Da anni, forse da alcuni decenni, e cioè da quando nella sfera della “Politica” si è insinuato con veemenza il fenomeno del malcostume e del malaffare, schiere di legislatori o presunti tali si sono vanamente e inutilmente destreggiati per varare una legislazione “anticorruzione” senza, però, arrivare mai a definirla compiutamente e ad approvarla celermente.
Quanto sopra in ragione di veti incrociati, di contrasti insuperabili, di volontà nolenti e, massimamente, per il fatto che il Parlamento nazionale è stato nel tempo ridotto a miserevole “postribolo”. Non solamente, sommando sciagura a sciagura, quello nazionale ma, anche, quelli delle Regioni d’Italia.
Prendiamo atto di ciò senza con questo rassegnarci o, peggio ancora, abbandonare e recedere di un solo centimetro da quella linea di trincea difensiva che potremmo appellare il “Piave del riscatto morale, civile e politico del Popolo Italiano”.
Ora, sembra, che qualcosa si stia muovendo!.
Se comunque dovesse persistere ostinata volontà di omesso legiferare in materia, la linea del Piave va ricercata altrove e una, tra le altre, può essere individuata in quello che mi sento di battezzare come “Il modello De Gasperi”.
Avete letto bene!. Sì, prendere a modello lo stile e lo stigma di vita di Alcide De Gasperi, probabilmente l’unico vero statista che la nostra Patria abbia avuto dal dopoguerra ad oggi.
Ispirato ed illuminato dagli ideali esistenziali contenuti nel “Neotomismo Sturziano”, approdò alla ferrea e risoluta convinzione che per essere un buon politico bisognava essere, prima, un onesto e fedele cittadino fondando detto principio sul valore della coerenza.
Alcuni esempi di tale congrua coincidenza tra vita privata e vita pubblica, li si possono intravedere nella descrizione a seguire: visse sempre e soltanto del suo intenso ed instancabile lavoro intellettuale; alla moglie Francesca che, qualche volta, gli rimproverava la eccessiva sobrietà della loro esistenza materiale rispondeva, con tenera dolcezza, che non mancavano di nulla dell’essenziale e che tutto ciò che sapeva di superfluo andava considerato alla stregua di un peso da evitare; del suo stipendio di Parlamentare, corrispondente a meno di un terzo di quelli attuali, la metà lo devolveva alle necessità del Convento dove fu novizia e poi suora sua figlia Lucia; non sarebbe mai stato proprietario di una abitazione di famiglia se non fosse intervenuta una libera e spontanea sottoscrizione popolare che gliene fece dono e che, dopo lunga riflessione e tormento di coscienza, accettò seppur con riluttanza e dubbio etico; per obiettive ragioni di contingenza e di sicurezza, essendo il Presidente del Consiglio dei Ministri, usufruì di una vettura di media cilindrata con autista poiché non patentato mentre, altrimenti, si sarebbe servito della sua diletta bicicletta così come si atteggiò per tutto il corso della sua vita; l’autista e Angela, la collaboratrice domestica, venivano compensati delle loro prestazioni lavorative con una mercede corrisposta di tasca propria.
Quale è l’insegnamento sotteso a tale modello comportamentale?.
Risiede nel fatto che la conformità alle leggi morali non dovrebbe essere il risultato di una osservanza imposta da norme di diritto positivo cogenti e imperative e provviste di severe sanzioni, bensì dovrebbe essere il risultato di una spontanea e volontaria e consapevole adesione alle leggi morali stesse. Non tanto, dunque, “Debbo essere onesto”, quanto piuttosto “VOGLIO ESSERE ONESTO”.
“Ad adiuvandum” e per completezza espositiva, mi pregio riportare uno stralcio dello “Endecalogo Etico” pubblicato quale prologo alla biografia di San Pietro Parenzo, edita dal Centro Orvietano di Vita Politica. Il riferimento specifico è rivolto alla figura dell’Amministratore Comunale ma, è di tutta evidenza, che in detta figura debba rispecchiarsi ogni amministratore della “Res Publica”.
Così prescrive l’annunziato Codice Etico: “Gli Amministratori Comunali agiscono esclusivamente nel pubblico interesse ed evitano scrupolosamente di partecipare alla formazione di atti che possono recare vantaggi a se stessi, ai familiari o agli amici, anche quando la legge non sancisca l’incompatibilità; si impegnano a contrastare ogni comportamento discriminatorio e a vigilare affinché siano rispettati i princìpi di uguaglianza e pari opportunità tra i cittadini e, in particolare, si impegnano a rimuovere gli ostacoli che scoraggiano o emarginano i capaci e i meritevoli; considerano il patrimonio pubblico un bene di tutti e lo utilizzano sapientemente a vantaggio esclusivo della comunità; esigono da se stessi una preparazione adeguata ai compiti che assumono; se decidono, nel corso del loro mandato, di cambiare linea politica ne spiegano pubblicamente i motivi e assumono con cristallina chiarezza una posizione di maggioranza o di minoranza ai fini, ineludibilmente, del corretto funzionamento della dialettica democratica; osservano inoltre comportamenti esemplari per la civile convivenza, non solo rispettando le norme giuridiche, ma anche attenendosi alle regole morali dell’onestà e della buona creanza, consapevoli di essere particolarmente osservati e giudicati dai cittadini”.
Per voce mia, tutto il Popolo Orvietano e le civili genti di “ognidove” esortano ogni pubblico amministratore, sia di fonte elettiva che di nomina, a sottoscrivere anche in via telematica i precetti testé descritti e ad essi uniformarsi, conformarsi e renderli esecutivi.