Caro amico, questa settimana ti scrivo …
Pier Luigi Leoni
Caro amico, così ti rispondo …
Franco Raimondo Barbabella
Mafia e politica
In Italia non c’è una coscienza civile, non c’è un’identità nazionale che tenga insieme uno Stato federale e garantisca la civile convivenza delle sue parti. Invece io vedo solo nell’Italia Cisalpina qualche barlume di coscienza civile e una vocazione europea. Altrove, invece, è un disastro difficile, se non impossibile, da rimediare. Spero proprio di sbagliarmi. [Indro Montanelli]
P. Questo scetticismo montanelliano anticipa la frase di moda qualche mese fa: La Grecia è un’Italia Meridionale senza il Nord. Sì, lo so che bisogna essere ottimisti e che noi del Centro dobbiamo esecrare l’idea della macroregione europea del Nord, portata avanti dalla Lega. Lo so e cerco di essere politicamente corretto, perché voglio passare per moderato, voglio andare d’accordo coi miei amati amici meridionali, voglio continuare a recarmi nel Mezzogiorno, dove il clima e il cibo sono splendidi e le persone pure. “Primum vivere, deinde philosophari”, prima sopravvivere e poi elucubrare, disse quell’antico romano che tradusse Aristotele. Però mi spaventa il fatto che nella campagna elettorale il tema principale non sia l’esigenza di estirpare al più presto la mafia, cancro e vergogna d’Italia, infiltratosi fino al Nord. Anzi, si gioca con le parole confondendo la criminalità organizzata con la mafia. La criminalità organizzata è un fenomeno presente in tutti i Paesi del mondo dove la polizia non è all’altezza della situazione. Invece la mafia è tipica dell’Italia, dove non solo è criminalmente organizzata, ma abita nei cervelli di milioni di persone che l’hanno succhiata col latte materno. L’abigeato (furto di bestiame), che era considerato in Sardegna una bravata con la quale i giovanotti poveri e coraggiosi si facevano una posizione di pastore, è stata annientata con una legge speciale. Che ci vuole a togliere agli enti locali delle zone mafiose la gestione dei soldi, degli appalti e delle assunzioni e il potere di fare piani regolatori e rilasciare concessioni edilizie? E che ci vuole a mandarvi a fare addestramento i militari dell’esercito, così l’Afghanistan sembrerebbe loro una vacanza premio? Ci vuole coraggio. Morto però Giorgio Bocca, nessuno ha il coraggio nemmeno di parlarne.
F. Il coraggio è merce rara, soprattutto in politica. Non riguarda solo la lotta alla mafia, per estirpare la quale nutro più di un dubbio sulla soluzione militare, essendo quel fenomeno radicato nella società e nello Stato. Riguarda tutte le priorità, le riforme vere, quelle che incidono e disturbano perché cambiano sul serio assetti e abitudini, scrostano la pelle e curano i mali ritenuti incurabili, aprono nuovi spazi d’azione e generano fiducia. È il caso delle riforme istituzionali, di cui non a caso poco si parla in campagna elettorale.
Non piace nemmeno a me l’idea leghista della macroregione del Nord, idea certamente più propagandistica che progettuale, ma comunque pericolosamente demagogica e disgregatrice, accompagnata com’è dall’altra del trattenimento al Nord del 75% delle tasse e lontanissima sia dall’esigenza inderogabile di una riforma generale dello Stato sia di una modernizzazione con timbro europeo per stare attivamente nella competizione mondiale. Eppure sarebbe semplicemente idiota non riorganizzare la struttura statale per non voler riconoscere che la frammentazione e il particolarismo non sono più compatibili con i dettami della realtà.
Certo, l’immaginazione mal si concilia con l’esercizio del potere, ma quando il potere diventa esercizio di automantenimento meglio scatenare la fantasia e cambiare registro. Non sempre è saggio attestarsi sulla linea del “primum vivere, deinde philosophari”. D’altronde Aristotele della filosofia dice: “E’ evidente, dunque, che noi non la ricerchiamo per nessun vantaggio che sia estraneo ad essa; e, anzi, è evidente che, come diciamo uomo libero colui che è fine a se stesso e non è asservito ad altri, così questa sola, tra tutte le altre scienze, la diciamo libera: essa sola, infatti, è fine a se stessa”. (Aristotele, Metafisica I,2,982b). Difficile dunque concepire la vita e i cambiamenti ad essa sempre necessari senza una visione, cioè in sostanza senza quel pieno esercizio del pensiero che è la filosofia.
Povera religione
La società accidentale con i suoi potentissimi mass-media oggi “informa” moltissimo ma non “forma” più i cittadini perché non dispone di un progetto-uomo valido su cui impostare l’educazione, la coltivazione dei suoi membri e lascia che ciascuno si arrangi per conto proprio. Noi non siano semplicemente degli individui, ossia realizzazioni particolari della specie umana. Questa proprietà appartiene anche alle piante e agli animali, e si fonda in ultima analisi sulla materia. Noi siamo persone e per questo godiamo di una realtà unica e irripetibile, ma siamo anzitutto e soprattutto spirito. Questo è un ulteriore indizio che in quanto spirito personale l’uomo possiede un valore assoluto. Tuttavia l’uomo, non essendo un valore assoluto sussistente bensì partecipato, tiene fisse le sue radici nel valore assoluto sussistente: Dio. Tale nesso ontologico tra l’uomo e Dio non può non tradursi in concetti e atti religiosi, componenti essenziali della cultura. Tutto questo attesta una volta di più come non sia affatto una conquista umanistica e illuminate ma piuttosto disumanizzante e oscurantistica qualsiasi tentativo di ostracizzare la religione dalla cultura. Infatti con Dio l’uomo diventa più uomo, senza Dio si espande nella dimensione della materia e precipita nel baratro del nulla. [Battista Mondin]
P. Condivido, ma confesso che questo linguaggio mutuato dalla teologia cattolica, che a sua volta lo ha mutuato dalla filosofia occidentale, mi lascia piuttosto freddo. E mi sovviene ciò che scrisse Eugenio Montale: «Bisogna andare in Oriente, vera sede delle religioni, per capire cos’è la religione. E, dopo tutto, il cattolicesimo è una religione orientale, che si è diffusa dovunque, ma che forse solo lo spirito di quei paesi può assimilare e accettare totalmente.» Vale a dire che l’Occidente ha adattato il Vangelo alle sue filosofie ed è per questo che la religione cristiana è ridotta come è ridotta? Franco aiutaci.
F. Mi hai posto un problema che non riuscirei a risolvere nemmeno con un trattato, ma non sfuggirò alla sfida. No, non credo che le cose stiano così come dice Montale. Intanto io credo che bisogna diffidare di ogni riduzionismo, cioè di ogni tentativo di annullare le diversità e la complessità dei processi che ne danno ragione riducendole ad un’unica dimensione o ad un unico, generico ed indistinto, contenitore. In questo caso l’Occidente. Che cosa intendiamo per Occidente? Quale è la sua identità? Ricordiamoci che quando si è trattato di dare identità non all’Occidente, ma in esso alla sola Europa (il tema era: il cristianesimo è da considerare alle sue origini oppure no?), ne è venuto fuori un dibattito a tutt’oggi non concluso.
Più difficile ancora sostenere che l’Occidente ha adattato il Vangelo alle sue filosofie, sia perché il rapporto religione – filosofia è sempre variato nel tempo e nello spazio, sia perché si potrebbe anche sostenere l’opposto. Insomma, i fenomeni culturali non sono univoci e unidirezionali. Può essere comodo, per corroborare i propri sentimenti o i propri ragionamenti, affermare una tesi onnicomprensiva, ma in tal caso ci sarà sempre qualcuno che ne sosterrà una diversa se non opposta. Relativismo? Oddio, ecco la parolaccia che, appena la usi, ti trasforma ipso facto in reprobo! Vabbè, rischio: mi consento qualche esempio che sostanzia quella parolaccia.
Sia nella Fisica che nella Metafisica Aristotele ripete che “l’essere si dice in molti modi” e si può affermare con dovizia di documentazione che anche nelle religioni “la divinità si dice in molti modi”. Ma questo vale anche per altri aspetti della cultura. Prendiamo l’estetica. Mario Perniola dice: “Sono contrario ad una definizione essenzialistica dell’arte. L’importante è l’orizzonte estetico. Perché esista un orizzonte estetico è necessario che siano presenti al suo interno quattro elementi: il bello, l’arte, la filosofia e lo stile di vita esemplare. Ognuno di questi è in sé molto problematico e può essere declinato in molti modi”. Appunto, come la metafisica e come la religione.
Allora bisogna chiedersi: chi ha adattato e chi è stato adattato? Vogliamo andare in Oriente? Nel VI° sec. A.C., in Nepal, ai confini settentrionali con l’India, Siddhārtha Gautama, il Buddha, fondò la religione che appunto si chiama Buddhismo, che si può definire “un particolare approccio filosofico – religioso ai problemi dell’esistenza umana, interpretata essenzialmente come dolore e sofferenza”. Egli credeva infatti di “poter rimediare al dolore sospendendo il desiderio, da cui deriva ogni sofferenza, e invitava i suoi seguaci a praticare l’ascetismo, che è distacco dalle passioni del mondo, per raggiungere la pace dei sensi e l’equilibrio interiore”. Non c’è forse una somiglianza notevole con filosofie occidentali, certo posteriori, ma filosofie a tutto tondo? Dovremmo allora sostenere che queste filosofie sono frutto di un adattamento dell’Oriente e del Buddhismo alle esigenze filosofiche dell’Occidente?
Se poi passiamo al piano storico, le cose si complicano ancora di più. Magari ne parleremo in altra occasione. Per ora mi pare possa bastare ipotizzare che lo stato odierno della religione cristiana, che possiamo anche registrare con una certa tristezza o con disappunto, ma non necessariamente, dipenda non tanto dal fatto che “l’Occidente ha adattato il Vangelo alle sue filosofie”, quanto piuttosto dall’eccesso di frequentazione di chi è interprete e custode del Vangelo con il potere, comunque e dovunque esercitato.
Il neosegretario
[Andrea Scopetti, nuovo segretario del PD orvietano] ora è libero di scorrazzare, di costruire e concretizzare un progetto per la città, insieme a chi nel suo partito vorrà esserci. Qualcuno tenterà di riprenderlo, di tenerlo, magari a guinzaglio lungo, di proporgli la polpetta gustosa, di minacciarlo con la verga, di riconquistarlo con le carezze, qualcuno tenterà anche con la polpetta avvelenata. Il fatto che nella sua direzione non ci siano in giro personaggi sdruciti significa che non hanno potuto esserci, non che non hanno voluto. E questo è foriero di buone azioni, non soltanto di buone intenzioni. [Dante Freddi su OrvietoSì]
P. Non sono uno studioso del PD orvietano e non mi permetto di esprimere giudizi. Ma perché, tu che sai e che puoi, non dài qualche consiglio disinteressato e non richiesto all’’ancora giovane neosegretario?
F. Caro amico, anche questo tema è di notevole impegno, e tu mi hai già sfibrato con il precedente. Poi, oltre al fatto che in realtà mi sento più inadeguato a trattarlo di quanto dici di esserlo tu, c’è che il nostro Direttore si è già prodotto in un peana che, pare anche con la benedizione di San Pietro Parenzo, ha incoronato il Nostro come il Rinnovatore. A parte l’amicizia con Andrea Scopetti, non posso mica contraddire il nostro Direttore! E sennò chi ci darà lo stipendio? D’accordo, vedo la tua faccia, ho capito, non posso cavarmela così. Ma non proverò a dare consigli. Eccone il motivo: a parte il fatto che i consigli, anche se richiesti, in genere risultano utili solo qualora l’interlocutore si convinca che ciò che non sapeva in realtà già lo sapeva, quando non sono richiesti, anche se del tutto disinteressati, è quasi inevitabile che siano accettati solo quando sono percepiti come qualcosa che rafforza le convinzioni che il destinatario ha già maturato. Insomma, i consigli quasi mai servono a modificare le opinioni di qualcuno. Anzi, più spesso di quanto non si creda, hanno il triste destino di essere una sottilissima spinta a fare esattamente l’opposto. Non vorrei indurre Scopetti a mettersi alla prova. Perciò, come ho detto, niente consigli. Solo qualche domanda, sicuro che non leggerà e comunque, se leggerà, non risponderà, in ossequio al modo consueto di ritenersi un politico di razza sulla piazza di Orvieto. Ecco le domande.
1. Non ho capito bene quali sono le idee che distinguono te dai tuoi concorrenti interni. Ce ne dici almeno tre?
2. Hai vinto. Hai nominato la tua Segreteria, che, stando a quanto dice Freddi, hai scelto senza condizionamenti, e io non ho ragione di dubitarne. Allora ti chiedo: in tutte le scelte che sei chiamato a fare, abbandonerai il tradizionale togliattismo (spesso più presente in chi se ne dichiara lontano), la cui regola aurea è che l’avversario va inglobato anche a costo di diluire le diversità fino al non scegliere e al non fare? Qui la risposta è semplice: si può anche ridurre ad un sì o ad un no.
3. Se non ho capito male, nella nuova situazione, i rappresentanti eletti nelle istituzioni o chiamati a rivestire cariche pubbliche non risponderanno più al partito, ma faranno riferimento esclusivo al popolo. Se è così, mi spieghi che significa in concreto? Se possibile con qualche esempio.
4. La sinistra orvietana è stata ridotta piuttosto male (ovvio, nel quadro generale). Il PD ne porta qualche responsabilità (sto parlando di Orvieto), anche se probabilmente non esclusiva. Ti chiedo: che cosa intendi fare per rimediare, direi anche rapidamente? E che cosa intendi per sinistra? Ovviamente ti sto chiedendo l’essenziale, il succo di una faccenda che so bene essere complessa. Ma indicare la direzione di marcia potrebbe già esser una cosa che chiarisce.
5. Ultima. In questi lunghi anni recenti non mi è stato mai dato di capire non solo con quale idea di città e con quali priorità programmatiche il centrodestra intendesse governare, ma nemmeno quali fossero le posizioni del centrosinistra sia in termini di visione generale che di scelte e soluzioni specifiche. Risultato: un’evidente staticità e uno scivolamento verso un irreversibile declino, contestuale a quello del Paese. Quali sono le tue idee? Anche qui non ti chiedo cose miracolistiche, ma almeno la direzione di marcia.
Attenzione: se risponderai, non sarai più un politico orvietano di razza; se non risponderai sarai si un politico orvietano di razza, ma temo che metterai in contraddizione il nostro Direttore con se stesso. Come vedi, un affare serio!