Attento all’insegnamento del saggio che assicura che scrivere aiuta a vivere, e siccome a me vivere piace e piace più nell’azione che nella contemplazione, ho trascorso la coda dell’estate e la testa dell’autunno a buttare giù qualcosa per vedere se questo qualcosa riusciva a assumere sostanza, forma e snodi almeno decenti.
A me oggi piace più arrabbattarmi nel raccontare una storia e inventare dei personaggi trovati sotto casa che cimentarmi in ardui saggi storico-filosofici come mi è capitato in passato.
E questo perché raccontare una storia, per quanto scema essa possa essere, ti coinvolge, cioè ne entri a far parte perché facendola vivere ne sei vissuto. Insomma “scrivendo vivi” il che collima con l’affermazione iniziale che “scrivere aiuta a vivere”.
Le mie sono storie semplici e senza grossi drammi, cioè senza cattive notizie e qui vado un po’ contro corrente, e forse è per questo che faccio un po’ fatica, perché, a ben riflettere, tutta la storia della letteratura è una storia di cattive notizie. Fa eccezione un po’ la favola ed un po’ la poesia.
Non è facile scrivere storie semplici e senza grossi drammi. E non è stato facile nemmeno questa volta perché è vero che un’idea ce l’avevo ma non riuscivo a trovare la materia giusta per darle corpo. Poi mi hanno soccorso la lettura casuale di un fatto di cronaca e le risposte di alcuni amici alla seguente domanda:
“Se ti capitasse di trovare, con la certezza di farla franca, una borsa piena di biglietti da 500 euro, (ma anche da 200), o una cassetta piena di lingottini d’oro da un chilo,(ma anche da due), come ti comporteresti?”
Su diversi soggetti interpellati non ricordo di aver trovato due risposte simili. Tutti d’accordo però nel giudicare un’eventualità del genere come un grosso problema e tale da generare molte preoccupazioni.
Da qui ho comunque preso le mosse per un breve racconto interpretato da tipi normali che vivono tra noi su questa Rupe, Rupe che tutti diciamo di amare tanto senza essere però mai riusciti a capire chi è stato in passato ad odiarla tanto, (perché qualcuno per forza deve esserci stato), e se c’è qualcuno che, magari di nascosto, la odia ancora oggi. Ma questo è un altro discorso.
E torniamo al nostro argomento. Se è vero che “chi trova un amico trova un tesoro”, “chi trova un tesoro trova…”,…che trova?
E’ a questa domanda che si ingegna di rispondere, tra lingua e dialetto usuale, il modesto lavoro che dovrebbe essere in libreria prima di questo Natale 2012, “annus horribilis”, anno di crisi, anno di micragna non solo per chi scrive ma anche per chi legge e perciò poche copie, poche pagine, poche lire.
La storia vive nell’arco dell’anno in corso come attestato da varie citazioni di eventi compresa la recente alluvione.
A proposito il titolo dovrebbe essere questo: ”La fortuna nell’anno della crisi. (Il baule di zia Zita)”. Comunque se la cosa andasse in porto sarò più preciso prossimamente.
E per concludere una domanda con risposta a piacere: “in tempi di crisi crudele come questa è meglio trovare un amico o trovare un tesoro,…?!”