti, si fa così:
si fruga negli armadi dove si tengono tutte le vecchie idee che ciascuno ha sempre fatto finta di avere, ben appese agli scheletri, si scartano tutte le arrugginite convinzioni ferree sui vari aspetti del problema di settore compresi gli studi, e se si è in vena ci si veste in prudente finto casual dipende dall’aria che tira, camicia con polsini tipo manette, per cravatta la regimental tutti allineati e Cooperti oppure un elegante nodo scorsoio che i leghisti non si sa perché rifiutano di indossare su sé stessi, va bene che comunque si può crepare di ictus strameritato e continuare a vegetare da padani di nascita, come giacca una livrea da camerieri sfigati di quelli da film che si bevono i fondi dei calici di champagne e lo fanno anche da ex-responsabili, deinde per la cinghia ormai la si tira e si proceda oltre, pantaloni con la riga e abbastanza stretti da far notare il turgido militante sotto, scarpe una per volta anche se è già stato fatto, sciarpetta corta mezza annodata davanti se c’è la stampa, e infine un cane al guinzaglio qualsiasi bastardino va bene basta che abbia la taglia da aspirante sottosegretario e se va male da portaborse di un viceministro qualsiasi.
Prima di entrare nella propria sezione elettorale si incontra una turba di candidati cenciosi al punto giusto in quanto parenti stretti del popolo che li voterà, tutti con la mano tesa e con il berretto in mano, un voto per carità!, una preferenza per l’amor di Dio!, una scelta per me che tengo famiglia!, mi candido per il bene comune! e via postulando.
Presi da fintissima umana pietà ci si accosta all’orecchio di ciascuno di essi con una scusa e si promette il proprio voto, poi si entra, e ci si infila in cabina.
Ed è allora che ci si vendica, se lo si vuole, facendo ciò che il tacere è bello.
febbraio-20- Con tutti quelli che quando scrivono lo fanno per “far pensare” il prossimo attività certamente piena di buone intenzioni e proprio per questo i nazisti non arrivarono quasi mai a tal punto di cattiveria, per salvarsi dalla tentazione di “far pensare positivo” che ancor più del suo opposto è quello più infido l’unica sarebbe non scrivere oppure scrivere quasi come se lo si facesse per sbaglio, ecco non lo faccio apposta so che l’indirizzo non è quello giusto ma forse lo scrivo proprio per questo diciamo che aiuto i malati d’insonnia che se va bene arrivano alla decima riga e raggiungono così un apparenza soave di rigor mortis teleserale.
In teoria per la legge delle opposte estreme e unte pensazioni rimarrebbe all’altro polo oppure all’altro dell’altro il “far pensare negativo” che notoriamente può diventare un mezzo peccato, oppure un reato se in campagna elettorale si invita a non andare a votare.
Purtroppo tutti e due i “far pensare” hanno il solito noioso diritto civile di esprimersi, anche all’interno di una stessa persona, nel qual caso si attua la coppia del pensiero di fatto in un solo individuo, che spesso riesce a convivere con il suo “altro”, ma qualche volta no, e allora si crea quella che potremmo chiamare una separazione di fatto, vale a dire due pensieri in convivenza forzata. Il guaio delle elezioni è che un elettore in cabina ci entra da solo, ma con i suoi due poli in testa attorno a cui si muovono come elettroni i due eventuali “far pensare” altrui.
Detto questo non ci sarebbe nient’altro da dire, e forse appunto non sarebbe nemmeno il caso di dirlo. Perciò, non essendoci niente da dire, allora Pensiamocelo, Immaginiamocelo, Fantastichiamocelo, Prevediamocelo, Speriamocelo e Disperiamocelo, e infine Decidiamocelo.
Una volta in cabina elettorale sul simbolo scelto la legge prevede che si possa tracciare un segno qualsiasi, che sarebbe comunque un segno valido.
Per esempio anche un punto interrogativo, che forse in hoc signo non vincerà, dato che comunque si tratta di problemi terreni.
Però magari “fa pensare”, e male che vada nel dubbio di non sapere se si compie un peccato o un reato, vale tanto come una caramella alla menta.
17 febbario- 19- Le parole come lumini di candela svolazzarono per la stanza con il loro contorno di sillabe, virgole e due punti che da gemelli si tenevano per mano impauriti.
Gli aggettivi, i soliti mondani dell’arte dello scrivere, indirono un concorso per scegliere tra di loro il più alla moda. Vinse il “concreto”, quando mai.
Le congiunzioni fecero una pubblica dichiarazione secondo la quale esse erano disposte a unire soltanto frasi di sesso diverso.
I verbi poi si riservarono di unirsi ai pronomi soltanto dopo un’assemblea sindacale. Infatti, come si poteva accettare sullo stesso piano per esempio “Io lavoro” e “Tu guadagni”? O si aboliva il verbo “lavorare” o il verbo “guadagnare”, ma insieme era indecoroso disse il baffino di sinistra di D’Alema.
Il Sì e il No si presero a botte con le loro zampette da una parte del soffitto, ma quello era sempre stato, e i puntini……si limitarono a scuotere la testa dato che la faccenda da sempre era molto più complessa di un sì o un no come ripeteva un centrino discendente diretto di Moro.
I sostantivi erano belli intruppati da tutte le parti degli schieramenti, per esempiola Sanità era tutta una generosità dato che distribuiva raffreddori e rigor mortis con imperturbabile equitalianità, la Scuola era in vacanza perché non se la filava nessuno, la Partecipazione era stufa, le Case e gli Ospedali si rassomigliavano troppo, il Lavoro vaderetro!, rimaneva la Giustiziache si mostrava qui e là con una maschera sul viso, giusto per nascondere forse una lacrima.
Ma fu sul Concreto che si sparse il sangue, e finalmente!
Il Concreto, che era sempre vestito da carnevale, se ne andò in giro, appunto in campagna carnevale, canticchiando Tutti mi vogliono! Tutti mi cercano!
Tutti i candidati di tutti i partiti gli saltarono addosso per averne un pezzo e dimostrare così all’elettorato che loro erano ben seri.
Finalmente ci fu uno che andò dal tabaccaio e Grattò il Concreto così tanto che non ne rimase più niente per gli altri, e così democraticamente Vinse, dato che la demagogia è l’unica scienza del reale possibile, di quello certo e di quello incerto.
Andò al governo e per doverosa continuità istituzionale sempre dolce gli fu ricamar in questo mare……
Per l’ermo Colle, più caro ancora, è ancora tutta da grattare.
16 febbraio- 18- Qui giace il buon Bersani
che dopo il comizio di giornata
pur solo e cuor contento
per aver parlato ai nani
avea l’usanza di battersi le mani.
Lo accolga Dio
quest’uomo senza io
che per aver sempre servito
perse da pollo, e fu bollito.
ui giace il parco Berlusconi
Che son io.
La mia disgrazia fu
Di perder le elezioni
Perché il mio io parlò
Come i miei lusconi.
Qui giace il Furby Pier Casini
Chiamato l’un per cento
Perché coi suoi comizi
Perse le elezioni
Avendo seminato solo vento.
Qui giace il prode Monti
Che ancora si illudeva,
A dieci giorni prima delle votazioni
Di vincer le elezioni in cui credeva.
Per lui due preci e due orazioni.
Qui giace l’elettore stanco
Di passar tutta la vita al Banco
Dei pegni e degli impegni
Elettorali dentro una cabina
Che alla cassa da morto era vicina.
Qui giace
Chi non si dà pace,
Dato che gli piacque in vita
D’augurar “riposa in pace”
Ai concorrenti e alla loro dipartita.
Qui giaccion tutti quanti.
Chi vuole ancora candidarsi
Entri qui dentro e con i piedi avanti.
15 febbraio-17- Le Percentuali, che al momento stavano con le mani in mano, si telefonarono, si esseemmeessarono, fecero qualche testa a tetta nel programma televisivo TeleIdiota (tra una canzone e l’altra), chiacchierarono animatamente sui ballatoi dei Fratelli di Taglia incorporata, e infine si riunirono a congresso in un’osteria tra Bolzano e Trapani per decidere a chi dovevano promettersi nelle prossime elezioni. Buona regola portare una dote, dato che di soldi ne giravano pochi.
Credevano di essere in cento, dato che ognuna di loro pensava di essere un 1%, ma invece erano molte di più e molte di meno.
Subito prese la parola la percentuale dello 0%, che in quanto zero per cento invocava la democrazia compiuta, e dichiarò che come estrema minoranza le spettava la presidenza dell’assemblea perché lei era il massimo dell’imparzialità., anche perché non aveva beni al sole.
La percentuale del 100%, che però era anche di sesso maschile, la guardò con la sufficienza di chi avendo in mano tutto, cioè il cento per cento, si considerava la mejo e er mejo, e quindi la presidenza toccava a lei-lui.
Frattanto le percentuali del 49% e del 51% si sfidarono a duello a colpi di ferri da calza perché tra loro era una questione di vita o di morte, così vicine e così rivali.
La percentuale del 50% invece taceva sorniona con la solita aria di supponente imparzialità.
Improvvisamente dentro la percentuale dell’1%, detta anche Una per Tutti, si manifestarono dolorini di stomaco e menocause di dubbia provenienza, insomma lotte intestine, e così si capì che all’interno viscerale di essa la uno per cento avrebbe partorito una decina di listerelle, ognuna del suo 0,1%. Fu considerata una svergognata da tutta l’assemblea, composta ovviamente di percentuali per bene di indubbia e comprovata moralità.
Lei si difese dicendo che non sapeva chi l’aveva messa incinta, però guardava con trepidazione il 100% quasi si aspettasse un’ammissione di colpa e relativa riparazione all’altare.
Ma il cento per cento fece finta di non capire e disse che nel suo harem non faceva differenze, tutte erano uguali e ugualmente desiderabili.
Il giorno delle votazioni, man mano che si svotazzava, il 100% durante lo spoglio delle cugine vide però svanire la sua vittoria, tanto che scese tra il 49% e il 50%. Allora si rivolse alla 1% e le promise un posto al governo se si metteva con lui.
La svergognata contrattò un po’ e poi cedette alle brame.
Una volta al governo il 100% abolì le elezioni e governò da solo, senza più l’assillo di cugine varie, che però continuavano ad essere le più amate dagli italiani.
Così ognuna di esse ebbe in dono una sede per installarci la direzione di un partito, e la democrazia fu veramente una democrazia compiuta.
14 febbraio- 16- Votare scheda bianca significa non darla a nessuno, la preferenza.
Fu sulla base di questo concetto chela Sora Cosa del quarto piano, che non l’aveva mai data (“E non è assolutamente vero posso giurarlo!!! che nessuno me l’ha mai voluta, altri punti esclamativi), decise segretamente dentro di sé, annunciandolo soltanto alla Signora Morale la portinaia del condominio, alle sorelle gemelle anche loro fieramente nubili dell’attico ovviamente il più vicino al Cielo, rispettivamente Signora Virtù e Signora Civica, oltre al Sor StranoIndividuo del suo stesso pianerottolo, di (prego riagganciarsi al “decise segretamente” di quattro righe fa’) votare scheda bianca alle prossime elezioni.
Venne il giorno delle elezioni ela Sora Cosa entrò in cabina per far vedere a tutti che forse la sua preferenza l’avrebbe data, anzi concessa.
E fu lì che la sventurata credette che forse chissà Cosa sarebbe stata costretta a dare.
Una volta entrata e subito chiusa a chiave la porta della cabina (con tutti questi malintenzionati stupratori in giro non si sa mai!), si girò e si vide intorno ben attaccati, dato lo spazio stretto come in ascensore) Berlusconi, Monti, Bersani, Casini, Grillo, Maroni e la vicepresidente del movimento lesbico internazionale, che però parlava soltanto inglese. Tutti con sguardi lubrichi e vogliosi, così credette di immaginarseli lei.
Inoltre in un angolo della cabina elettorale c’era anche Montezemolo che però dichiarava che era assente ma ben presente però non c’era ma ci sarebbe stato. Nessuno ci crederà ma c’era pure Vendola, cosa non si fa per un voto.
La Sora Cosa li guardò tutti interrogativamente in un lampo, le sembrarono tutti dei predoni incalliti, e la Cosa le palpitò di inconfessabile speranza. Così credette di capire che tutti volevano che lei la desse, la sua preferenza.
Ma nessuno si faceva veramente avanti, soltanto la vicepresidente del movimento lesbico internazionale la guardava con occhi dolci, così la Sora pensò ohmaigad.
I maschi però sparirono presto di scena perché dovevano battere altre cabine elettorali, e la Sora Cosa ancora una volta a malincuore dovette votare la scheda sua, bianca e intatta come sempre.
Tornata in quello sterile condominio dove nessuno la dominava, la Sora Cosa tenne segretamente la sua scelta soltanto per sé, come sempre era successo, e si limitò a dire sottovoce al Sor Strano Individuo del suo pianerottolo, en passant, che lei faceva il miglior caffè del condominio, e se lui voleva portare un po’ di zucchero di cui era temporaneamente sprovvista…..
13 febbraio- 15- D’Alema addentò Bersani alla dantesca cuticagna accusandolo di essere partito male.
Voleva arrivare a masticarsi un po’ di quel cervello ma il legno del cranio era così duro che alla fine rinunciò.
Senza scontro sanguinoso come ai bei tempi non si teneva il campo, le truppe potevano fraintendere e andare qui e là, fuori dal recinto e con zoccoli duri finalmente scalpitanti da qualche altra parte.
E senza sangue a scorrere lungo il fossato, e perciò a dividere due schieramenti ben precisi, non è che non c’era più gusto ma non c’era più carta d’identità immutabile nei tempi.
Ma insomma! Uno schifoso elettore qualsiasi in quattro e quattr’otto cambia residenza domicilio topaia sezione, senza chiedere permesso, e chi s’è visto s’è visto? Non s’era mai visto!
Partire dichiarandosi vincenti in anticipo addormentava la soldatesca, che invece doveva sempre essere pronta a bersi il sangue dell’avversario, come ai bei sovietici tempi di una volta. Se nessuno avesse più avuto il suo ruolo in combattimento, non ci sarebbe più stato combattimento, i militanti non avrebbero più militato perché i nemici erano già stati vinti in anticipo, anzi non c’erano più nemmeno nemici, soltanto competitors, che fa fino perché è americano ma è roba da poco se paragonato al sangue come era più giusto e conveniente. E soprattutto era roba da sciogliete le righe, non sia mai!
Bersani, che aveva le briglie collegate telefonicamente a D’Alema, attraverso il filo diretto delle briglie ascoltò, capì, ed espose tutte le sue complesse personali ragioni dicendo: “Sì, capo”.
Finita la conversazione telefonica col cranio di Bersani, D’Alema si riaggiustò le babbucce e la fine vestaglia che Berlinguer gli aveva lasciato in eredità insieme alla questione morale, e chiese al suo ospite se voleva un caffè. Berlusconi non bevve il caffè, non si sa mai, ma prima di accomiatarsi fecero un accordo per cui la guerra tra nemici intimi doveva continuare fino al 25 Febbraio. Poi, Berlusconi se avesse vinto non avrebbe restituito l’imu, e D’Alema se avesse vinto l’avrebbe raddoppiata.
Bersani, che capiva sempre tutto in posticipo, anche questa volta credette di aver capito, nel senso che gli era stato detto secondo lui di capire il contrario di quello che non aveva capito di dover capire.
Perciò il 26 Febbraio gli capitò di aver vinto le elezioni senza aver capito come.
E così come il saggio, che sa di non sapere, il suo cranio si pavoneggiò perché poteva dire di capire di non aver capito.
12 febbraio- 14- Una volta fu chiesto a un partito politico, che se ne stava bello e tranquillo al sole che entrava dalle vetrate del Parlamento, se era preferibile dubitare che l’anima fosse immortale oppure era meglio dubitare che l’anima fosse mortale.
Quello volendo dare una risposta precisa e inequivocabile si riservò di rispondere in campagna elettorale, nel corso della quale presentando come al solito un programma preciso e inequivocabile avrebbe dato anche per questo problema una risposta definitiva precisa e inequivocabile.
Poi fece un saluto impacciato equivoco e impreciso e scomparve per qualche tempo.
Finalmente arrivò la campagna elettorale e fu chiesto di nuovo al partito se poteva dare quella rispostina precisa e inequivocabile.
Il partito politico diramò con il solito stile preciso e inequivocabile il seguente comunicato:
“Sul tema del dubbio se l’anima sia immortale oppure del dubbio se sia mortale, il sondaggio che abbiamo fatto ha fornito i seguenti risultati:
Dubbio sull’immortalità: 0% – Dubbio sulla mortalità: 0%
Non avendo il dubbio raggiunto la maggioranza dell’assoluto e nemmeno quella del relativo, il dubbio viene espulso dal partito.”
I fautori dell’anima lasciarono quei pochi incarichi che avevano e decisero di presentarsi da soli alle elezioni. Ma siccome era meglio presentarsi divisi per colpire uniti, fecero due liste, la prima che dubitava della propria immortalità e la seconda che dubitava della propria mortalità.
Ottennero il 100% dei suffragi.
Tutte le altre liste, che invece non avevano mai dubitato di sé stesse nemmeno un po’, raccolsero percentuali tra lo zero, la virgola, il per e il % di qualcosa. Così si ribellarono a questo conteggio e fecero ricorso alla commissione elettorale.
Non fu eletto più nessuno.
Allora il Dubbio mollò una buona volta il Cogito, si armò di Ergo e si autoelesse Sum.
Preciso e inequivocabile. Come un colpo di Stato.
11 febbraio-13- BerQualcosa, grande esperto di massaggi ai sondaggi, sempre con quel sorriso da Io-no-stiupid!, superastutinamente sillabò dal palco che avrebbe “smacchiato il giaguaro”.
A una battuta di tale portata riformista in sala tutti decisero di ridere, non si sa mai.
BerQualcosa infatti voleva dire col solito raffinato linguaggio da Circolo del Twitt che avrebbe “scoperchiato tutte le pentole” di BerQualcosaltro. Ecco perché, abituato com’era a fare il negro altrui, usava questo linguaggio criptico da italiani-europei.
BerQualcosaltro, sprovvisto al momento di Lusconi bravi suggeritori di battute paraintelligenti, non seppe rispondere altro che: BerQualcosa avrebbe trovato un leone. Ma pensa un po’!
Avrebbe per esempio potuto rispondere a sua volta che per smacchiare la pelle a BerQualcosa bisognava che si togliesse i pantaloni e allora ne sarebbe uscito con tanto di baffini l’Italiota-Europeo, e con tanto di Pasco in testa di.
Ma BerQualcosaltro, stanco cavalier servente ormai prossimo al mezzo servizio, non fu capace di niente di meglio della risposta che dette, anche perché ormai aveva esaurito il suo solito peggio, nel quale tra l’altro dava il meglio del suo Sé.
BerQualcosa, che ormai si faceva vedere in giro con il Sole 24 Ore dell’avvenire sotto il braccio, telefonò all’Italiota-Europeo:
“Sono stato bravo?”
Dall’altra parte del filo gli arrivarono venticinque concetti di silenzio assoluto, e poi un fischio.
BerQualcosa, che come al solito aveva capito tutto, tacque e acconsentì, abbaiò come un vice riformista deve fare.
L’importante era la ciotola piena.
10 febbraio-12- La Mojeder Compagno de campagna scodellò in tavola tutta ‘ngrugnita.
Quando vide la sbobba che era quella solita fin dal 1921, il marito le borbottò che era stufo de magnà antipopulismo con contorno di broccoli democratici e pluralistici.
“Na robba più de gusto, ninzò, ‘n’bisteccone ar sangue, comme se faceva a Reggio Emilia ‘na vorta!”.
Questo era il clima, nelle ormai lontanissime elezioni politiche del 2013.
Tornando al presente, cioè nel 2013, il baldo candidatino si svegliò nella sua casetta costruita con così tanto sacrificio di lavoro alle presse, e canticchiò il suo primo cinguettio della giornata:
“Oggi quiiiii! Domani làààààà!….”.
Dopodiché andò in bagno e per non perdere tempo twittò di conseguenza:
“Stasera risponderò a domande differenziate dei cittadini da PD Castelviscardo, dove la raccolta è già iniziata grazie al Partito che raccoglie”.
Poi pensò che il cinguettio aveva un risvolto troppo ecologico e aggiunse una nota tutta originale di suo:
“Importante non perdere il contatto con la gente per evitare populismi”.
Il messaggino, così elegante, venne scritto a mano ed esposto nella bacheca, così che tutti , compagni e moiji, potessero legge e magari scrive.
Er Compagno lesse e je venne n’dubbio.
“Gente? Ma che gente sarà? ‘na vorta non eravamo “classe”?!”
Venuta la sera, arrivò il compagno candidatino e parlò con gli “agricoltori locali”, cioè quindi allora dunque perciò “la gente”, si sistemò la cravatta dal colore giusto e senza tanti distinguo da intellettuali frazionisti con due parole andò al nocciolo (duro):
“La VIAGIUSTA è fondamentale”.
Tutti avevano già capito da mò la solita sbobba, ma un ercompagno dal fondo della sala si alzò rispettosamente e chiese:
“Sì, ma qual è?”
Fu subito espulso dalla commissione di controllo culinaria, perché si temeva che volesse una bistecca al sangue, come gli era stato sempre promesso.
Il compagno candidatino non capì che il suo comizio non era stato una Via, ma una Trappola, quindi twittò come un uccellino per tutta la campagna elettorale, non fu eletto e perse lo stipendio.
La via giusta era stata una via crucis, e tutto per un problemino di marketing!
9 febbraio-12- L’elettore ignoto, dopo aver sentito dal telegiornale che l’on. Bersani non voleva che nessuno gli toccasse il polo, per allontanare il disgusto si guardò il solito film sadomasoporno e poi se ne andò tranquillo a dormire nel suo letto da single. Da single era sicuro che nessuno gli avrebbe mai toccato niente.
La notte, che non era buia e tempestosa, ma nemmeno dolce e chiara e senza vento, lo avvolse col suo benevolo sudario di silenzio e previsioni.
Tutto poteva accadere. E infatti.
Il primo sintomo fu un sondaggino impertinente che lo pizzicò al tendine, una roba da niente.
Subito dopo toccò alla rotula sinistra, lui si grattò e gli parve di grattare il cranio dell’onorevole Bersani. Ma non ebbe il tempo di inorridire perché gli sembrò che una mano gelida gli sfiorasse l’avambraccio fuori dalle coperte, quasi per afferrarlo e portarlo a mettere un segno su una scheda elettorale.
Non aprì gli occhi ma sentì col sesto senso del votante inerme che nell’aria il buio del cielo in una stanza si riempiva di piccole mostruose mezze figure con l’aspetto di mezze cartucce che gli sibilavano nelle orecchie a sventola i loro minacciosi avvertimenti. E con le loro unghiette sporche ognuna di esse cercava di tirarlo dalla sua parte.
“Votami, e non dormirai più sotto il ponte dei sospiri!”
“Sceglimi, e ti darò milioni e milioni di buoni pasto!”
“Abbracciami, e ti darò tutte le camusse e binde che bramerai!”
“Desiderami, e avrai assicurato morte natural durante il tuo posto letto alla Caritas!”
Successe il quasi inverosimile con accompagnamento di verosimile quasi falso.
I diavoli agitarono le loro ali e gli angeli le loro code.
L’elettore ignoto non sapeva più a quale polo dare ascolto. Così, amleticamente, prese in mano il cranio di Bersani, detto anche polo ruspante perché credeva di vincere, e che tra l’altro pesava pochissimo perché era vuoto come da vivo, e infine decise che non avrebbe toccato nessun polo.
E siccome questo articolo deve prima o poi finire, si rivolse (l’articolo) al single impallidito e gli gridò:
“Svegliati una buona volta! Se non sai chi votare, votati addosso!”.
Il single, più pallido che mai, si convinse e votò scheda pallida.
8 febbraio-11-
IN PIEDI, nella sua villetta di solo trentacinque miseri saloni,
APPOGGIATO con mano e mignolo danzante alla misera poltrona Luigi XVI
VESTITO con quel misero completo da una manciata di decine di migliaia di euro
RITTO su quel misero ordinario pavimento in rarissimo parquet dell’Ottocento
AVVOLTO dagli usual miseri affreschi con putti trofei e ninfe usate
IMMOBILE, il misero sguardo perso verso il misero campo di battaglia littoriale
SEVERO contro il Vizio e un po’meno contro la misera Virtù, se bene in carne
PRONTO al sorpasso elettorale aih lui miseramente di miserie intriso
e infin
STRATEGA in cerca degli ultimi miseri milioni di elettori
IL CANDIDATO
Chi!? Ma sì, insomma, quello lì, il solito, quello col due di picche nel polsino, quello dell’ultimo scatto, quello che vince con un fischio, un bel giorno della campagna elettorale chiamò a raccolta tutti i mendicanti della città nel parco della sua villa e indicandola con un gesto maestoso del braccio disse a tutti loro:
“Lo vedete? Un villone così può essere vostro! Basta un voto, il tuo, per averlo!”
Ognuno dei morti di fame subito pensò tra sé e sé, dentro di sé e solo per sé solo, che stavolta aveva svoltato! Con una villa così ci avrebbe fatto un sacco di soldi, perciò il 25 Febbraio votò come un morto di fame giustamente deve votare.
Il giorno dopo le elezioni gli arrivò un contratto di multiproprietà firmato personalmente dal candidato in persona, il Cav. Villoni, che nelle tasche degli italiani non ci metteva le mani, ma ci infilava LA PROPRIETA’.
Il morto di fame così come tutti gli altri corse al Villone Promesso, con annesso vastissimo parco fatto appunto di Terra Promessa, e trovò un sacco di gente, esattamente tutti quelli che avevano votato come il Villon rifatto aveva chiesto.
La multiproprietà dava diritto a mezzo metro quadro di parco ciascuno. In piedi si stava un po’ stretti, ma le mani erano libere per applaudire, vuoi mettere.
Il villone naturalmente era la sede dell’Amministratore del condominio, il Cav. Villoni, e perciò nessuno ci poteva entrare, ma era un’inezia.
Invece i votanti diventati finalmente proprietari furono lo stesso felici e contenti della terra, promessa e finalmente conquistata.
Ragion per cui è proprio vero che la proprietà è il sale della vita.
7 febbraio-10- Il candidato usato così come nelle precedenti quindici campagne elettorali continuò a mandare in giro la sua faccia usata, così come si manda in giro una marca di detersivo.
Il primo anno disse che lui era l’unico detersivo possibile. Il secondo anno disse che lui lavava più bianco di tutti. Poi che da giovane aveva fatto il militare a Cuneo. Poi che aveva più esperienza di chi ne aveva di meno. Poi che lui era il più giovane tra i candidati anziani. Poi che era il più anziano tra i candidati giovani. Poi che lui l’aveva già detto tanto tempo fa.
Infine disse che lui era.
L’ultima dichiarazione, ripresa da tutti i mezzi di informazione meno quelli che non l’avevano ripresa, suscitò la meraviglia e lo stupore degli astanti dei benestanti e dei sottostanti dato che lui parlava al popolo da un palco che però era più basso del Duomo.
Il candidato usato fece notare quest’ultima prova d’umiltà e di fede, e subito dopo chiese la fede altrui. Questo fu il suo comizio:
“Sono l’unico candidato obbligato a candidarmi dalla volontà popolare e lo faccio con grande sacrificio perché non sono insensibile al grido di dolore che tante parti d’Italia si leva verso di me.”.
La frase, che ricordava vagamente qualcosa successo nel Risorgimento, riscosse un grande successo perché era finalmente l’usato sicuro di cui tutti speravano la vittoria.
Il candidato usato allora osò e usò di più, e proclamò in chiusura:
“Sono l’unico candidato veramente usato da sempre e da tutti. E anche mia moglie è candidata sotto lo stesso simbolo”.
Però successe che la lista elettorale dei cervi e dei tori fece ricorso per appropriazione indebita di simbolo, ma perse la causa perché il simbolo dei coniugi usati risaliva ad Adamo ed Eva, e da allora tutti i candidati l’avevano legittimamente ereditato, altrimenti che usati erano?
Il candidato usato fu eletto, e subito la moglie disse che lei doveva andare dal parrucchiere.
6 febbraio-9- Il concetto di Male Assoluto è certamente il più grande statista illogico del secolo scorso.
Ma come fa un concetto a essere anche statista e illogico? Basta essere progressisti e lo si spiega.
Intanto è bene tenere presente che anche il concetto di Bene Assoluto ha la stessa valenza del suo gemello.
E dato che il mondo è in progresso elettorale continuo, e il Male assoluto non si creda chi sa chi, ecco che sorge il Bene Assoluto a pareggiare i conti, sempre in nome del progresso continuo.
Il progresso progredisce nel bene e anche nel male, e ogni male si crede meglio del precede