Ore 16, Campo 6 Finale Emilia “un silenzio assordante”
Il Campo 6 ha chiuso questa mattina alle ore 10 quando gli ultimi ospiti della tendopoli sono saliti sugli autobus per andare verso gli alberghi di destinazione. E’ sempre difficile descrivere una partenza, specialmente dopo che sei convissuto per 5 mesi con delle persone che con te si sono confidate, ti hanno raccontato dei loro problemi delle loro paure, delle loro felicità per un nuovo figlio nato, per un figlio che nel frattempo si è sposato, per qualcuno che se ne andato.
Dentro la testa ti corrono immagini, volti, storie che ti hanno coinvolto, nomi. Lorenzo, Samir, Maruan, Carmelina, Scerkaui, Khalil.
Inshallah, ciao, arrivederci, ognuno a salutarti con la su lingua la sua tradizione.
Reggere la commozione non è semplice. Eppure in questo micro mondo che è il campo 6 abbiamo imparato che la convivenza tra diverse culture, modi, religioni è possibile.
Pare che gli uomini riescano a dare il meglio di sé solo quando ci sono sciagure come i terremoti o le alluvioni.
Ripercorro con la testa questi mesi e penso a come si sia riusciti a cucinare, pregare, suonare musiche, ballare, ognuno con il proprio bagaglio culturale.
Questo è valso anche per i volontari, un miscuglio di dialetti, emiliano, romagnolo, orvietano, ternano, perugino, eugubino-gualdese, misto a veneto, calbrese e siciliano.
Divise diverse, blu e rosso dell’ANC, giallo e blu di alcune associazione di volontariato, solo blu dei Regionali, e poi quelli della F.E.D.R.V.A.B., razza a parte, organizzatissimi, grandi logisti, gente da montaggio tende in poco più di mezz’ora. Storie anche di vini, di culture enogastronomiche.
E poi i racconti di chi è arrivato dieci o più anni fa dal Magrbeb, dall’Albania o dal sud Italia e qui ha trovato lavoro e fortuna, fino a quel maledetto 22 maggio, dove sembrava che ogni prospettiva si fosse interrotta, ogni speranza spezzata. Dura ricominciare a vivere a 30 e più chilometri di distanza da Finale Emilia, con le alzatacce dei bambini alle 6 per andare a scuola, ma stare in tenda non era davvero più possibile. Posti di nebbia questi che ti entra nelle ossa, con l’umidità simile a pioggia.
Sono le 16 del 20 ottobre, in questo “silenzio assordante” senza il vociare dei bambini o delle donne Magrebine intorno alla saggia vecchia, restano i ricordi di una esperienza dura e meravigliosa, rapporti che nessuna lontananza saprà spezzare.
Adesso il rumore prevalente del campo 6 sono i ferri delle tende che cadono a terra, dei martelli che smontano i pali di sostegno dei teli ombreggianti, l’andare e rivieni del muletto manitù che trasporta ciò che resta del campo nei container. Avremo da fare per almeno altri 15 giorni per smontare e riporre tutto in ordine. Buona fortuna a tutti e tutte e che presto possano tornare alle loro case.
Inshallah, ciao, arrivederci.
Un grazie ai tanti volontari umbri che sono stati qui al Campo 6 di Finale Emilia, in particolare a tutti quelli del comprensorio orvietano; Orvieto, Baschi, Montecchio, Monteleone, Guardea, San Venanzo, a Mario Gaddi e Gianpaolo Pollini chi mi hanno supportato e sopportato nei momenti più difficili o di scoramento e grazie alle Amministrazioni Comunali che ci hanno permesso di vivere questa esperienza. Un abbraccio e un grazie a Ilario Morandi un vero uomo di Protezione Civile.
Giuliano Santelli Campo 6.