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Home Corsivi

Il Triduo per il Tribunale e il gatto nero

Redazione by Redazione
20 Giugno 2012
in Corsivi, Archivio notizie
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Quel giovedì di giugno la signorina Sconfìnferi non era stata puntuale alla Messa delle diciotto. Era il suo primo ritardo e ne fu molto dispiaciuta. Sempre arrivata in tempo. Il segno della croce, un  cenno alle amiche ed il sedere su quello che era riconosciuto come il suo posto, ebbene tutti questi atti li aveva sempre compiuti ad altare deserto e, dato  il rispetto per le consuetudini, non aveva mai sentito il bisogno di affrettarsi. Nessuno infatti si sarebbe sognato di occupare la sua sedia.

 

Ma quella sera non era andata cosi, intanto era arrivata a Messa già iniziata per colpa di un maledetto gatto. Un gatto piccolo sì, un gattino, ma nero, nero come l’inferno di notte e che non ne voleva sapere di farsi da parte dalla mezzavia del vicoletto che le era di strada. E dato che a certe storie ci credeva e tanto e non sapendo da che parte la bestiola fosse arrivata, preferì tornare indietro e fare un lungo giro e cosi arrivò in Chiesa che la Messa era iniziata da qualche minuto.

Entrò in silenzio dalla porta di lato, si segnò, e con discrezione s’ avviò verso il suo posto lassù in seconda fila. Ebbe però qualche problema perché quella sera i presenti erano molto più numerosi del solito e gli spostamenti meno fluidi.

Stava giusto attraversando l’ultimo spazio tra due colonne quando una vista inattesa la fermò: il suo posto era occupato,… incredibile,…guardò meglio,…sì,… sulla sua sedia, tra due sue amiche, sedeva un uomo,..scrutò meglio,…sì era un uomo di colore,…nero,..sì nero come il gatto causa del suo ritardo perché, pensò, se fosse arrivata in tempo, se non avesse incontrato quel gatto nero, ora su quella sedia sarebbe seduta lei, perché quello era il “suo” posto.

 

Olga Sconfìnferi non era razzista anzi da anni prendeva parte a tutte le iniziative di solidarietà nei confronti dei fratelli sfortunati che da ogni parte del terzo e quarto mondo si arrampicano tutti i giorni su questa Rupe spopolata. E tante volte, e non sia per rinfacciato, aveva speso perfino di tasca propria attingendo alla magra pensione di ex-impiegata comunale.

Però a quel posto in Chiesa ci teneva, era l’unica cosa  riconosciuta come sua da chi frequentava quel luogo a quell’ora. Era il suo posto, se l’era conquistato, ed ora eccola lì a guardarvi seduto un usurpatore, che Dio lo benedica. Ma forse, pensò, può darsi che sia un usurpatore stanco, affamato e in cerca di una mano che lo aiuti.  Così la signorina Sconfìnferi si intenerì e guardandolo meglio e vedendolo vestito in modo così approssimativo si ripromise di fare qualcosa per lui a Messa terminata. Si cercò un posto per quella sera, si appoggiò a una colonna, si aggiustò il velo ed aprì il libretto per seguire il celebrante. Ma da lì non lo vedeva nemmeno e nemmeno Cristo vedeva da lì pur se era certa che Lui  vedeva lei. La signorina Sconfìnferi aveva molta fede ma anche molta paura dei gatti neri.

 

C’era tanta gente anche in piedi quella sera in Chiesa perché la Messa che veniva celebrata aveva un’intenzione speciale. Era cioè la prima di un Triduo che un Comitato cittadino  a difesa della civica dignità  aveva organizzato per scongiurare la probabilissima chiusura del tribunale di Orvieto.

Infatti non sapendo più a quale Santo raccomandarsi, gli avvocati, i praticanti, i lavoratori dell’indotto, gli indagati, gli imputati, i colpevoli, gli  innocenti e i semplici cittadini utenti della legge avevano deciso all’unanimità di rivolgersi con  una corale iniziativa di devozione alla Trinità, alla Madonna e a tutti i Santi. E per non lasciare nessuno fuori, e su suggerimento di un avvocato anziano, furono inclusi nella supplica anche tutti gli Angeli, gli Arcangeli, i Cherubini, i Troni e le Dominazioni. Quindi si rivolsero al Vescovo e fu organizzato un Triduo solenne che si sarebbe dovuto concludere il sabato con una Messa cantata.

E cosi dalla sera di giovedì la Chiesa si era riempita oltreché dei devoti abituali, di avvocati, di segretari, di segretarie, di praticanti,  di giovani di studio, di testimoni oculari, di indagati, di pedinati, di intercettati e di cittadini comuni a piede libero e con fedina penale pulita. Tutti a capo chino e con espressioni decisamente orientate sul grigio. Fuori, per solidarietà, anche il cielo si stava rannuvolando.

 

Si era arrivati alla sofferta decisione del Triduo perché di fronte alla minaccia di chiusura del Tribunale da parte del Governo, gli orvietani non ebbero né il coraggio di bloccare l’autostrada del Sole con cartelli e pennacchi e falò, né quello di mettersi di traverso sui binari della ferrovia veloce o di quella lenta, potendo appunto scegliere. Fu ventilata ma subito accantonata  anche l’ipotesi di appendere  alla Torre del Moro una gabbia di ferro con dentro l’avvocato più giovane ed il più anziano e mandare il tutto su Youtube 24h per rendere visibile il grado di sofferenza della città in simile congiuntura. Ma la netta opposizione dei due interessati fece decadere l’iniziativa.

E dopo aver discusso a lungo circa la possibilità di schierare il Corteo Storico in assetto di guerra all’altezza del casello autostradale al fine di strangolare l’Italia con un nodo in costume, si convenne che l’iniziativa più consistente, meno dispendiosa e più efficace per impetrare la salvezza del Palazzo di Giustizia sarebbe stata quella di raccomandarsi  nel luogo e nel modo più opportuni a Coloro che lassù, dall’Alto,  volendo, possono davvero tutto. Vale a dire a partire dal Padre fino all’ultimo degli Angioletti. Da qui l’idea del Triduo. Da più parti fu osservato che una Novena sarebbe stata ancora più efficace ma questa volta fu il calendario a rivelarsi indisponibile essendo la chiesa già stata prenotata da altre entità come gli esodati, i pendolari, i precari e via dicendo, tutte alle prese con problemi estremamente seri….!

 

Ma non trovando pace lì dove si era appoggiata la signorina Sconfinferi, centimetro dopo centimetro, era riuscita a spostarsi di quel tanto che serviva per sorvegliare a vista il suo posto. Dovette però alzarsi sul tacchi perché avanti a lei stazionava un marcantonio di avvocato con due spalle da scaricatore  e quando in qualche modo riuscì a far emergere l’occhio prese  atto con  sorpresa che il suo posto era libero. Sedia vuota, niente più giovane nero seduto e lo strano era che, pur essendoci tanta gente in piedi, la sedia continuava a rimanere vuota. Strano anche perché da dove aveva assistito alla Messa la signorina avrebbe dovuto accorgersi di qualsiasi movimento, ma non s’era accorta di nulla perché, secondo lei, nessuno s’era mosso. E allora però,…?!

 

Comunque essendo la celebrazione prossima alla fine  si avviò senza dare a vedere verso il fondo della navata  di destra. Da lì avrebbe preso la benedizione e poi sarebbe uscita senza spinte sulla strada di lato alla chiesa  dato che aveva anche un po’ di fretta perché si era ricordata di alcune cosette da comprare. Ma fattasi il segno della croce e riposti gli occhiali nella borsetta, eccoti di nuovo un gattino nero vicino alla porta,…simile a quello incontrato poco prima nel vicolo.

Un gatto in Chiesa,…! Nero per giunta,…! E come era entrato,…?! E perché,…?! Ma non mi avrà mica seguita,…?!

Olga Sconfìnferi si sentì quasi in trappola, certo sarebbe potuta uscire dall’altra porta che dà sotto agli archi, ma era già tardi, poi durante la Messa s’era inteso qualche brontolio di tuono e lei non aveva nemmeno l’ombrello e poi non si può avere paura di un gattino nero che,…!  Fece per guardarlo meglio ma la bestiola non c’era più.

–Porett’ a me,…! Forse sono io che ho le traveggole,…! Eppure bere non bevo, mangiare, è vero, mangio poco ma sano cosi come dicono i medici in TV, e dunque,…?!-

 

Uscì fuori. In strada poca gente, giù dal cielo le prime gocce. La signorina Sconfìnferi accelerò il passo ma l’acquazzone non ebbe pietà, in qualche secondo il cielo si apri e ne venne giù una pacca. Essendo vestita anche di leggero la poveretta si sentì perduta, ma prima che il turbine l’avvolgesse un giovane nero, tanto bello quanto mal vestito, le si affiancò e la prese sotto un enorme ombrello verde.

 

-Grazie  giovano’,…a tè è ‘r celo che te manna,…però guarda che ‘sto tempo quest’anno è tetro,..e  qui, fino a le cinque, era tutto sereno,…?!-

-Perché sei sola,…?!-

-Perché so’ sola,…?! Eh! Cocco,…so’ sola perché so’ sola,..! Io da quanto ciò avuto da fa’ ne la vita nun ciò avuto manco ‘r tempo de cercamme ‘no straccetto de marito, o capace pure che nun me so’ manco accorta che quarcuno me voleva,…!-

-Tu troverai un uomo,..!-

-Eh! Cocco, all’età mia ,..sessanta sonate,..e chi me vole più,… sente, io adesso però me devo ferma’ ‘un tantino ne ‘sta bottega,…te ringrazio de avemme riparato,..davero,…te ringrazio de core,…te me sa che  seé davero ‘n angelo de’ ’r celo,…grazie, cocco,…si te m’aspette un  tantino dopo vedemo si te posso da ‘na mano ché si vae in giro vestito così capace pure che t’arrestono,…!-

 

La signorina fece le sue spese ma  quando uscì il giovane nero con l’ombrello verde non c’era più, in compenso aveva smesso di piovere. Ma il colmo della meraviglia fu quando, arrivata a casa, ritrovò il gattino nero avanti all’uscio.

-Ah! Mejo vah,…ma allora tè stasera me perseguite,… e  allora adesso tè lo sae io che fò, adesso io te pijo e tè venghe a sta’ co’ mè a casa mia,…io te lavo, te pulisco, te governo, te curo si c’è bisogno e tè in cambio me farae un po’ de compagnia,….!-

Il gattino rispose con un miagolio e alzò una zampetta. La signorina Sconfinferi se lo portò a casa e da quella sera la sua vita cambiò. Un anno dopo si sposerà con Ignazio l’idraulico che era stata sempre una sua fiamma inconfessata. Quel ragazzo nero era stato profeta.

 

E naturalmente vivranno a lungo felici e contenti, tutti,…anche il gatto nero,…!

Gli avvocati e gli imputati invece, se il Triduo non dovesse dare i frutti attesi, si appresterebberd a diventare i futuri Pendolari della Giustizia.

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