Una sala dei Quattrocento (Palazzo del Popolo ad Orvieto) gremita, avvolta da un’atmosfera di intensa curiosità e silenzio, interrotto e provocato da due voci vere: quella del noto cantautore italiano Roberto Vecchioni e del giornalista Alessandro Zaccuri. Un’intervista unica e irripetibile che il Festival Internazionale d’Arte e Fede ha voluto proporre nel programma della sua settima edizione, interamente dedicata al tema dell’educazione.
La serata, interamente dedicata alle popolazioni dell’Emilia Romagna colpite dal terremoto, è stata aperta dai saluti del cardinale Gianfranco Ravasi portati dal direttore del Festival Alessandro Lardani.
“Le canzoni che esprimono sentimenti veri – ha detto monsignor Giovanni Marra, amministratore apostolico della diocesi di Orvieto-Todi – colpiscono per la loro autenticità, la musica è in grado di esprimere tutti i sentimenti umani, non solo l’amore che avvolge ma anche il dolore più profondo. Il cantautore è un poeta oltre che della musica anche delle parole, è quindi la persona più idonea a dare significato al messaggio che vuole trasmettere. La musica eleva, appartiene alla vita e alla storia dell’uomo. Anche la preghiera quando si trasforma in musica è qualcosa di più, si lega alla fede”.
Nel corso dell’incontro Vecchioni ha fatto più volte riferimento ai grandi autori, i maestri. “Comunicare in fase saggistica o da romanziere – ha detto – ha un significato preciso. Comunicare da poeta in musica, è diverso. Le prime emozioni si percepiscono subito, segue però un lungo processo di interiorizzazione. Come tutti, ho avuto i miei grandi maestri, coloro che sono in grado di trasmettere anche l’intrasmettibilità. Nel percorso di scrittura, è opportuno seguire l’ispirazione, anche se questa porta via dalla realtà. Cerco sempre di strutturare nelle mie canzoni, il bisogno assoluto di stare nelle regole ma anche di contraddirle, andar loro contro. Dare loro un’angolazione, partendo anche dal laterale e non dando mai nulla per scontato”.
Citando Eugenio Montale, Vecchioni ha poi sottolineato che “nella poesia, c’è già la musica”. “I ritmi dell’esistenza – ha aggiunto – li ho sempre sentiti come onde, i ritmi del bene e del bello. I ritmi del brutto e del dolore erano invece così bassi e vigliacchi che li evitavo. Sono convinto che esiste la forza positiva e quella negativa nel mondo.
Scrivere non è mai stato un percorso diverso dalla musica, ho sempre sentito la musica nelle cose. Con grande facilità, ho avuto un grande ritorno emotivo e passionale. Anche da adolescente, non potevo non scrivere, distillare parole era un’attività che sapeva darmi grande serenità. È per questo che non ho mai smesso. Ad alcune melodie, ho letteralmente appiccicato dei concetti, che poi sono rimasti eterni nella mia vita, quali la speranza infinita, l’affetto per il passato, il piacere di scoprire la meraviglia di essere un uomo che si batte contro tutto, la fede che non è mai certezza. La fede è la cosa più incerta del mondo, è un’immagine falsificata.
La fede è andare a cercare il soggetto che è stato fotografato in maniera sfocata. Credo nella terra come prova per arrivare a qualche altra cosa, vivere su questa terra è una prova straordinaria di per sé, non come passaggio a qualcosa”.
“Ho apprezzato la sincerità – ha concluso monsignor Marra, dopo i saluti del sindaco Antonio Concina – il dubbio è importante. Vecchioni ha bisogno di approfondire, ma ho apprezzato l’amore che ha per il Vangelo. E il suo dover capire che c’è tutto dentro”.
Una serata, insomma, all’insegna della profondità d’animo e soprattutto della riflessione. Un festival, quello di Arte e Fede, che in questo suo settimo anno ha colto nel segno più che mai veicolando e trasmettendo valori profondi, messaggi chiari ed importanti. Perché dietro manifestazioni “vere” ed autentiche ci sono sempre contenuti profondi che soprattutto fanno riflettere ed aprono la mente ad interrogativi pieni di significato.
Tutto questo è il Festival di Arte e Fede …