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Cast internazionale per “La Traviata” al Mancinelli

Redazione by Redazione
29 Agosto 2012
in Cultura, Archivio notizie
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Cast internazionale per “La Traviata” al Mancinelli

Mercoledì 29, Giovedì 30 e Venerdì 31 Agosto

ore 21.15, – ORVIETO – Teatro Mancinelli “Spazio Musica Opere e Concerti 2012”

Grande attesa per “La Traviata”, l’opera più amata e conosciuta di Giuseppe Verdi, che andrà in scena mercoledì 29, giovedì 30 e venerdì 31 agosto alle ore 21.15 nella bellissima cornice del Teatro “Luigi Mancinelli” con il patrocinio del Comune e della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto. Lo spettacolo, prodotto dall’Associazione Spazio Musica sarà interpretato da giovani cantanti già in carriera, provenienti da tutto il mondo, che, giunti ad Orvieto, si sono perfezionati nell’esecuzione dell’opera mozartiana sotto la guida di maestri di chiara fama come il direttore Marco Zambelli, la cantante e regista Gabriella Ravazzi e il pianista Carlo Caputo.

Lo spettacolo che va in scena è frutto di una lunga preparazione durata un mese che ha visto gli interpreti lavorare nell’ambito del “Laboratorio Lirico Spazio Musica”, prestigiosa realtà che da anni porta al debutto giovani artisti. Sul podio, a dirigere l’Orchestra Spazio Musica, il vincitore del V Concorso Internazionale per Direttori d’Opera “Luigi Mancinelli” Daniel Smith proveniente dall’Australia e i giovani direttori che hanno partecipato al laboratorio di direzione d’orchestra. Il 29 Agosto il ruolo della protagonista sarà interpretato dal soprano kazaco Yelena Violetta Kolomoyets; Jun Yeon Kim, tenore coreano, sarà Alfredo, Hyun Kyu Ra, baritono coreano, interpreterà Giorgio Germont, tutti vincitori del Concorso Internazionale per Cantanti Lirici svoltosi in Luglio ad Orvieto; a completare il cast Hiromi Yokobori, Michele Patti, Benoit Serceau, Giuseppe Panaro, Alain Lioure, Maiko Saito. Nelle recite del 30 e 31 Agosto si alterneranno nel ruolo di Violetta Aurora Bernava e Daria Kovalenko, Alfredo sarà interpretato da Mario Alves e Tomoaki Watanabe, Giorgio Germont sarà Alexander Kasyanov, Flora sarà Laila Khaleeli.

Regia di Gabriella Ravazzi, fondatrice e Direttore artistico di Spazio Musica. Da quindici anni molto attiva come regista d’opera, ha messo in scena più di venti titoli del grande repertorio operistico. In oltre trent’anni di carriera ha cantato in ruoli principali circa 120 opere ospite dei più importanti teatri europei (Scala di Milano, Opera di Parigi, Gran Liceo di Barcellona, Regio di Torino E Parma, Teatri Dell’opera di Roma, La Fenice di Venezia, S. Carlo di Napoli, Massimo di Palermo, Real di Madrid, Ente Arena di Verona), e tenuto concerti nelle più prestigiose stagioni in Italia e all’estero. Ha inciso dischi e CD. Le sono stati assegnati i premi: NOCI D’ORO e STHENDAL e nel ‘94 il 1° premio delle Scuole di Canto Italiane. Già docente di Conservatori di Stato, tiene corsi e Master Classes in Italia e all’estero.

I costumi provengono dal Teatro San Carlo di Napoli, le luci sono di Graziano Albertella, light stilist designer del Festival dei due Mondi di Spoleto.

Carlo Caputo, pianista e compositore, è maestro collaboratore di sala presso il Teatro Regio di Torino. Dal 2000 si dedica alla direzione d’orchestra con particolare interesse per il repertorio operistico che ha approfondito collaborando con direttori quali B. Bartoletti, Y. Aronovitch, B. Campanella, E. Pidò, M. Plasson, R. Abbado, J. Tate, S. Bychkov. E’ stato assistente del M° E. Pidò al Theatre des Champs-Elysèes a Parigi per l’allestimento dell’opera Don Giovanni e nel settembre 2007 all’Opera Bastille per l’Elisir d’amore.

Marco Zambelli, diplomato in Organo al Conservatorio “Paganini” nel 1983 e ha ottenuto il Premier Prix de Virtuosité nella classe di Lionel Rogg a Ginevra nel 1986 e il 2° premio al Orgelwettbewerb di Kaltern. E’ stato Maestro del Coro all’Opera di Lione e assistente di Maestri quali M. Arena, B. Campanella, E. Krivine, N. Marriner e J. E. Gardiner. Ha diretto repertorio sinfonico e operistico praticamente in tutti i continenti (dai Paesi Scandinavi a Israele, dagli USA all’Estremo Oriente, dalla Nuova Zelanda al Messico) ma soprattutto in Europa, dove è apparso alla testa di Orchestre come la London Philharmonic, la Royal Liverpool Philharmonic, la BBC NOW, la OSPA, la TSO, la Philharmonie de Monaco, la Jerusalem Symphony, la ICO, la Prague Philharmonia, la Radio Ungherese ecc., da solo o in compagnia di artisti quali Julian Lloyd-Webber, Peter Wispelwey, Leo Nucci e Rolando Villazon. In Italia ha diretto al San Carlo di Napoli, al Regio di Parma e di Torino, alla Fenice, al Festival Donizetti, a Cagliari, Genova, Catania ecc.

Ha registrato per la BBC, la TV Nazionale della Repubblica Ceca e Virgin Classics.

I biglietti, del costo di € 22,00 intero e € 18,00 ridotto, possono essere acquistati in loco oppure prenotati al numero telefonico 338 9572665 e ritirati presso la biglietteria aperta un’ora prima dell’inizio dello spettacolo.

Notizie sull’opera

“Ah della traviata sorridi al desìo, a lei deh perdona, tu accoglila, o Dio”

(Violetta, atto III scena IV)

La Traviata, opera in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, vede la luce nel 1853 e viene tradizionalmente inserita nella cosiddetta “trilogia popolare” insieme al Rigoletto (1851) e al Trovatore (1853). Tre opere destinate ad una fortuna eccezionale, le cui arie e i cui duetti sono entrati prepotentemente nel sentire comune. Tre opere che si reggono anche sulla forza e sull’originalità dei loro personaggi: un buffone di corte, una zingara assassina, una prostituta d’alto bordo. Personaggi socialmente marginali. Verdi li pone sotto l’occhio di bue del palcoscenico, attraverso di loro compie una “stilizzazione melodrammatica, una concentrazione alfieriana del dramma in pochissimi eroi essenziali. […] L’eroe, snaturato da enormi e smisurate passioni, riacquista attraverso il dolore e l’amore la sua umanità” (Massimo Mila, Breve storia della musica, Einaudi 1963). Ecco allora la Traviata, o meglio Violetta Valéry, la cortigiana parigina protagonista dell’opera lirica più rappresentata nella storia. Certa critica ha voluto vedere nella scelta di questo soggetto un avvicinamento alla vicenda personale di Verdi, compagno di Giuseppina Strepponi senza esserne il marito. Un legame mal visto dai più, soprattutto mal digerito dal padre di lei. I due – si racconta – cercano di sfuggire per un po’ al giudizio sulla loro unione andando a Parigi. E qui Verdi assiste alla rappresentazione de La dame aux camélias, dramma teatrale in tre atti di Alexandre Dumas figlio, andato in scena nella capitale francese il 2 febbraio 1852. Le vicende della prostituta Marguerite Gautier descritte da Dumas si rifanno alla storia vera di Alphonsine (detta Marie) Duplessis, una ragazza conosciuta personalmente da Dumas e morta giovanissima. Per Verdi è una folgorazione e decide che quello diventerà il soggetto della sua prossima opera per La Fenice di Venezia. Insieme al librettista Francesco Maria Piave definisce la vicenda e dà a Margherita un altro nome, ugualmente floreale (a sottolineare la caducità del personaggio, proprio come la camelia che lei regala ad Alfredo) e forse destinato a scavalcare il primo: Violetta.

La Traviata si scontrò con la censura sia prima che dopo l’esordio: un tema scabroso unito ad un’ambientazione contemporanea, nessuna concessione consolatoria, nessuna illusione di allontanamento per la società borghese dell’epoca. Se ne voleva cambiare il titolo in Amore e morte, se ne voleva ambientare la vicenda almeno un secolo prima. Ma Verdi non si diede per vinto. Alla prima rappresentazione per la Fenice di Venezia la Traviata fu un fiasco totale: sbagliati gli interpreti, fastidioso il soggetto, ancor più fastidiosa l’attualità del contesto. Andò meglio la rappresentazione del 1854, sempre a Venezia e con un’ambientazione settecentesca che assecondava di più i gusti del pubblico (ambientazione tenuta fino a tempi quasi recenti). Ma meglio ancora andarono le esecuzioni successive, dove la Traviata venne consacrata come uno dei capolavori dell’autore e una delle opere liriche più amate dal pubblico, immortalata, tra le altre cantanti, dall’appassionata interpretazione di Maria Callas per la regia di Luchino Visconti.

Un mito, si potrebbe dire, una figura immortale di donna che ha attraversato indenne tutti i mezzi artistici (letteratura, musica, cinema, pittura, anche televisione) e che – come Margherita o come Violetta – ha sempre richiesto interpreti d’eccezione: dalla Bernhardt alla Duse, dalla Garbo alla Callas, fino alle recenti varianti con Julia Roberts e Nicole Kidman.

Qual è la sua storia?

Siamo nella Parigi di metà Ottocento e tutto ha inizio in casa della bella e giovane Violetta Valéry, famosa cortigiana. C’è una festa: Violetta sa di essere gravemente malata e vuole dimenticare la sua condizione tra danze e vino. Il suo amico Gastone le presenta Alfredo Germont, un giovane incantato dell’incredibile fascino di lei, che le dedica un brindisi. I due ballano insieme, cosa che non sfugge all’amante abituale della donna, il barone Douphol. Improvvisamente Violetta, allontanatasi dagli altri invitati, si sente male. Viene raggiunta da Alfredo che le dichiara il suo amore. Violetta nicchia, dice di non credere ai sentimenti, ma alla fine gli regala un fiore. È una camelia: quando sarà appassita Alfredo potrà rivederla. Il giovane se ne va pieno di speranza e Violetta, a festa finita, accarezza un’idea spregiudicata: lei, una cortigiana, per la prima volta si potrebbe innamorare sul serio. Ma subito fugge al pensiero e canta con gioia alla sua vita di piaceri.

Salto temporale. Violetta ha ceduto all’amore di Alfredo e ora i due vivono felici in una villa di campagna, lontani da Parigi. Versano in cattive condizioni economiche, e Violetta decide di vendere i suoi gioielli e i suoi averi per pagare i debiti di lui e poter continuare la convivenza. Alfredo non riesce ad accettare la cosa: parte per Parigi alla ricerca di soldi. In sua assenza arriva il padre, Giorgio Germont. Prima aggredisce Violetta accusandola di voler rovinare il figlio e poi, quando scopre che in realtà le spese sono tutte sostenute da lei, le chiede l’impossibile: lasciare Alfredo, liberandolo così da un’unione scandalosa che lo macchia d’infamia e che impedisce alla sorella di lui di trovare marito. Violetta all’inizio rifiuta recisamente – Alfredo è tutto ciò che ama, la sua unica ragione di vita – ma poi accetta per il bene del suo amante. Mentre gli sta scrivendo una lettera d’addio, di cui ometterà il vero motivo, Alfredo torna. Disperata ed emozionata, Violetta gli chiede ancora una volta di dichiararle il suo amore. Poi fugge. Una volta letta la lettera Alfredo piomba nello sconforto e viene consolato dal padre, tornato indietro con incredibile tempismo. Trova un biglietto d’invito per una festa a casa di Flora: forse quella sera Violetta si recherà lì.
La festa è vivace e movimentata: balli, travestimenti zingareschi, vino. Alfredo vede entrare Violetta accompagnata nientemeno che dal barone Douphol. Subito lo sfida al gioco vincendo molti soldi. Poi, in un colloquio a quattrocchi con Violetta, le chiede spiegazioni, avendo come risposta che lei è innamorata di Douphol. Alfredo, rabbioso, le getta ai piedi la sua vincita come ricompensa per le loro notti d’amore. Violetta sviene e Douphol sfida Alfredo a duello.

La salute di Violetta peggiora. Il medico comunica alla sua cameriera, Annina, che non le restano che poche ore di vita. Ma ecco che giunge una lettera: è di Germont. Alfredo è dovuto fuggire all’estero per aver ferito Douphol in duello. Germont gli ha detto la verità su Violetta e il giovane non vede l’ora di tornare da lei. Una volta arrivato in casa di Violetta, però, Alfredo si rende conto delle gravissime condizioni della donna. A lei sembra di stare meglio, sembra che la morte possa allontanarsi. Anche Alfredo spera di poter tornare a vivere con lei. Ma è solo un’illusione. Dopo aver regalato ad Alfredo una miniatura con il suo ritratto, Violetta muore tra le braccia dell’unica persona che abbia mai amato.

 

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