Fausto Cerulli ha vinto la sezione poesia del premio letterario L’incontro di ieri e di oggi, di Trino Vercellese.
Questa la motivazione delle giuria, che ha evidentemente compreso il nostro poeta.
“Un nome, una garanzia, è proprio il caso di dirlo. Anche se noi abbiamo votato gli autori che sono stati messi in forma anonima, ovviamente, ma Fausto Cerulli, per chi lo legge e segue, è riconoscibile per lo stile preciso, unico, inimitabile, grande. Il Voltaire dei nostri giorni con il tema inerente all’incontro ci è andato a nozze e naturalmente ha seguito il filone che a lui più è congeniale. Magistrale, intrigante, forte, luminoso, classico e romantico, con tutta la sua irrequieta dirompenza lirica, il nostro poeta ha conquistato i voti più alti. Ha usato fonemi in chiaroscuri consapevoli, come se la sua penna fosse ormai ammaestrata, perché Fausto è l’inconscio e il conscio, il poeta per antonomasia, il fluido dire che sa cantare”.
In premio pubblicazione gratuita di un volume contenente dalle 30 alle 50 poesie con la casa editrice “Edizioni R.E.I.” e assegnazione di 30 copie all’autore. E i complimenti della redazione di orvietsi.it.
Fate morire in voi gli atteggiamenti
che sono di questo mondo immondo,
io non voglio avere più a che fare
con chi non è immortale, non
voglio partecipare al funerale
dei miei amori. Ora, illustre
Teofilo, io ti scrivo tutto con
ordine, partendo da quel giorno
In cui erode e pilato diventarono
amici, amici per la pelle
di cristo. E questa donna
che aveva così poco da dare
ha dato tutto il poco che aveva,
e il poco è diventato molto,
e lei è venuta in paradiso
con quei due delinquenti
dei ladroni. E con quella
puttana fatta per sempre
innocente, sì, la mia
amata Maria Maddalena.
Io sono apparso a lei
dopo i tre giorni tre
della mia morte, io,
ho accarezzato il suo volto
rigato di lagrime. Lei è
andata dai dodici, esultante,
ha detto che mi aveva visto,
che le avevo toccato i capelli:
non le hanno creduto,
hanno chiamato pazza
la mia Maria di Magdala., lei
che profetizzava il paradiso.
La peccatrice venne con un vaso
di unguenti, mi baciò le piaghe,
aveva i capelli sciolti
come fossero serpi buone.
Il suo peccato ha salvato
l’anima delle donne, di tutte
le mie donne.
I mietitori sono gli angeli,
lo dicono Marco e Rilke,
parlando per parabole.
***
Io ti avevo accarezzato la fronte,
forse non hai sentito la mia mano,
forse l’ hai sentita in quel poco
di anima che ti restava coscienza,
forse sorridevi senza darlo a
vedere con la tua ironia interiore
gentile e geniale. Quasi dormivi,
come in un sonno elegante.
Forse non volevi vedermi commosso,
per non commuoverti troppo.
***
Circostanziate vendette, aspre
quasi frutta raccolta fuori tempo,
lo sguardo del fanciullo prossimo
al pianto, la facile lascivia
della donna acconciata
al tradimento, il morto amico
di suicidio a vendicare
il poco amore che gli ho dato
e molto mi sembrava, le nuvole
allacciate ai muscoli del vento,
le rondini impazzite nella cella
del mio convento, teschio
sul tavolo di assi malandate,
e il vangelo inventato in eresia
per regalarci un Dio ruffiano,
e questa morte che adesso
mi percuote di smania
d’esser morto: le sottili
vendette costruite intorno
al torto non subito, mentre
giugno prefigura la memoria
di quell’addio non detto
che scuote in dolce furia
la mia anima. Ora disegno
simulacri di sante e di puttane.