Caro amico, questa settimana ti scrivo …
Pier Luigi Leoni
Caro amico, così ti rispondo …
Franco Raimondo Barbabella
Il declino è arrestabile
Questo Paese non è quello descritto nel frastuono e nei messaggi rabbiosi di questa campagna elettorale. L’Italia è e resta un grande Paese, non ha il declino assicurato come scrivono i “peggioristi” in servizio permanente effettivo, ma non ha nessuna certezza di farcela se non cambia il modo di affrontare i problemi. Non l’IMU e le baggianate fiscali. I temi urgenti sui quali occorre una “visione” e una “politica” sono altri, di lunga durata e impatto immediato. Non facciamo figli, abbiamo il terzo debito pubblico del mondo e siamo il terzo Paese con l’età media più alta (dopo Giappone e Germania), l’Italia è un luogo della terra dove si vive bene ma nessuna delle nostre città è nella top venti, il nostro PIL oscilla fra l’ottavo e il settimo posto, ma nel reddito pro capite scivoliamo al trentunesimo e negli ultimi dieci anni la nostra crescita economica è stata tra le peggiori del mondo (solo Zimbabwe e Haiti peggio di noi), mentre continuiamo a essere bassi nella classifica della libertà economica e della democrazia. Monti ha aperto un’agenda: appunti, idee,cose da fare, ma soprattutto un impegno a viso aperto per gl’Italiani. [Mario Sechi]
P. Il direttore de “Il Tempo” spera in Monti. Vedremo quanti Italiani nutriranno la stessa speranza. Però, Monti a parte, Sechi ha centrato il problema. È indispensabile cambiare mentalità e metodo, altrimenti, come dice Oscar Giannino, non riusciamo ad arrestare il declino. “Non vogliamo che il peccatore muoia, ma che si converta e viva”, dice la Bibbia con frase icastica che possiamo adottare per la nostra Italia. Ma può un popolo di sessanta milioni di abitanti, con migliaia di anni di storia (e di vizi) cambiare mentalità? Lo può, a mio parere, perché comprende anche milioni di persone per bene, nemmeno sfiorate dalla mentalità mafiosa. Milioni di persone che vogliono lavorare purché il lavoro ci sia, che vogliono pagare le tasse senza essere tosate a sangue, che rispettano se stessi e vogliono che anche gli altri siano rispettabili. Queste persone stanno in ombra, ma sono tante e aspettano che lo sputtanamento della classe dirigente sia completo e che la pressione della nazioni più compatte e disciplinate faccia il resto.
F. Concordo. Con due soli ma. Il primo: ma perché lo sputtanamento della classe dirigente sia più completo di così che cosa deve accadere? In verità si tratta non di classe dirigente ma di classi dirigenti: il plurale è d’obbligo perché l’aggravarsi di problemi antichi e il sovrapporsi di nuovi problemi ai vecchi non risolti segna la differenza dell’Italia da altri Paesi avanzati. È la spia di una sostanziale continuità, oltre che di personale politico e burocratico, di interessi e soprattutto di mentalità, nelle sfere di comando: anche quando ci sono stati cambiamenti, il sistema ha trovato il suo equilibrio in una logica gestionale compromissoria, magmatica, ibrida, non chiara. Evidente l’assenza di solide strategie riformiste, liberali e democratiche. Evidenti le carenze di cultura statuale moderna. Mai e poi mai pane al pane e vino al vino. Mai e poi mai attribuzione ed esercizio limpido delle responsabilità. È questa politica che ha fallito, ed è questa politica che ha generato l’antipolitica.
Il secondo: ma che aspettano quelli che hanno capito, che sono bravi cittadini e però continuano a stare in ombra? Mi auguro che non sperino che tornino i bei tempi in cui i più davano delega in bianco a mamma politica o, nei casi peggiori, a padrino politico e aspettavano o la soluzione automatica dei problemi o il favore personale. E mi auguro anche che non lascino fare ancora a quelli che, essendo stati abituati a trafficare un po’ su tutto, oggi fanno gli incazzati solo perché è diventato più difficile trafficare.
In nostro è un Paese fermo, anzi bloccato, non solo perché non cresce e perché la mobilità sociale è zero, ma soprattutto perché la mentalità diffusa è che in fondo è meglio così. È la legge della mediocrità: meglio che le capacità non emergano, così tutti possiamo aspirare a fare tutto. Meglio non puntare sulla forza delle idee, perché sennò si vede chi ce le ha e chi no. E chi se ne frega se la città, il Paese, noi (no, noi sono sempre gli altri) andiamo a picco! Intanto vediamo come ci salviamo noi! Perciò urge parola d’ordine e programma minimo. Potrebbe essere questo: stop alla mediocrità. Comprensibile, no?
Il governo che verrà
La destra ripropone Berlusconi, il demagogo che ha occupato la scena degli ultimi 20 anni. Il centro ripropone una piccola Dc, nobilitata e abbellita dal marchio Monti. Nella lista Monti le istanze genuinamente liberali contano poco. I radicali, nonostante gli scioperi della fame (o a causa di essi?), sono quasi scomparsi dalla scena politica. Giannino e il suo movimento sono sostanzialmente ignorati dai media. Renzi è stato sconfitto e i suoi uomini sono tenuti ai margini del Pd. Gli elettori non contano nulla, perché i giochi si faranno dopo, in Parlamento, come ai tempi di Craxi, Forlani e Andreotti. In breve, se non vogliamo né Grillo né il ritorno del grande demagogo, la scelta è fra Pci e Dc. Anzi non c’è vera scelta, perché Bersani e Monti governeranno insieme. Che dire? Buon anno, e ben tornati nella prima Repubblica. [Luca Ricolfi]
P. Luca Ricolfi la mette scura. Ma ti confesso che, da conservatore quale non mi vergogno di essere (mi riservo di approfondire in seguito, col tuo prezioso aiuto, ciò che deve correttamente intendersi per conservatore) la prospettiva della probabile vittoria elettorale del centrosinistra non mi fa né caldo né freddo. Ciò perché il centrosinistra non ha un programma (era molto più sconcertante, per un conservatore, il programma demagogico con cui Hollande ha vinto le elezioni in Francia) e se lo dovrà costruire dopo. Cioè dovrà confrontarsi con l’Italia e l’Europa quali sono e non con realtà immaginarie.
F. Certo, discuterò con te con vero piacere di che cosa debba intendersi per conservatore oggi, e per converso che cosa debba intendersi per progressista. Ma ora mi preme dirti che il modo in cui da conservatore convinto vivi la possibile vittoria elettorale del centrosinistra mi fa piacere come amico e mi conforta come cittadino. Perché tu, come del resto anch’io, sai bene che il meglio è relativo. Mi vengono ‘a faciolo’ alcuni versi della canzone “Costruire”, dall’album recente di Irene Grandi e Stefano Bollani: “tra l’attesa e il suo compimento / tra il primo tema e il testamento / nel mezzo c’è tutto il resto / e tutto il resto è giorno dopo giorno / e giorno dopo giorno è / silenziosamente costruire / e costruire è sapere e potere / rinunciare alla perfezione”. Ecco, noi sappiamo che, se si vuol fare qualcosa di serio, bisogna rinunciare alla perfezione e puntare su ciò che riteniamo migliore di qualcos’altro, anzi “su ciò che dopo un lungo esame critico ci apparirà migliore” (Socrate).
Risponderà a questo criterio della razionalità occidentale il futuro governo? Non lo possiamo sapere. Sarà una riedizione dell’accordo, ora sottobanco (quasi sempre, e i guai non sono stati pochi), ora dichiarato (compromesso storico, caso Moro: i guai li conosciamo bene) DC-PCI? A questo corrisponderebbe un eventuale governo Bersani-Monti? Vedremo, ma, mi dispiace per l’ottimo Luca Ricolfi, che leggo normalmente e che ammiro, non è affatto detto che le cose debbano andare così, cioè che si riproduca la logica della prima Repubblica. A parte il fatto che quella che viene chiamata seconda Repubblica a me è sembrata la peggiore copia possibile della prima, io penso che la lettura che della situazione politica propone Ricolfi è davvero troppo schematica e comunque del tutto improduttiva, perché qui, volere o volare, si tratta di mettere in sicurezza il nostro futuro, cioè di ricostruire un Paese che oggi è quello che è ben descritto sopra nel brano di Mario Sechi.
Allora c’è da sperare che non ci sia una nuova fase di accordicchi per tirare avanti, ma vi sia un grande, ambizioso, entusiasmante, progetto di rinascita che faccia ritrovare a tutti noi, giovani, adulti e anziani, il gusto di chiamarci italiani. C’è da sperare che questo tipo di politica spazzi via i tentativi, che già si vedono diffusi, di un nuovo trionfo della mediocrità dietro le apparenze di un rinnovamento di facciata. C’è da sperare. Ma per ora solo perché la speranza è l’ultima a morire.
L’amministrazione Concina di che colore è?
Di una certezza, per concludere, debbono però convincersi le Orvietane e gli Orvietani: la governante amministrazione civica di centrodestra e la precedente di centrosinistra sono parimenti responsabili dello scadimento complessivo della realtà cittadina. La seconda per aver affossato l’unico fattibile progetto di trasformazione e valorizzazione del nostro più consistente “Bene Comune” rappresentato dagli immobili della Piave; la prima per essere stata incapace di produrre una benché minima idea alternativa in tale direzione. [Mario Tiberi]
P. Ho già provveduto in privato a confrontarmi simpaticamente col nostro comune amico Mario. Pubblicamente devo dire che egli, qualificando di centrodestra l’amministrazione Concina, si è correttamente attenuto ad una esemplificazione della situazione politico-amministrativa orvietana utilizzata a destra e manca, da una parte per nobilitarla e dall’altra per squalificarla. Gli uni e gli altri non tengono conto che su dodici componenti della maggioranza, tre consiglieri determinanti sono stati eletti in liste di centrosinistra e di sinistra. Peraltro cinque assessori che erano stati eletti consiglieri in liste di centrodestra se ne sono andati a casa, mentre, tra gli attuali componenti della giunta, uno solo è militante di centrodestra. Con questo non voglio dire che il centrodestra, se avesse avuto le mani libere, avrebbe fatto miracoli, ma semplicemente che non ha avuto mai le mani libere.
F. Beh, messa così, mi verrebbe da dirti meno male, almeno qualcosa forse si riuscirà a salvare! Vabbè, prendila pure come una battuta, giacché lo sai bene che io non semplifico mai in modo così grezzo. Le cose in effetti stanno come dice Mario, e lo sappiamo tutti, al di là dei ruoli, assegnati o scelti. Francamente, mi sembra secondario discettare sui chilogrammi di centrodestra che connotano l’attuale maggioranza e la sua giunta. Le cose fatte e quelle non fatte, la logica e il clima, mi sembrano elementi più consistenti per dare un giudizio fondato. Mi stai dicendo che sono ovvietà? Sì, lo sai che lo so.