Non sarebbe stata mia intenzione ritornare in argomento, ma l’aggravarsi e l’accentuarsi della decadenza etica nei comportamenti pubblici, di pari passo all’allargarsi a macchia d’olio delle indagini giudiziarie in corso, mi inducono a riprendere il filo del discorso anche sulla scia delle mie più recenti riflessioni dal titolo “Il modello De Gasperi”.
Se chiunque coinvolto nel malcostume, incautamente o per superficialità, possa pensare anche solo lontanamente di poter sfuggire, quanto meno, al biasimo collettivo per le proprie malefatte, si sbaglia di molto; per parte mia, in virtù di pace e quiete di coscienza, continuerò a prodigarmi affinché sempre in alto sia tenuto il grado della vigilanza democratica e della non dispersione nella smemoratezza dei fatti e degli atti contrari alle norme dell’Etica e a quelle della Legge.
“Gutta cavat lapidem!”; vale a dire che, sotto l’incalzare del piccone, anche le pietre più resistenti si sgretolano.
Sono altresì ampiamente consapevole che l’alzare l’indice e il puntarlo contro corrotti e corruttori possa aprire la strada al rischio di essere tacciato di facile moralismo o, ancor peggio, di falso moralismo qualora, ad una sana professione di moralità, si lasci spazio ad un calcolato esercizio moralistico di maniera a corrente alternata. Ma è un rischio che mi sento di correre a tutto tondo!.
Oramai risulta chiaro all’intelligenza di ogni onesto cittadino che i partiti hanno invaso e occupato ogni settore – enti, banche, aziende, radiotelevisione e quant’altro – ed esercitano tutti i mestieri, tranne il loro, cosicché non funziona più nulla, nemmeno la politica. Tale realistica constatazione ci assilla da circa un trentennio e già, sul finire degli anni settanta del secolo scorso, fu scontro acceso tra coloro che sollevarono, per primi, la “Questione Morale” e coloro che la negavano.
L’unica colpa che, a posteriori, si può addossare a quelli che sostennero la necessità di “fare pulizia” risiede nella circostanza che, guardando solamente in casa d’altri, sfuggì loro quasi del tutto lo sporco che albergava in casa propria. Proprio ciò che avviene anche nel presente dell’oggi.
Così certo, continuando a far finta di niente, non si può andare avanti. La corruzione seguita a trionfare, apparentemente inarrestabile, ad ogni livello amministrativo e in ogni anfratto pubblico dove la politica, quella maldestra e truffaldina, riesca ad infilare la sua mano lesta.
Del resto, il significato politico della attuale avvilente congiuntura è di tutta evidenza per chi ha ancora occhi per vedere e orecchi per sentire. L’Italia si è data un sistema che offre troppi spazi ai partiti, i quali hanno finito per abdicare ai loro doveri istituzionali trasformandosi in associazioni che puntano a tutto, anche e specialmente all’arricchimento individuale e alla spartizione delle poltrone di comando, tranne che al bene comune. Se ne “infischiano” altamente degli interessi nazionali; pensano ai propri, primo fra i quali, il mantenimento a tutti i costi del potere raggiunto e da non cedere ad altri per nessuna ragione al mondo: la politica non più come servizio, ma come carriera professionistica da cui trarre benefici, privilegi, condizioni di favore o come “refugium peccatorum” per falliti, inetti, incapaci o, peggio ancora, per veri e propri malavitosi.
Da qui, dalla palude del malcostume, al furto delle coscienze il passo è davvero breve: la linea di demarcazione tra lecito e illecito sta divenendo sempre più labile e a furia di parlare, spesso a sproposito, di moralità non praticate, le stesse si sono svalutate al punto di svanire in una sorta di dissolvente evaporazione tanto da non saper più distinguere ciò che è morale da ciò che non lo sia.
La malapolitica è in procinto di defraudarci anche della semantica ma, chi ruba, dovrà inevitabilmente pagare fino in fondo il suo conto debitorio alla Giustizia, nel nome delle leggi scritte e massimamente di quelle naturali.