Caro amico, questa settimana ti scrivo …
Pier Luigi Leoni
Caro amico, così ti rispondo …
Franco Raimondo Barbabella
Il Papa e i martiri di Otranto
Perché dare l’annuncio, ex abrupto, proprio in un concistoro di cardinali per decidere la glorificazione dei martiri di Otranto massacrati dalla furia dei turchi musulmani? Non crediamo che vi sia qui un qualche richiamo alla violenza di un certo islamismo, attuale come era nel XV secolo della strage in Puglia. [Vittorio Messori su Il Corriere della Sera del 12 febbraio 2013].
P. L’autorevole opinione di Vittorio Messori non mi convince. La Chiesa cattolica piange quasi ogni giorno, in Africa e in Asia, vittime innocenti del fanatismo islamico. Si sta moltiplicando il fenomeno stragista che insanguinò Timor Est alcuni anni fa. La Chiesa non può predicare l’odio e fomentare guerre, i cattolici perseguitati non hanno nemmeno la forza di reagire per legittima difesa, l’ONU (dove abbondano acattolici, anticattolici, massoni e autocrati criminali) non si cura del problema. Polemizzare apertamente coi musulmani è estremamente pericoloso perché eccita l’estremismo islamico. Non ci vedo niente di strano che Benedetto XVI, nel riconoscere la debolezza della propria senilità di fronte ai problemi della Chiesa, abbia scelto il giorno della glorificazione dei martiri di Otranto. Tu che ne dici?
F. Io penso che il capo della Chiesa cattolica faccia bene a canonizzare i propri martiri, indipendentemente dal momento storico contingente, cioè come monito perenne contro il fanatismo. Anzi, anche in ambiti diversi da quello della religione ritengo opportuno e doveroso che si celebrino gli esempi luminosi (rari) di coerenza e di coraggio nella difesa dei valori fondanti di ciò in cui si crede, siano i caratteri di una civiltà, un credo laico particolare o la stessa dimensione umana universale. Sinceramente non penso che un papa come Ratzinger, che è anche un teologo di grande valore, non abbia chiaro il senso di marcia della storia e si preoccupi solo di lanciare messaggi di paura seppure in qualche modo fondata e tano meno voglia incitare, senza dirlo, alla vigilanza “armata” contro un incombente pericolo musulmano. Non credo nemmeno che si tratti di un incitamento a resistere comunque e dovunque alle violenze degli anticattolici a rischio certo della propria vita, così da collocarsi oggettivamente nella condizione del martirio. Io in questo atto ci vedo piuttosto una coerenza perfetta con le sue dimissioni, che lo collocano come uomo tra gli uomini, un uomo che porta la croce sulle spalle ma con la consapevolezza che il suo peso si può reggere finché le forze lo consentono. Non oltre, perché in tal caso si collocherebbe in una dimensione di unicità che lo renderebbe irraggiungibile, lontano irrimediabilmente dalla dimensione e dalla natura di uomo, che invece è e resta il termine di paragone, perché anche Dio per salvarlo si è fatto tale. Uomo tra gli uomini, ma con la missione speciale di indicare ad un’umanità disperata un approdo di salvezza attraverso la convivenza dei diversi e in nome di un comune destino.
Revoca dell’assessore Brugiotti: la quiete dopo la tempesta.
È trascorsa appena una settimana dalla conferenza stampa in cui Brugiotti ha svuotato il suo sacco e già non è più all’ordine del giorno la serie interessante di denunce con cui l’ex assessore si è dissociato dall’Amministrazione Còncina.
Siamo ormai al quarto anno di questa sofferta esperienza di governo della destra e dei responsabili di sinistra che la sostengono e si corre il rischio di contribuire a questa stagnate atmosfera se non si ritorna ciclicamente sui temi decisivi per Orvieto e quindi per l’Orvietano, indissolubilmente legato alla prosperità della città capoluogo. [Dante Freddi su Orvietosì del 15 febbraio 2013].
P. La notizia della rinuncia del Papa e delle sue conseguenze sta già passando in secondo piano rispetto alle esasperanti polemiche di una campagna elettorale non solo noiosa, ma inutile. Figuriamoci la notizia della revoca del pur simpatico, intelligente e vulcanico assessore Brugiotti. Gli avversari di Concina, che non sono tutti di sinistra, così come non tutti quelli di sinistra sono avversari di Concina, forse s’aspettavano qualcosa di più. Quale componente della maggioranza consiliare che sostiene il sindaco, non posso entrare nel merito delle amare considerazione del Direttore. Ma a te nessuno lo vieta. Altrimenti a che serve essere in due a impegnarci in questa rubrica?
F. Attento, mi assegni d’ufficio un compito che mi pare troppo gravoso, perché è di opposizione alla maggioranza e insieme di opposizione (peraltro misteriosa) dentro la stessa maggioranza, quando in entrambi i casi c’è gente che sicuramente sarebbe in grado di fare questo tipo di mestiere molto meglio di me.
Io dico che il Direttore ha semplicemente ragione. Avrei da aggiungere delle considerazioni, ma non è questo il luogo. La questione comunque da porsi è perché i due tipi di opposizione non emergono con la chiarezza e la forza necessarie e non si pongono in modo esplicito il compito di uscire finalmente da questa condizione di avvitamento verso il declino. Perché le cose stanno così mi pare sia reso ben chiaro, prima che dalle dimissioni dell’Assessore Brugiotti e dalle cose che ha detto, dalle vicende che hanno portato alla svolta delle ultime elezioni e poi dal superamento dell’anatra zoppa non nel modo chiaro e responsabile che dicevamo noi, ma nel modo arzigogolato, arrovellato, sbriciolato, che sappiamo. E che cosa ci si doveva aspettare dopo, che tutto sarebbe andato magicamente a posto? Ma che strana questa nostra città, che vuole tutto e niente, che preferisce le pulsioni al raziocinio, e a cui in fondo non dispiace la condizione di “nave sanza nocchiere in gran tempesta …”, perché così ognuno può dire quello che gli pare senza sentirsi responsabile delle conseguenze e soprattutto può fare quello che gli pare proclamandosi sempre e comunque innocente. Il nostro Direttore, quando è preso dallo sconforto, si appella a san Pietro Parenzo. Ma anche lui sa che vale il detto “aiutati che Dio ti aiuta”. Perciò, mentre sono convinto che non solo san Pietro Parenzo ma anche il buon Dio in persona sarebbe disposto ad aiutarci, nutro qualche dubbio, sulla base di incontrovertibili esperienze, che gli orvietani vogliano o siano in condizione di volere aiutare se stessi. Naturalmente sempre pronto a prendere atto che mi sbaglio.
L’etica dei politici e quella dei professori universitari.
Quanto durerà la prossima legislatura? I pessimisti dicono sei mesi. Io invece sposo l’ottimismo: durerà un anno, forse perfino un anno e mezzo […] Tutti contro tutti, una torre di Babele. E dunque Parlamento ingovernabile, governo incommestibile. Magari non subito, perché un minuto dopo le lezioni ci sarà da sparecchiare una tavola imbandita: la presidenza della Repubblica; quella delle assemblee legislative; e poi la presidenza del Consiglio, col suo contorno di ministri, viceministri, sottosegretari. Quanto basta per saziare le voraci bocche dei politici. Il mal di pancia però guasterà la digestione. Tradotto: i sodalizi tra partiti ostili durano poco, come i matrimoni d’interesse […] Da qui una doppia lezione. Primo: il bipolarismo è morto, pace all’anima sua […] Troppi galli nel pollaio […] È il rantolo della seconda Repubblica, che ci ha donato in sorte 15 anni di stagnazione, cinque di recessione […] Secondo: il sistema politico è sempre più forte della legge elettorale. Se l’elettorato si fraziona, si disarticola come una marionetta, non serve a nulla applicargli l’elmetto del maggioritario sulla testa. Gli procuriamo soltanto un mal di capo. E infatti il Porcellum, che dovrebbe stabilizzare il sistema, ora lo rende precario e ingovernabile. Sarebbe stato meglio, molto meglio sostituirgli un proporzionale puro, ma con una soglia di sbarramento non impura (5 per cento). Non l’hanno fatto perché si credono i più furbi del Reame. [Michele Ainis sull’Espresso del 21 febbraio 2013].
P. A me i professori di diritto pubblico come Ainis fanno venire l’orticaria. Questo simpatico costituzionalista siciliano è l’autore di un pamphlet intitolato “L’assedio. La Costituzione e i suoi nemici”, dove se la prende col sistema politico che scarica sulla Costituzione tutta la sua impotenza a inaugurare una stagione di riforme. I politici sono un bersaglio facile, non per niente si cita volentieri Woody Allen: “I politici hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale”. Ebbene, ho frequentato l’università (proprio la facoltà dove più si studia il diritto costituzionale) e ho frequentato i politici. Non mi risulta che l’etica dei professori universitari sia superiore a quella dei politici, altrimenti riconoscerebbero che una costituzione varata 65 anni fa, quando eravamo appena usciti da una guerra perduta, avevamo liquidato la dinastia che aveva unito la Patria e non avevamo esperienza di un sistema democratico veramente moderno, dovrebbe essere revisionata da un’assemblea costituente eletta direttamente dal popolo. Tu come la vedi?
F. Sì, certo, figurati, io sono convinto che siamo di fronte alla necessità di ricostruire dalle fondamenta un paese oggi sfasciato, vuoi allora che non ritenga indispensabile l’elezione di un’assemblea costituente con il compito di riscrivere le regole del gioco? Basti pensare all’assetto istituzionale, la cui revisione a tozzi e bocconi è semplicemente un insulto all’intelligenza. Non mi dilungo, avendone parlato ormai tante volte. Mi limito a ricordare che una revisione rispondente alle necessità già verificate deve seguire una linea, cioè deve corrispondere ad una visione. E questa deve essere condivisa da una solida maggioranza, che deve agire con mandato popolare su un progetto di riforma. Dov’è tutto questo, anche semplicemente in embrione? Con tutta sincerità, i dubbi di Ainis sulla possibilità che dopo le elezioni del 24 e 25 febbraio prossimi si abbandoni la politica dei furbi sono anche i miei.