L’opinione pubblica si sta ultimamente dividendo sul giudizio da dare al governo tecnico del professor, neo senatore a vita, Mario Monti.
Mentre all’inizio del mandato il Governo Monti godeva di un vasto consenso, oggi non può dirsi certamente altrettanto.
All’interno dei medesimi partiti che lo sostengono obtorto collo in Parlamento, vi sono diverse persone che non ritengono più utile questa soluzione, anche perché i risultati oggettivi dell’azione dell’esecutivo sono piuttosto deludenti.
E’ infatti innegabile che il differenziale fra i nostri titoli di stato e quelli tedeschi è il medesimo di poco meno di un anno fa, quando Silvio Berlusconi fu costretto a dimettersi diciamo per volere dei mercati e di un agguerrito gruppo politico-mediatico che gli attribuiva ingiustamente un aumento di 190 punti di spread (vedasi per tutte le dichiarazioni di Enrico Letta, consigliere economico PD).
Nel frattempo però, e nonostante il livello di spread sia oggi sostanzialmente identico, il Governo Monti ha chiesto a forze politiche, sociali ed economiche (e soprattutto a tutti gli italiani) grandi sacrifici, sia in termini fiscali, introducendo imposte pesantissime (IMU, aumentando l’IVA ed altro, che hanno raggiunto il record mondiale di imposizione fiscale), e sia, da ultimo, imponendo pesantissimi tagli lineari alla spesa pubblica, con conseguenti chiusure di uffici ed enti anche importanti come le province; anche in questo caso, però, dette drastiche manovre non sembrano sortire alcun effetto, sia sul piano finanziario, che su quello dell’economia reale.
Inoltre, dopo aver proposto alcune modeste misure di rilancio dell’economia, che non hanno prodotto alcunché di concreto, (o hanno semmai visibilmente peggiorato la condizione di imprese, famiglie ed attività varie) il Governo sta oggi pesantemente colpendo in modo indiscriminato i singoli territori del Belpaese, fra cui Orvieto, sia sul piano del bilancio comunale, sia sul piano della soppressione del Tribunale di Orvieto, ultimo baluardo di distinzione (oltre all’ospedale), fra città e quello che comunemente viene definito un paesone.
Questo essendo il bilancio nudo e crudo, oggettivo ed indiscutibile, dell’azione del Governo Monti, mi sento di iscrivermi serenamente alla nutrita schiera di politici, economisti ed opinionisti vari, che giudicano negativamente l’opera dell’esecutivo Monti-Severino-Grilli-Fornero e chi più ne ha più ne metta.
L’obbiezione che viene mossa a chi giudica negativamente l’esecutivo è però sempre la stessa, e si concretizza sostanzialmente nelle inevitabilità di tali drastiche azioni, portate avanti da competenti esperti di ogni singolo settore, che se non avessero agito come dovevano, avrebbero condotto la nostra nazione nello stesso baratro in cui stanno precipitando la Grecia e la Spagna.
A ben guardare però questa comoda scappatoia non regge al vaglio della verifica dei fatti: in primo luogo, non mi sembra che queste persone siano effettivamente competenti almeno sul piano pratico. O meglio: non mi azzardo certo a giudicarli sul piano accademico, ma sul piano pratico invece sì, mi sembra evidente che abbiano commesso errori anche gravi in una situazione grave come questa.
Esempio eclatante è l’azione del Ministro Fornero, che ha concepito una riforma del lavoro “autorevolmente” definita “una boiata”, dopo che aveva già partorito in precedenza una riforma delle pensioni – da molti ritenuta inutilmente draconiana dopo quella del precedente governo già sufficiente – che ha generato il fenomeno mai visto prima dei così detti esodati, gente licenziata con la promessa della pensione, successivamente turlupinata dal ministro che aveva cambiato la norma solo dopo l’adesione ed il licenziamento dei lavoratori.
Grottesco invece il ruolo del Ministro Grilli, il quale è economista esperto di spesa pubblica (già capo del dipartimento del Tesoro della Repubblica), e quindi presunto tecnico competente, ha dovuto chiamare un altro esperto, il Dottor Bondi, noto e stimato Curatore fallimentare, a svolgere il suo stesso ruolo, creando così la curiosa figura dell’esperto degli esperti, per fare, poi, quello che avrebbe potuto fare un qualsiasi funzionario ministeriale a cui veniva ordinato di effettuare sul bilancio dello stato semplici tagli lineari in percentuale sui singoli settori.
Questi tagli denominati in modo altisonante spendig review (così dandogli quel tocco chic da salotto universitario), ovvero revisione della spesa, colpiscono però soprattutto gli enti locali (specialmente quelli piccoli come il nostro), sia quelli virtuosi (come il nostro), che quelli meno virtuosi, e non colpisce per niente le fondazioni bancarie, poco il mondo finanziario, per niente quello della politica e della pubblica amministrazione centralizzata dello Stato.
Pertanto, me lo consentirete, più che il governo dei tecnici mi sembra di poterlo definire il governo dei luoghi comuni, quello dei si dice che si deve fare solo così, perché è così che si fa, e non c’è scampo (tautologia autoavverante), e siccome non ci sarebbe alternativa, subentra quel modo di ragionare del “daje giù”, senza farsi troppi scrupoli, perché “era ora co’ ste spese”, che però finisce per generare operazioni di taglio confuse, irrazionali e fatte così, a casaccio.
Esempio degli esempi è poi sotto questo profilo il nostro Tribunale, un ufficio giudiziario che è il terzo d’Italia in termini di efficienza, che non costa niente, anzi si autofinanzia con le imposte che pagano gli utenti dei servizi giudiziari (contributo unificato), viene accorpato con quello Terni, che è lento ed inefficiente, mentre viene conservato quello di Spoleto che costa più di 300.000 euro all’anno e che è uno degli ultimi d’Italia in termini di efficienza, con il risultato finale che a Terni, oltre ai sette magistrati orvietani, arriveranno anche tutte le cause vecchie, più quelle di Todi e di altri comuni come Deruta, che aumenteranno i tempi di risoluzione delle controversie giudiziarie, anziché abbreviarli, recuperando inefficienza, anziché efficienza.
Non è vero dunque che c’è solo un modo per salvare l’Italia ed il futuro delle giovani generazioni.
Risparmiare sulla spesa pubblica si può, ed anzi si deve fare, ma è la spesa pubblica improduttiva che va tagliata, non quella che keynesianamente sostiene la così detta domanda aggregata, e il cui taglio comporta la chiusura dei servizi essenziali, la contrazione degli investimenti pubblici, e quella dei consumi dei cittadini.
Al contrario, numerosi economisti – certamente più esperti di me – ci insegnano che la crisi è dovuta soprattutto a fattori strutturali dell’ Euro, della sua rigidità e soprattutto al fatto che non è consentito alla Banca Centrale Europea di fare politica monetaria per combattere la speculazione, a cui dunque viene lasciata mano libera, con una certa complicità della Germania, che da questa situazione autofinanzia il proprio debito pubblico con gli spread dei paesi deboli come il nostro.
Orbene, che il Governo non sia sostanzialmente consapevole fino in fondo di quello che sta facendo è già un fatto di per sé alquanto grave, ma che qualche improvvisato conferenziere di swap e cartolarizzazioni non perda occasione per fare il bastian contrario, per discutibili fini di visibilità personale, per di più danneggiando gravemente la città ed i suoi interessi, trovo sia ancora più grave e disdicevole.
Costui attacca il Vicesindaco ed il Presidente del Consiglio Comunale – che all’evidenza odia in modo infantile – perché avrebbero la colpa di aver fatto esattamente quello che hanno fatto la stragrande maggioranza dei sindaci italiani.
Il moralismo d’occasione che questi ci dispensa dovrebbe riguardarlo in prima persona, visto che fu proprio la sua generazione politica a porre le premesse dell’enorme debito pubblico nazionale e locale che grava oggi sulle spalle di tutti noi, anche di quelli che sono più giovani di lui.
L’importante è tenere sempre a mente chi parla, perché lo fa, la sua credibilità politica e tecnica, che mi risulta essere decisamente scadente.
E’ certamente vero, sotto questo profilo, che persino il partito in cui egli sostiene di militare non perde occasione per screditarlo pubblicamente, mentre le sue “rivelazioni” in materia di cartolarizzazioni sono state rese pubbliche, udite udite, in una “conferenza” senza aver prima verificato cosa prescrivesse la normativa di settore e la giurisprudenza della Corte dei Conti.
La città non ha bisogno, a mio modesto parere, di queste persone che anzi devono essere avversate democraticamente con la forza della verifica controfattuale, né ha bisogno di vecchia politica in cerca di veloce riciclaggio, ma ha ancora bisogno di rinnovamento e metodo.