Fino a ieri o l’altro ieri, è un modo di dire senza una specifica dimensione temporale, ho ritenuto, come credo molti di Voi, che dopo e oltre il buio si potesse quantomeno intravedere una seppur flebile fiammella di luce sulle future sorti politiche della nostra Nazione.
Mi sto e mi devo ricredere poiché, da qualsiasi angolazione lo si guardi, lo scenario della vita pubblica italiana non solo non si è rischiarato, ma vieppiù si è ingarbugliato e al buio altro buio si è sovrapposto.
Le forze politiche ancora, e forse per poco ancora, rappresentate in Parlamento annaspano su tutto: ad approvare, essendo ormai non più un’assemblea di produzione legislativa ed invece di sola supina ratifica, provvedimenti di progressivo impoverimento dei ceti medio-bassi del tessuto sociale nazionale basta, solamente, una mezza giornata; da mesi e mesi, al contrario, ci si dibatte tra riforma della legge elettorale, di quella anticorruzione, della riduzione del numero dei parlamentari e dei consiglieri regionali e conseguentemente dei loro lauti emolumenti e privilegi, della incandidabilità dei faccendieri e dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione, della soluzione al problema degli esodati, dello svecchiamento complessivo dei quadri di dirigenza nei comparti e gangli vitali della società e dell’economia, e ad oggi di concreto non si è visto ancora un bel nulla.
L’arretratezza culturale, l’inadeguatezza politica, la manchevolezza etica di un ceto dirigente di oramai superato lungo corso, sono alle fondamenta e cagionano la causa scatenante ed efficiente di quanto si dispone e non andrebbe disposto, di quanto non si opera ed invece andrebbe operato.
Sul fronte, poi, di ciò che è in movimento, più in apparenza che in essenza, dentro e fuori ai partiti a simbolo stereotipato o di quello che di essi rimane, delle alleanze politiche che la sera si stringono e la mattina successiva sono già evaporate come neve al sole, delle strategie programmatiche spesso ipocrite ed indecifrabili e mendaci, è conveniente stenderci sopra un misericordioso velo di umana pietà.
A tali fosche tinte si aggiunga, anche e per di più, il forsennato ed isterico andirivieni di congiure ed imboscate ordite nel breve volgere di spazio che separa le aule delle Commissioni parlamentari da quella, magna, di Camera e Senato. Ma la casta, che pudicamente casta non è, sembra non volersi arrendere nemmeno ad urlarle contro a squarciagola. Imperterrita procede nel disperato tentativo di autoconservarsi per subito autoriprodursi.
Valga, tra i molteplici, l’esempio a seguire. Non tutti forse sanno che un significativo drappello di politici di primo piano per mestiere non ha, nel corso degli anni, avvertito il benché minimo pudore ad evitare una impostazione e gestione dei “publici negotii” a conduzione, per così dire, familiare e/o parafamiliare. Le eloquenti vicende dei signori Piero Fassino, Gianni Alemanno, Umberto Bossi, Antonio Di Pietro, Silvio Berlusconi, Michele Iorio e comparse minori, sono qui a dimostrare che al banchetto offerto dal popolo sovrano potevano sedersi anche i non invitati o i non graditi, cioè tutti tranne il popolo stesso.
Pure in Umbria, nella compilazione delle liste e del listino del centrosinistra, sono accaduti fatti analoghi.
Un’ultima annotazione: apprendo dalla stampa a tiratura nazionale che nella formazione delle liste elettorali del Movimento5Stelle, in vista del voto politico della Primavera prossima, figurerà la candidatura della signora Cinzia Piastri, moglie del sindaco di Parma Federico Pizzarotti.
Stando così le circostanze, anche Lei, signor Grillo, ci deve delle spiegazioni!.