Ritengo di non affermare nulla di sconvolgente se confesso che mi succede sovente di provare un senso di smarrimento e di spavento ogniqualvolta, per avventura, mi capiti di sfogliare le pagine di un qualsiasi organo d’informazione. Il nero della vita lì si evidenzia in tutta la sua crudezza.
Scandali e corruzione, immoralità e ingiustizie, diseguaglianze e depredazioni parrebbero non suscitare più alcun clamore o risentimento tra la pubblica opinione tanto siano all’ordine del giorno di ogni giorno come fossero, irreversibilmente, dei morbi inguaribili ai quali ci si è rassegnatamente assuefatti.
Su tale rassegnazione popolare, ovviamente da superare e sconfiggere con le armi della denuncia e del coraggio, puntano proprio tutti coloro che vorrebbero mantenere in piedi il sistema dei privilegi e dei lussi per ristrette cerchie elitarie a danno e detrimento delle moltitudini, rurali ed urbane, sempre più povere e disperate.
Fra le innumerevoli altre, è di questi ultimi giorni la notizia sconcertante di quanti “voraci pappalardi” si aggirino ancora, nonostante la crisi “lacrime e sangue” in atto, tra le maglie della pubblica amministrazione. Eccovene alcuni esempi.
In Piemonte, il sindaco Fassino del PD, appena insediatosi, ha visto bene di assumere alle dipendenze del Comune di Torino un tal Gianni Giovannetti, con funzioni di portavoce e curatore d’immagine, garantendogli uno stipendio annuo di 190.000 euro gravante, naturalmente, sulle già esangui casse comunali. A solo titolo di beffardo paragone, si tenga presente che l’omologo del Presidente degli Stati Uniti ne guadagna meno della metà.
Nelle Puglie, il governatore Vendola, sedicente difensore dei diritti delle genti, consente una spesa annua di circa un milione di euro tra i propri emolumenti e quelli dei suoi più stretti collaboratori. In California, uno degli Stati più ricchi al mondo, per le stesse prestazioni pubbliche l’esborso è inferiore del 40 pro/cento.
Nel Lazio, a dispetto di un elevatissimo rischio di bancarotta per conti pubblici oramai fuori controllo, la governatrice Polverini si permette di ulteriormente dissipare il danaro dei contribuenti per spese di apparato personale del tutto ingiustificate e inaccettabili. Sorvolando poi sul fatto che, nello scorso mese di Agosto e per un suo banale stato di malattia, ha preteso ed ottenuto lo sgombero di un intero reparto ospedaliero per averlo a sua totale e completa disposizione.
E in Umbria non accade nulla di analogo o di similare?.
Ebbene, e valga a mo’ di campione, dopo appena otto mesi dall’entrata in esercizio della nuova azienda regionale dei trasporti “Umbria Mobilità”, quest’ultima è già acceduta in rilevanti difficoltà finanziarie a causa, principalmente, della pletora di direttori e funzionari da remunerare profumatamente.
Sprechi, mani bucate, dilapidazioni per spese pubbliche improduttive non sono più tollerabili; chi vuole per sé dei portavoce, dei capi di uffici-stampa, dei curatori d’immagine se li paghi di tasca propria e non sottragga risorse economiche, già limitatissime, al doveroso sostegno da rendere alle fasce più deboli e povere della società.
La povertà di per se stessa non è affatto una vergogna; anzi, per dirla all’antica: “Paupertas artes omnes et virtutes perdocet”, la povertà insegna tutte le arti e le virtù.
La vergogna vera è tutta invece di coloro che, per cupida avidità di arricchimento individuale, strappano il pane dalla fragile bocca del popolo degli affamati. Affamati non del solo pane di farina, ma anche e soprattutto del pane di Giustizia.