Prendo spunto dall’articolo di Mario Tiberi dell’Alfabeto per Orvieto D come dimissioni, per proporre queste riflessioni. Giustamente Mario afferma non dimissioni, ma ammissioni, quindi non più tutti a casa piuttosto: TUTTI IN COMUNE, da non intendersi come una minaccia per riappropriarsi fisicamente dello spazio “momentaneamente” (lo virgoletto per Loro non per noi) occupato da parte di chi ci governa(non voglio essere rivoluzionario in quel senso…) Tutti in comune come un tentativo da parte delle donne, degli uomini orvietani di arrivare ad essere protagonisti in questa nuova fase, direi quasi copernicana, questa volta rivoluzionaria sì, scomodando una metafora forse azzardata, della vita comunale, all’interno di quella struttura dal “vuoto apparente”, che sembra sempre più spesso somigliare al castello dell’omonimo romanzo di Franz Kafka.
Le cittadine e i cittadini, Noi in-somma, potremmo, anzi dovremmo riposizionarci al centro di quell’attività propositiva, ideale, ma anche fattiva, organizzativa e legislativa che ci appartiene di diritto. Come Copernico aveva ridato al sole la sua giusta e naturale posizione al centro dell’Universale, che una chiesa chiusa gli aveva indebitamente tolto, allo stesso modo Noi dovremmo sentire l’esigenza, quasi come un imperativo, a ricollocarci centralmente in quel sistema comunale, dal quale una casta monadica per troppo tempo ci ha tenuti lontani.
Il messaggio deve essere rivolto sia alla minoranza che alla maggioranza, affinché comprendano che è il momento di allargare, di estendere ad una TOTALITA’ la possibilità di un governo che partecipi delle scelte e che si faccia a sua volta carico anche degli errori che un simile officio comporta.
Abbandonando la divisione cartesiana della res cogitans e res extensa, per calarla nel nostro discorso politico, inteso come polis, da una divisione fra destra e sinistra, o centrodestra e centrosinistra, si dovrebbe giungere ad una unione di massa, che si trasformi in massa critica e allo stesso tempo autocritica, tenendo desta e all’erta l’attenzione di coloro i quali sono stati designati per disegnare, mi si passi il gioco di parole, lo scenario orvietano attuale. Volontariamente non parlo di scenario futuro poiché, a mio avviso, questo esiste solo in virtù del fatto che si lavora su un oggi che è più facilmente inquadrabile e gestibile, rispetto a quel dato lontano che è l’al di là da venire. E’ facile anzi pensare che nel futuro tutto sarà risolto o sistemato, più difficile risolvere le cose nel momento in cui queste si presentano.
Esiste solo un Presente, dove possiamo e dobbiamo intervenire materialmente e fisicamente, per creare le condizioni che permettano di decidere e di incidere direttamente sulla nostra vita, per far sì che questa non scivoli verso la sopravvivenza, ma sbocci in un’esistenza piena e consapevole.