Dopo tre anni di proclami, tagli, tariffe, multe, paletti, catenelle e borberi che hanno paralizzato e messo in coma tutte le attività della nostra città, il sindaco ancora insiste sul rinnovamento. In particolare adesso pensa di averlo attuato sulla politica del Centro Studi Città di Orvieto. Facciamo un passo indietro visto che la memoria ci assiste, anche se non tutti.
Vinte le elezioni, e su come sono state vinte non voglio tornare, anche perché certo non si deve grazie ad eventuali spacchettamenti di partiti dell’opposizione, e se ancora qualcuno lo mettesse in dubbio il mio invito è sempre quello di andarsi a rivisitare il voto disgiunto.
Il CdA uscente del 2009 rimise il mandato nelle mani di Concina nel novembre dello stesso anno, senza chiudere il bilancio. Questa “piccola incombenza” toccò al nuovo CdA guidato da Roberto Pasca di Magliano, nominato ed indicato esclusivamente da Concina, il 23 novembre del 2009. Con lui Bottoni, Salituri, parte Comune e Taddei riconfermato parte Fondazione CRO. La sottoscritta ebbe un decreto sindacale che avrebbe dovuto durare fino alla espressione di un consigliere di centro sinistra (maggioranza consiliare allora ed opposizione insieme). La mia momentanea nomina era necessaria per il numero legale per la elezione del Presidente.
Domanda: se il CSCO doveva essere chiuso e traghettato verso un’altra cosa non ben definita, che senso ha avuto l’aver nominato un nuovo CdA?
All’epoca, convinta di portare avanti un progetto di rinnovamento e di cambiamento vero, proposi ad OL, nelle persone di Ranchino prima e di Marino poi, di prendere la presidenza del CSCO e di aiutarmi nel rilancio dello stesso (la sottoscritta era Assessore all’Istruzione, Università e Formazione Professionale), fermamente convinta che persone come noi della società civile potessero utilizzare l’importante strumento della Formazione per far crescere i giovani nella nostra città, supportando le competenze dei nostri Istituti Secondari Superiori.
Ovviamente questo non successe.
Il precedente CdA, espressione della precedente amministrazione, ha lasciato in eredità il debito conla Coop.Carlipari a 400.000 euro ed il mancato pagamento di larga parte delle docenze universitarie per il concludendo indirizzo Ingegneria delle Telecomunicazioni (chiuso nel 2010).
Il Centro Studi come scuola costa all’anno 190.000 euro. I corsi sono tutti in attivo e nella nuova gestione Pasca furono tolte immediatamente le attività esterne conla Coop.Carliportandole in house (guardiania, personale ATA, ecc.) per abbattere i costi di gestione.
Le quote versate dai Soci fondatori, ed obbligatorie da Statuto come la sede, fino al 2008 sono state: 150.000 euro l’anno parte Fondazione CRO e 160.000 euro l’anno parte Comune. Quote ovviamente versate e poi ridotte con l’insediamento Concina a: 100.00 euro nel 2009, azzerate nel 2010/2011/2012, parte Comune. Parte Fondazione CRO azzerate dal2008 inpoi con la revoca del Consigliere nel 2011.
Il sindaco si esprime contro i fantasmi del passato remoto, ma non contro quelli del passato prossimo. Non è sbagliato il termine “massacrare” perché è proprio quello che questa consiliatura fa da tre anni con le decisioni che non ha mai preso sul futuro del CSCO, fino ad arrivare al pignoramento della Carli, che impedisce il pagamento degli stipendi ai dipendenti del CSCO e la incertezza per tutta la nostra città di poter usufruire del valore aggiunto che 600 studenti apportano ad una economia gravemente impoverita. Ricordo a tutti che il Centro Studi fu istituito con delibera di Consiglio Comunale n° 3 dell’anno 2000 ratificato successivamente con delibera di Giunta dello stesso anno.
Il rinnovamento, se davvero lo si vuol fare, non può prescindere dal rispetto delle regole istituzionali e quindi si sarebbe dovuto sciogliere prima la partecipata CSCO in Consiglio Comunale, ammesso che si abbia la maggioranza per farlo, e poi azzerare gli importi che tale partecipazione prevedeva in bilancio. Troppo facile dire in pubblico che si è a favore della cultura e che ci si sta adoperando per tenere in vita questa importante istituzione e poi attuare scelte amministrative che comportano il suo strangolamento. L’affitto per il CSCO non è un contratto vero e proprio ma un diritto all’uso. L’importo di 370.000 euro iscritto in bilancio come “affitto locali per CSCO”, poteva essere comunque rinegoziato, in particolare se si considera che il CSCO ha da sempre utilizzato il solo 20% della superficie immobiliare dell’ex ospedale lasciando il restante 80% ad altre realtà qualila Provinciadi Terni, il 118,la CAMST, ufficio ambiente del comune da poco trasferito ad altra sede. Per sopramercato di questo 20% alcune aule, poste all’ultimo piano, non sono state utilizzabili in continuità a causa di infiltrazioni di acqua piovana. Quantomeno gli importi versati dal Comune per gli interventi di manutenzione straordinaria dell’immobile, cui il locatario notoriamente non è tenuto a sostenere, si sarebbero potuti utilizzare per aprire l’auspicata rinegoziazione.
Ai cittadini orvietani mi permetto di rivolgere un ultimo appello affinché si mobilitino per impedire che venga sottratto loro questo importante presidio formativo culturale, anche perché questa scelta non è mai stata pubblicamente dichiarata; di contro si è sempre e sistematicamente perseguito una successione di atti amministrativi, quali il mancato versamento delle quote dovute, il rifiuto di dare seguito all’accordo transattivo con il creditore coop Carli, ed infine il trasferimento ad altra sede impropria peraltro adibita ad altro scopo, tutti protesi alla chiusura del CSCO. Le cifre di disoccupazione/non occupazione dei nostri figli, nel nostro Paese, hanno raggiunto il 36%:la Formazioneè l’unico strumento per rispondere qualitativamente alle esigenze del mercato del lavoro. In uno degli ultimi messaggi il Capo dello Stato invitava le amministrazioni locali, sia pur di fronte all’erosione delle risorse economiche trasferite dallo Stato, ad investire sulla Formazione.
Quest’ulteriore foglia di carciofo non lasciamogliela levare.