Lo scandalo della Regione Lazio ha messo in luce per l’ennesima volta una verità che si tende a dimenticare: gli esseri umani, pur essendo dotati di una coscienza morale, sono tendenzialmente peccatori. Il poeta romano Ovidio, agevolato dalla meravigliosa proprietà di sintesi della lingua latina, scrisse un verso memorabile: Video meliora proboque, deteriora sequor [conosco il bene e lo apprezzo, ma faccio il contrario]. La dottrina cristiana diffuse poi l’antica consapevolezza ebraica del fenomeno, basata sulla tentazione diabolica, che, dopo il suo esordio nell’Eden, sarebbe stata attiva sino alla fine dei tempi.
Chi si scandalizza di come va il mondo, ma non crede nel peccato originale, diventa rivoluzionario o riformista. Attualmente, almeno nei settori del pianeta dove non si sentono i morsi della fame, prevale l’atteggiamento riformista.
Un tipico riformista italiano, non per niente ospitato dal Corriere della Sera, se la cava così: «C’è una lezione che impartiscono gli scandali da cui veniamo sommersi a giorni alterni. Vale per le regioni, vale per i partiti. Perché viaggiamo a cavalcioni di un elefante. Ecco il problema. E l’elefante mangia in proporzione alla sua stazza. Quindi, o mettiamo a dieta il pachiderma o montiamo in sella a un animale più leggero. Quanto alle regioni, vuol dire sforbiciamone le troppe competenze. Se non altro, gli incompetenti smetteranno di procurarci danni » (Michele Ainis).
Il riformista non può prendere atto che il sistema regionale italiano è una porcata ed è alla base dallo sfascio dell’Italia. Pertanto non va riformato, ma abolito. Se ne prendesse atto, il riformista odierno dovrebbe ammettere che i riformisti che fecero la costituzione e quelli che l’attuarono presero una solenne cantonata. Infatti confidarono nell’intelligenza umana e non tennero conto che moltiplicando i centri di potere autonomo si moltiplica la corruzione e lo spreco, e si complica la vita ai cittadini.
Se avessero creduto nella divina Provvidenza, si sarebbero accorti che tra le cose preziose che essa aveva dato all’Italia c’erano cento città bellissime, alcune delle quali le più belle del mondo, e a ciascuna di queste città facevano contorno, partecipando della loro luce, migliaia di cittadine, di paesi, di villaggi e di fattorie. Cento province con autonomie controllate dall’autorità dello stato nazionale avrebbero risposto all’assetto provvidenziale dell’Italia.
Invece di resettare le regioni, ci si balocca riformando male le province,.
Grazie a Dio, non ci sono più i soldi per peggiorare le cose.