Caro amico, questa settimana ti scrivo …
Franco Raimondo Barbabella
Caro amico, così ti rispondo …
Pier Luigi Leoni
I giovani e gli scontri di piazza
“Ciò che maggiormente dispiace è che i nostri ragazzi si sentano abbandonati e quindi si lascino infiltrare e trascinare da facinorosi violenti nei gesti o nelle parole. Ancora una volta, di fronte a loro, ci sono altri giovani nel ruolo di poliziotti. L’invito populistico di Beppe Grillo (trincerato nel suo blog) ai poliziotti di unirsi ai giovani che protestano è stata una patetica e insolente citazione di un passato sessantottino che non si ripeterà. La congiuntura è più brutale; le utopie sono in soffitta; le forze di aggregazione politica e sociale sono allo sbaraglio. La «società civile» è diventato uno slogan dietro al quale c’è di tutto. In questo contesto i giovani sono stati presi in giro. Sono sempre sulla bocca di tutti i ministri (insieme alle «famiglie») ma sono sempre assenti o cancellati nelle misure concrete.” (Gian Enrico Rusconi)
F. Ho letto diverse interpretazioni sugli scontri che hanno caratterizzato le manifestazioni studentesche dello scorso 14 novembre, ma nonostante abbia fatto ogni sforzo non ne ho trovata una davvero soddisfacente. Ho piuttosto l’impressione che si ripetano vecchi schemi, da parte sia dei protagonisti che di chi ne interpreta i comportamenti.
Sui giornali si sono potute leggere frasi consuete, diverse a seconda dell’orientamento dei giornali, come queste: “ Violenze in diverse piazze”; “A Torino tre poliziotti feriti”, “Scene di guerriglia urbana a Roma tra polizia e studenti”, “A Milano danneggiate vetrine e banche”, “I poliziotti manganellano gli studenti”, ecc. Frasi quasi senza tempo. Idem per le interpretazioni: Gian Enrico Rusconi (La Stampa), come si vede, parla di ragazzi abbandonati e presi in giro, Massimo Giannini (la Repubblica) di “due violenze sbagliate”, quella dei giovani e quella dei poliziotti, altri di gente che voleva il morto, altri ancora di infiltrati e di disegni eversivi internazionali. E c’è perfino il richiamo di marca sessantottina ai poliziotti perché si uniscano alla protesta (Beppe Grillo).
La ripetitività è evidente, ma i problemi che comunque denuncia sono drammaticamente veri, come in altre fasi della storia. Con una novità importante però: la perdita della speranza. Chi deve reagire? In tanti, per salvare, per salvarci. L’esempio ci viene dai gruppi di giovani che hanno messo le mani nel fango per aiutare le persone colpite dall’alluvione. In particolare da quelli che, messi di fronte alla scelta tra manifestare e infangarsi, hanno scelto di infangarsi. Forse la speranza non è morta.
P. Possiamo cominciare da qui. Gli studenti orvietani hanno prestato soccorso con prontezza, intelligenza, coraggio, spirito di sacrificio, senso della solidarietà. Perché non consegniamo loro le chiavi del municipio?
La natura fa il suo corso e sarebbe bene tenerne conto
“Le piogge intense che si sono recentemente verificate non sono state un fenomeno particolarmente diverso da quelli che nei millenni, nei milioni di anni, si sono verificati sulla superficie del pianeta. Le portate dei corsi d’acqua non sono state nulla di eccezionale rispetto ad altre ben più imponenti che si sono verificate nel tempo. Ma mentre una volta i torrenti ed i fiumi correvano liberamente, divagavano nei fondovalle, costruivano piane, trasportavano a valle materiali, modellavano i versanti, oggi questi stessi corsi d’acqua sono costretti in spazi ristretti, perché l’uomo ha loro sottratto tutto “l’alveo”, che è la vera “casa” del fiume, e li ha confinati nel “greto” che è solo la zona di deflusso in periodi di morbida o di stanca. … L’uomo deve fare un passo indietro, l’uomo deve prendere una buona volta coscienza di essere su un territorio che ha le sue fragilità e le sue leggi e che egli deve collocarsi su di esso non in contrapposizione, ma in armonia con quelle leggi. Non può aver la pretesa di determinare o imbrigliare i fenomeni naturali, … può tuttavia cercare di non accentuarne gli effetti.” (Mimmo Filippi, geologo)
F. Sono parole semplici, comprensibili a tutti. È buonsenso. Eppure i comportamenti raramente ne tengono conto: prevalgono superficialità e approssimazione, sete di danaro, incapacità amministrativa. Raramente si pensa al domani: ciò che interessa è l’oggi, l’immediato. Ma ovviamente la natura fa il suo corso e non tiene conto della stupidità umana. Tutti colpevoli, dunque nessuno colpevole? No, non tutti colpevoli, ma è difficile distinguere in modo serio.
Tuttavia da qualche parte, in una certa fase storica, ci fu chi non faceva costruire nelle zone esondabili. Non gli fu detto bravo. Faceva rispettare le preesistenze e non faceva costruire palazzi mostruosi né riempire di cemento gli spazi liberi. Non ricevette applausi. Gli fu detto vattene, tu affami il popolo.
Oggi, conoscendolo, so che non prova certo soddisfazione per ciò che è accaduto. Prova tristezza, perché tra l’altro aveva ricordato a tutti diversi anni fa, scrivendolo, che i mutamenti climatici sono tali da richiedere una pianificazione del territorio improntata alla salvaguardia e alla sicurezza di persone e cose. Dunque sente profonda vicinanza con chi soffre, ma si augura che finalmente almeno si rifletta e ci si decida a fare quel che si deve fare. Fine della miopia, ci vuole lo sguardo lungo.
P. Conosco quell’amministratore comunale e la sua biografia. Ne conosco un altro che si sta battendo da tre anni per la messa in sicurezza e la sopraelevazione del parcheggio di piazza della Pace. Non gli hanno detto ancora di andarsene, ma glielo hanno fatto capire. In ogni modo, non è che gli Orvietani siano più stupidi di altri popoli, ma non sono nemmeno più intelligenti.
Gli Stati Generali della Cultura, un evento che ci riguarda da vicino
“«La cultura non è tanto un’emergenza dimenticata quanto una scelta di fondo trascurata per lunghissimo tempo», ha detto Giorgio Napolitano. «L’Italia ha in campi fondamentali della ricerca talenti e prestigio di cui molti non si rendono conto. Abbiamo tesori e capacità ignorati, un dinamismo che è largamente sconosciuto. Talenti vessati da una foresta normativa che non fa che crescere». Il depauperamento della cultura generale e della formazione ci porterà ad avere dei vandali che si aggirano per i monumenti. Bisogna ripartire dalla scuola e dai saperi, coniugando passato e futuro, patrimonio e intelligenze e imprese creative. L’ispirazione generale deve essere l’articolo 9 della Costituzione che si rivela sempre più centrale e lungimirante dove si parla di beni culturali e paesaggistici ma anche di ricerca scientifica. Perché è dalla cultura e dal suo strettissimo legame con lo sviluppo, dalla necessità dopo il rigore di ricominciare a crescere, che dipende la nostra rinascita non solo economica ma anche democratica e civile.” (Il Sole 24Ore)
F. È stata, quella qui riprodotta, la parte centrale del discorso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano pronunciato agli Stati Generali della Cultura organizzati giovedi 15 novembre da Sole 24 Ore, Accademia dei Lincei e Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, al Teatro Eliseo di Roma per fare il punto sul Manifesto lanciato dal Sole 24Ore il 19 febbraio scorso.
Discorso importante, definito da qualcuno “memorabile, carico di passione civile”. Soprattutto, evento importante per la sua portata generale, che ci riguarda da vicino anche come comunità locale. Basti pensare che si discuteva il da farsi per attuare i 5 punti del Manifesto: 1. Una Costituente per la Cultura. Cultura e ricerca, secondo l’articolo 9 della Costituzione. 2. Strategia di lungo periodo. In un’ottica simile alla ricostruzione economica che sancì la svolta del Dopoguerra. 3. Cooperazione tra ministeri. La funzione dello sviluppo sia al centro dell’azione di Governo. 4. L’arte a scuola e la cultura scientifica. Siano promosse a tutti i livelli educativi. 5. Sgravi, equità fiscale e merito. Complementarità tra pubblico e privato. Le elaborazioni del convegno si possono consultare sul Sole 24Ore.
Ma perché tutto questo ci interessa da vicino? Almeno per due valide ragioni: 1. Perché Orvieto è uno di quei luoghi che hanno un patrimonio di cultura materiale, di esperienze e di competenze che, se utilizzate come si può e si deve, possono essere parte importante di un futuro non incerto; 2. Perché quei 5 punti indicano una strada di rinascita economica e civile sia per la politica nazionale sia per quella locale.
Orvieto potrebbe essere un punto di eccellenza di questa politica di rinascita imperniata sulla cultura. Basterebbe passare dagli orientamenti distruttivi a quelli costruttivi, dall’interesse spicciolo a quello generale, dall’ignoranza alla sapienza, dalla protervia alla saggezza. Basterebbe? Forse no, ma sarebbe di sicuro un bel cambio di passo e di clima. Ad esempio, si metterebbero a tacere quelli che confondono espressioni come “Teatro di Vigna Grande” con “Teatro Mancinelli”, avendo in odio e l’una cosa, che non conoscono perché non si preoccupano nemmeno di leggere, e l’altra che vorrebbero vedere aperta solo a carnevale. Non sarebbe poco.
P. Ogni volta che sento magnificare la costituzione mi si drizzano i pochi capelli che mi sono rimasti. Perché è quella costituzione che ha previsto quasi mille parlamentari nazionali divisi in due camere che si rimpallano le leggi e lasciano marcire i problemi; che ha previsto regioni a statuto ordinario e speciale che hanno moltiplicato per venti la legislazione e le spese; che ha previsto province che non si riesce a spazzare via e comuni che non si riesce a far collaborare; che ha previsto una magistratura corporativa, inefficiente e onnipotente che fa tanta politica e pochi processi, rendendo endemica l’incertezza del diritto; che non tutela i cittadini dal fisco e il fisco dai cittadini. Tra poche settimane Roberto Benigni celebrerà in tv la costituzione. Mi verrebbe da dire: «A Robbè, facce ride». Con questo non voglio dire che non apprezzi i principi solennemente proclamati nella prima parte della costituzione, compreso quello che riguarda la cultura, ma si tratta di principi di diritto naturale che se non sono attuati dal sistema, lasciano il tempo che trovano. Per quel che riguarda Orvieto, nel mio piccolo, mi sto arrabattando. Ma che fatica! E che pazienza!