Noi italiani siamo un popolo sui generis, permettiamo che i danni, sia istituzionali, materiali che umani, avvengano, poi a posteriori diamo la stura a polemiche roventi, alla caccia ai responsabili, a dire si doveva fare e non si è fatto e allo scaricabarile.
Spesso dopo ciò tutto ritorna come prima ed i problemi si trascinano per tempi lunghissimi, irrisolti.
Fa molta più notizia una polemica al calor bianco che, purtroppo, atti quotidiani di buona amministrazione, i quali creino le condizioni perché i danni non si verifichino.
Spesso a tali atti e a chi li compie non viene neppure riconosciuto il merito mentre molto più risalto hanno le polemiche.
Credo che nelle nazioni del Nord accada il contrario: prevale non la polemica a posteriori ma la buona amministrazione, che non desta così scalpore, ma permette ai cittadini una migliore qualità della vita e è questo ciò che conta.
Forse accade questo perché siamo un popolo dal sangue caldo che ha bisogno di sentimenti forti , un popolo latino, ma spesso ciò non è un vantaggio.
E’ accaduto in parte anche per anche per l’alluvione della valle del Paglia di quest’anno, un disastro annunciato.
Sono nato nel 1956 ad Orvieto Scalo e quella di quest’anno è la terza alluvione a cui assisto.
La prima avvenne che ero molto piccolo, rimanemmo bloccasti con la mamma a casa della zia Augusta e dello zio Gigliola, che abitavano verso San Giorgio, e dovemmo dormire lì, non ricordo per quanti giorni, perché il babbo con la sua vespa non potè attraversare il ponte dell’Adunata per riportarci a casa.
Alla seconda “ piena “ assistei dalla finestra di casa, erano gli anni sessanta ed ero un bambino un po’ più grandicello.
Vedevo, con preoccupazione, che l’acqua del Paglia era passata al di qua dell’autostrada ed era arrivata alla massicciata della stazione ferroviaria, “ mangiando “ il terrapieno dell’A1, avvertii il babbo allarmato, perché le auto in transito rischiavano di precipitare nei gorghi.
Non so i danni che si verificarono allora, ma dove oggi ci sono le costruzioni c’erano solo i campi, ricordo solo che mi arrivò la voce che il Paglia in piena si era portato via un bambino.
Tra gli aspetti positivi del mio babbo che da ragazzo non notavo molto anche a causa del suo caratteraccio, ora annovero anche la sua saggezza, sì di persona poco istruita ma che costruì la nostra casa, ad Orvieto Scalo, in un luogo rialzato che non è stato mai toccato dall’acqua del Paglia, neppure quest’anno.
L’alluvione di quest’anno l’ho vissuto da residente ad Orvieto sulla rupe, lo ho seguito attraverso le notizie ed i filmati di OrvietoSì ed Orvietonews e ne ho preso coscienza attraverso i commenti dei cittadini su queste testate.
Ciò mi ha aiutato moltissimo perché ha stimolato la mia coscienza e ha permesso che mi creassi un punto di vista personale sui fatti accaduti, a conferma dell’utilità di questa agorà virtuale del nostro territorio che sono i giornali online.
Ringrazio in particolar modo Maria Luisa Salvadori che con il suo scritto mi ha spronato alla partecipazione solidale verso gli orvietani toccati più direttamente dal disastro anche se in maniera ridotta rispetto ai bei ragazzi volontari, l’associazione il Ginepro e Gianni Cardinali che con i loro contributi mi hanno istruito ed aiutato ad avere un parere personale su questo alluvione, aiutandomi anche a dare un senso ai miei ricordi d’infanzia.
Tra le tante un’osservazione: il sistema di allerta non ha funzionato, l’allerta avrebbe contribuito a limitare i danni e ciò fa nascere una domanda sull’utilità del sistema di Protezione Civile così come è strutturato oggi, forse localmente al suo primo serio banco di prova.
Sorgono perplessità su se la Protezione civile non sia l’ennesimo carrozzone all’italiana, non i volontari che vi prestano servizio, encomiabili, ma la struttura di tale organizzazione che pure costa alla collettività non fosse altro per i costosi fuori strada di cui è dotata.
Lo dico da cittadino comune ed ignorante su molte cose ma che si guarda intorno.
In particolare mi piacerebbe sapere di quali professionalità si avvale la Protezione civile, soprattutto quella locale, e se oltre ai volontari vi sono al suo interno persone che percepiscono indennità economiche.
In un paese civile, a mio avviso, i responsabili della Protezione Civile, e non solo, si dovrebbero dimettere, viste le dimensioni del disastro, e mi sembra che contrariamente a quanto sostenuto dalla nostra Presidente di Regione, durante la sua visita alle zone alluvionate dell’Orvietano, se non ci è scappato il morto è più questione di fortuna che di efficienza.
Per quanto riguarda l’eccezionalità del fenomeno non dovrebbe sfuggire a persone competenti che il cambiamento climatico in atto nel nostro paese già da diversi anni, che lo sta rendendo sempre più a clima tropicale, non era poi così imprevedibile.