L’autunno colorato dai tigli si illumina da noi verso la fine di ottobre quando la grande luce del pomeriggio esalta il trionfo di quel nastro dorato che da Porta Romana si snoda giù fino alla Segheria e che poi scavalcato il Ponte del Sole gira a destra e s’avvia ora salendo verso il Camposanto per accendere un lume a coloro che dormono sulla collina tra i cipressi.
Certo non è più l’autunno delle arature sterminate, degli immensi buoi bianchi, del luccichìo degli aratri d’acciaio e dei fumi che dai solchi del piano salivano ad accarezzare gli strapiombi della Rupe portando fin quassù il profumo delle ferite fresche della nostra terra. Non è più quell’autunno, ma è pur sempre la stagione che accende di rosso e di giallo i grandi boschi, e le vigne, e gli orti, e le siepi e che in città colora i giardini, le verande, le aiole, i pergolati e i platani venerabili della Gonfaloniera e i tigli odorosi di Porta Romana.
I pomeriggi sono brevi e la luce è violenta come se l’azzurro del cielo distilli colore sugli alberi animando mulinelli di scintille che corrono, si rincorrono e s’impigliano e non riuscendo poi a districarsi scivolano in su e in giù per i tronchi, si trastullano sui rami spezzati, saltano e rimbalzano di foglia in foglia e quindi fuggono per le ultime trame degli alberi dileguandosi a sprazzi in un frullìo di scintille d’argento nella luce violastra del crepuscolo.
E allora hai la sensazione che in questo incantevole gioco d’autunno, pieno di silenzi di frescure e d’umido, e quando il sole ti accarezza con le sue ultime morbide ombre, ogni raggio, ogni luccichìo, ogni tremolìo, si stia lasciando lentamente morire, ma che viva questo suo spegnersi quasi con voluttà, come se ciascuna e tutte le scintille d’argento siano certe, assolutamente certe che all’inverno delle grandi solitudini seguirà un’immensa, dilagante e festosa primavera.
E’ l’estate di S.Martino la stagione che tutti aspettiamo così come si aspetta un treno sui marciapiedi di una stazione senza conoscere l’orario. Non sappiamo quando ma tutti speriamo che arrivi.
E’ una stagione breve ma sontuosa per il sole violento che quasi ti stempia e ti fa starnutire ed opulenta per la ricchezza delle sfumature del rosso, del bruno e del giallo, che nascono e muoiono l’una nell’altra per i giochi e gli intrecci dell’ombra e della luce.
Ma è anche la stagione di un sole giocondo, festoso e che dà, per il tempo che dura, quasi l’impressione che intorno a te sia sempre domenica mattina.
Forse è un colpo di coda dell’estate trascorsa o un piccolo anticipo della primavera ventura.
E’ il tempo della libertà di sognare, di sperare, ed anche di sorprenderci a sorridere, magari così senza motivo, ma solo perché pensiamo che prima o poi dovrà pur succedere intorno a noi qualcosa che ci faccia sorridere ancora.
S.Martino è un po’ come il grande sabato del villaggio globale, come il sabato sera del villaggio globale, quando chi può suona, zompa, canta e si trastulla e chi non può sogna, ricorda e rivive i tempi suoi cullato dal lamento dei violini di autunni lontani.
L’uomo e la città hanno bisogno del sabato più che della domenica. Quello che è certo è che non possiamo vivere un in pesante eterno lunedì e con un sabato solamente presunto o promesso così come siamo costretti a fare adesso.
Certo trattiamo di illusioni ma, in fondo e a ben vedere, siamo stati un po’ tutti alimentati e cresciuti con illusioni, tra chiacchiere e promesse, discorsi e proclami, balli e canti, nani e ballerine, moniti e scandali, e ciò nonostante viviamo ancora in attesa dell’impegno,…dell’onestà,…della pulizia,…del rispetto,…della sincerità,.. della giustizia,…ci speriamo,..ci crediamo,…!
Ancora non arrivano,..?! E noi continuiamo a sperare,…e ad aspettare così come fanno quei viaggiatori che aspettano un treno senza orario o come fa la guarnigione della fortezza Bastiani nel Deserto dei Tartari,…! Che cosa dovremmo fare,…?! Impiccare chi ci illude o ci imbroglia,…?! Ma questo, prima o poi, se lo faranno da soli,…!