Il cielo è grigio ma a Seattle non è una novità essendo una delle città più piovose del Nord America (è anche conosciuta come “rain city”), il traffico bestiale, soprattutto nelle ore di punta (è stata spesso considerata la città col traffico peggiore nelle classifiche annuali statunitensi); il meeting invece, con più di 3000 partecipanti, fila liscio come l’olio, a poca distanza dalla sagoma inconfondibile dello Space Needle, l’elegante struttura verticale costruita per l’Expò del 1962. Le giornate di incontro sono organizzate alla perfezione dall’Archaeological Instituteof America, che ogni anno cambia collocazione e si avvale della pianificazione coordinata dalla rete dei gruppi locali, sparsi su tutto il territorio nazionale e nel resto dell’America del Nord. Quest’anno le numerosissime sessioni di studio e conferenze si sono concentrate nel mastodontico Washington State Convention Center(WSCC), in un programma serrato che ha spaziato da tematiche legate alla storia dell’arte antica alle metodologie della ricerca archeologica, dalla conservazione dei beni culturali allo scottante problema delle figure professionali connesse al patrimonio mondiale (qui il .pdf del programma: http://aia.archaeological.org/pdfs/AIA_Program_2013_Web.pdf). Una delle sessioni mattutine (si inizia alle 8:30, esatte!) ha riguardato anche Orvieto ed il territorio limitrofo, per la precisione quello di Castel Viscardo. Sabato 5 gennaio, in rapida successione, si è parlato dello scavo archeologico della grotta in via Ripa Medici e quindi delle sette campagne condotte nell’insediamento etrusco-romano in loc. Coriglia. Il primo riguarda una delle moltissime grotte che si trovano nel sottosuolo della città, scavata scientificamente con la concessione ministeriale affidata alla Fondazione per il Museo C. Faina e tramite la collaborazione, oltre che del proprietario, con Speleotecnica e con gli atenei del S. Anselm College del New Hampshire e del programma di studi all’estero Arizona in Italy(quest’ultimo organismo si colloca ed opera presso la struttura del Centro Studi, ente di così scottante attualità per Orvieto e non solo). Le due relazioni hanno ricevuto un’interessata attenzione e lo scavo in grotta è stato oggetto di una serie di domande da parte di uno dei decani dell’archeologia classica in USA , che ha avuto anche un occhio per gli studi etruscologici, il sempre attivo ottantasettenne prof. Mario A. Del Chiaro. E’ stata una buona occasione per ristabilire alcune delle imprecisioni apparse sugli organi di stampa e sui media in generale, le quali, grazie alla rete, oggi possono fare il giro del mondo in pochi istanti. La cavità 254 è stata anche di recente una delle mete dei visitatori presenti ad Orvieto per il festival jazzistico invernale: un gruppo di 20 persone – che si sono iscritte in poche ore – ha potuto vedere di persona un cantiere archeologico in progress, riuscendo a gustare quel sapore della scoperta che è la molla di tante esplorazioni scientifiche. Il PAAO riesce ad uscire sui palcoscenici internazionali, promuovendo nel contempo la nostra città, grazie alla liberalità di organizzazioni quali l’Institute for Mediterranean Archaeology (IMA), che copre le spese di trasferta e non affatica le già provate finanze dei comuni italiani. Il prossimo passo sarà una visita al Museum of Fine Arts di Boston, per rintracciare alcune delle ceramiche acquistate nell’800 e provenienti dalle necropoli sottostanti la Rupe.
I Vigili del Fuoco celebrano Santa Barbara Patrona
Si terrà mercoledì 4 dicembre presso la sede centrale del Comando, la celebrazione di Santa Barbara, Patrona del...