di Dante Freddi
Caro Guido,
rispondo al tuo corsivo “Lettera a Dante Freddi” focalizzando l’aspetto della opportunità o meno di pubblicare il tuo scritto sul mio giornale. Per quanto riguarda il Centro Studi, ognuno esprime la propria opinione, che credo onesta. Io certo non ho da difendere una parte politica, non essendo militante, al di là ovviamente dalle legittime valutazioni, ma l’argomento è vitale per la città e lo riprenderemo.
Come sai non sono abituato a correre dietro a chi non è d’accordo con me o il mio giornale, perché mi sembra azione vile, dato che sono il più forte e posso chiudere la questione quando ritengo opportuno e giusto per l’informazione dei miei lettori. E magari anche per me. Questa volta mi hai tirato per la giacchetta e in più ci si è messo anche Massimo Gnagnarini, che ieri sera ha indirizzato una lettera a noi direttori dei quotidiani on line invitandoci ad una riflessione proprio su questo argomento.
La lettera di Gnagnarini non è privata e la pubblico a piè di pagina.
Entriamo nel merito del tuo corsivo sul Centro Studi e della mia decisione di non pubblicarlo.
– Non conosco la sensibilità del dott. Scattoni e farlo passare per un ricercatore sul web delle citazioni latine, da esibire poi nelle conferenze stampa, avrebbe potuto offenderlo, per “leggereza dello spessore culturale”. E così anche per il “professore di Urbanistica o di Storia Medioevale” che non sarebbe in grado di giudicare la condizione contabile del Centro Studi. Le sensibilità di ciascuno, caro Guido, se non coincidono con quella del giudice sono cavoli, come ben sai. Ci sono molte persone che hanno un senso di sé elevatissimo e si offendono facilmente, per cui preferisco spendere soldi per cause più nobili, quando possibile.
-In quanto all’avvocato che potrebbe sentirsi ingiuriato per non aver saputo vedere il termine lesivo, ho già avuto due querele per articoli di avvocati, seppure senza conseguenze, per cui scuserai i miei dubbi. D’altra parte, se gli avvocati non sbagliassero mai, non ci sarebbero perdenti, mentre normalmente in un contenzioso almeno una parte esce insoddisfatta, se non tutte e due.
-Come hai fatto notare, segnalando anche che già avresti potuto querelarmi per aver osato accostarti di striscio alla “sora Maria”, la possibilità di querela è altissima e la tua “griglia” dovresti provare ad applicarla anche a quello che scrivi, non soltanto a quello che leggi, rendendo così più agevole il mio lavoro.
-I direttori “coraggiosi” che hanno hanno pubblicato il tuo corsivo hanno avuto evidentemente meno incidenti di percorso di me e ne sono lieto.
-Considero la giustizia una cosa seria e ritengo che la parola e non la carta bollata sia la forma primaria per derimere le incomprensioni e riparare gli errori riparabili.
Altre modalità nei rapporti interpersonali non le condivido, le ritengo dannose e capaci soltanto di produrre divisione, astio, decadenza civile.
Segue la lettera di Massimo Gnagnarini, che si riferisce alla causa intentata da Guido Turreni nei suoi confronti e conclusasi con l’archiviazione presso il tribunale di Terni, addirittura “dovendosi ravvisare nel caso di specie l’ipotesi della provocazione” da parte di Turreni.(Così è scritto nella sentenza allegata da Gnagnarini n.d.r.). Le considerazioni che ho espresso sopra valgono anche per Gnagnarini e mi auguro che voglia chiudere la vicenda senza ulteriori strascichi.
Egr.gi
Direttori e Direttora dei giornali online orvietani.
Vi allego il fascicolo giudiziario Turreni (querelante) contro Gnagnarini (querelato) scaturito dalla denuncia in data 29/11/2011 per diffamazione a mezzo stampa e conclusosi con l’archiviazione in data 22/1/2013 da parte del GIP su richiesta del PM del Tribunale di Terni.
La vicenda riguardava un articolo di Gnagnarini nel quale l’autore con toni sferzanti si riferiva ad un precedente articolo di Turreni.
Dall’epilogo giudiziario se ne possono ricavare utili suggerimenti di comportamento per chi scrive o per chi gestisce i “nostri” diffusi e seguitissimi giornali cittadini e comunque sarei grato di una vostra giornalistica riflessione in quanto soggetti coinvolti, vostro malgrado.
La motivazione del Tribunale a favore di Gnagnarini recita testualmente:
“RILEVATO che la memoria difensiva appare fondata dovendosi ravvisare nel caso di specie l’ipotesi della provocazione, posto che l’indagato (Gnagnarini n.d.r.) appena qualche ora prima aveva ricevuto uno scritto diffamatorio nei suoi confronti avente certamente una valenza provocatoria. In particolare la persona offesa Turreni Guido mediante pubblicazione su giornale online, riferendosi inequivocabilmente all’indagato, aveva detto che il medesimo era sostanzialmente un “ciarlatano”, un “tuttologo” ed altre frasi aventi un contenuto chiaramente ingiurioso e diffamatorio.”
Dunque la prima regola di comportamento, evidentemente sfuggita al legale di Turreni, è che non si può chiedere la punizione di qualcuno che sia stato stato oggetto di pari o maggiori dirette provocazioni.
La seconda regola riguarda il bonton o lo stile che dir si voglia .
Non si può essere corsivisti seriali dei giornali online senza la capacità di sopportare la reciprocità o la casualità di giudizi, anche sferzanti, su ciò che diciamo o su come gli altri ci vedono.
Ricorrere alla querela è un atto ultimo preceduto dalla richiesta di scuse e chiarimenti, e il ricorso alla magistratura, qualora inevitabile, dovrebbe sempre essere annunciato e reso noto immediatamente e non, come nel caso in specie, sottaciuto per poter continuare a interloquire e interagire in una sfera opinionistica che si presuppone basata sulla reciproca fiducia e onestà intellettuale.
Ma se la prima regola comportamentale deriva dalle norme del codice penale, il rispetto della seconda attiene al profilo morale e al carattere delle persone ed è proprio ciò che le distingue.
Massimo Gnagnarini