Mi si conceda la licenza di una osservazione preliminare, se volete fuori tema e fors’anche fuori luogo, ma imposta dal cataclisma abbattutosi sulla diletta città di Orvieto. Plinio il Vecchio, uno tra i maggiori naturalisti dell’antichità, ha lasciato scritto riferendosi alla pia “Mater Gea”: “Non, nisi parendo, vincitur”; non la si vince se non ubbidendole e, cioè, l’uomo non è in grado di dominare la Natura se, prima, non ne rispetta le leggi.
Il monito è chiaro e inequivocabile; purtroppo disatteso, oltraggiato e calpestato con le inevitabili disastrose conseguenze da noi tutti toccate con mano.
E’ doveroso, inoltre, segnalare la dignitosa compostezza della popolazione colpita dal fenomeno alluvionale e la generosa prova di solidarietà offerta dalla Gioventù Orvietana.
Riprendiamo, ora, da principio.
Il profluvio irrefrenabile di pronunciamenti sui principali temi di interesse sociale, politico e di costume assume sempre di più il sapore di un caravanserraglio all’interno del quale, tra grida scomposte e gesti inverosimili, l’elemento dominante è da ricercare nel disorientamento generale e nel disordine singolo.
Basta sintonizzarsi su una qualsiasi trasmissione delle reti televisive nazionali, per limitarsi ad esse, ed il quadro che appare “ictu visu” è di quelli che non lasciano scampo per licenziosità di analisi, giudizi faziosi e menzogneri, scurrilità accusatorie, invettive gratuite e fuorvianti.
Si provi, ancor di più con accento al limite del masochismo, a seguire gli “spettacoli non delle parole, ma delle chiacchiere al vento” e, si capirà, che gli argomenti quotidiani di trattazione diventano inesorabilmente l’occasione non per offrire ai teleutenti la possibilità di orientarsi e formarsi una opinione basata su elementi di informazione libera ed obiettiva, bensì per canalizzare il consenso della massa acritica dei cittadini verso mete interessate e perlopiù qualunquistiche.
A parte gli ospiti, quasi sempre gli stessi fino alla nauseante noia e non certo tra i migliori, è da sottolineare come l’animosità verbale e il continuo sovrapporsi delle loro stridule voci conducano a generare un clima da stadio dove a prevalere non è tanto, come sarebbe giusto ed opportuno, la forza dell’intelligenza quanto, piuttosto, le porzioni carnose delle corde vocali. E i famigerati indici di ascolto non impongono solo questo, ma anche il differimento di annunziate clamorose rivelazioni alle puntate successive alla pari di una scialba, quanto banale soap-opera.
Lo spettacolo discendente non appaga né coinvolge e lo spettatore non solo non ne esce arricchito, ma ancor più confuso e disorientato tanto da pentirsi per aver sprecato e gettato alle ortiche quel tempo che meglio avrebbe potuto destinare per altre più soddisfacenti esperienze.
Che dire poi dei cosiddetti “fuori onda” tanto di moda in questi ultimi periodi?
Il ciclo biologico di ogni essere umano è costituito sia da un palcoscenico principale, dove viene rappresentata la trama della sua storia personale e delle sue vicende esistenziali, e sia da uno o più retroscena dove, ciò che non può e non deve apparire sul proscenio, viene realizzato in un contesto di schiettezza e di genuina naturalezza. Sul palcoscenico va l’attore con i suoi inganni e le sue finzioni imposte dal copione che è obbligato a recitare; nel retroscena si aggira l’uomo nudo e puro che espone quello che realmente pensa e si esprime con atti e fatti conseguenti.
Nella vita pubblica accade lo stesso: le dichiarazioni ufficiali sono spesso e volentieri il risultato di compromessi dettati da opportunismi contingenti o da calcoli di bottega; le confidenze private, magari anche quelle esternate con un bicchiere di buon vino in mano, colgono il segno del reale e veritiero pensiero di chi le pronuncia.
Si spiegano così alcuni episodi recentemente accaduti nella sfera nazionale ed, anche, in quella locale; in entrambi i casi sarebbe dignitoso evitare la smentita della sostanza della confidenza rispetto alla forma della dichiarazione pubblica e riguardoso, nei confronti dei cittadini in genere, usare coerenza verso la prima ed essere più avveduti prima di proferire la seconda.
In neurologia, una ridotta regione del cervello umano a forma di mandorla, l’amigdala, è ritenuta sede della intelligenza emotiva e da essa sembra che partano gli impulsi più spontanei e naturali dei nostri comportamenti come quelli, appunto, che presiedono alle esternazioni verbali operate di getto e senza passare per il filtro della razionalità utilitarista.
Non Vi pare che, finalmente, sia giunto il tempo di dotarci di una magica cornucopia ricca di mandorle genuine e di prima qualità?.
Per quel che mi concerne, non posso che rispondere se non con un convinto SI’!.