Nelle catacombe metropolitane di Roma che percorrono il ventre
di questa non città ormai eternamente corrotta i martiri si aggirano
convinti di essere vivi con la loro eleganza impiegatizia e le donne
vergini e martiri mostrano la loro fede come una volta con il
segno del pesce mostrando un peircing sull’ombelico senza
suscitare eccitazione nei presbiteri e nei diaconi.
Qualche zingara incredibilmente madre sfuggita al campo di sterminio
chiede qualche spicciolo ricevendo giuste improperie dai martiri tutti presi
dalla loro fede.
A Milano succede che nelle catacombe qualcuno suoni un violino
e la gente che è anche martire si sofferma ad ascoltare un attimo
per dirsi peccato un talento sprecato. A Roma la gente
è di casa nelle catacombe metropolitane e non vuole altra musica
che quella delle borse che urtano contro le borse piene di niente.
Se poi arriva una fanciulla con una borsa cremisi e l’aria
assorta di chi va ad incontrare il suo amore, i martiri in cuor loro
le rimproverano di essere viva nonostante la persecuzione.
Lei si accarezza in silenzio la lunghissima treccia pensando
alle mani di lui attente a non sgualcirle i capelli.
Nelle catacombe metropolitane una fanciulla viva incute rispetto
ai martiri, e suscita strane dicerie di una apostasia
quale che sia, anche se sia per amore. Come forse è.