Ieri è stata una giornata tragica per Orvieto e l’Orvietano. Si è abbattuta sul territorio una quantità di pioggia straordinaria, che non ha trovato modo di defluire in aree di rispetto dell’alveo del Paglia e del Chiani e si è quindi convogliata con violenza sulle costruzioni a margine del fiume. Gente impaurita e cose in rovina, il danno non è ad ora quantificabile e si aggiunge alla precarietà della congiuntura economica.
E’ inutile ricordare che abbiamo costruito male, in aree non idonee. Chi ha voluto edificare in zone alluvionali oggi se la prende con chi lo ha concesso, chi lo ha concesso se la prende con chi ha preteso la valorizzazione di quelle aree, costata anche milioni di euro per la regimentazione del Paglia e del Chiani.
Il fatto è che la situazione ambientale è ormai questa e non c’è nulla che possa garantire un futuro più sicuro, un imbrigliamento dell’acqua certo e garantito, a prova di piena.
Nel gran disastro di ieri, l’unico aspetto positivo è che non ci ha rimesso la pelle nessuno. E sarebbe potuto accadere. Si potrà aumentare nel futuro il livello di previsione e anticipare i tempi di allerta, la comunicazione più veloce potrà evitare qualche danno, ma l’errore compiuto nell’urbanizzazione ci farà vivere con il terrore che la casa o il magazzino o l’officina potrebbero di nuovo essere invase da acqua e fango e rovinare anni di lavoro. Domani non sarà come ieri, dimenticheremo per sopravvivere e lavorare, ma quell’acqua non la toglierà nessuno. E’ dentro le migliaia di orvietani che hanno vissuto quella giornata.
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