“Nel 1998 in vista del trasferimento dell’Ospedale cittadino presso la nuova struttura di Ciconia che, come si ricorderà, è avvenuta il 25 novembre duemila, la CGIL organizzò un importante confronto, presso la sala del Governatore del Palazzo dei Sette, sul tema degli anziani e della necessità crescente di strutture adatte da realizzare possibilmente nel centro storico di Orvieto come luogo di accoglienza per anziani autosufficienti e non, pensando appunto che la struttura di Piazza del Duomo potesse essere il sito ideale per tale realizzazione ….. Oggi più che mai si ripropone il tema, anche per la profonda crisi che stiamo vivendo, che un importante immobile così funzionale alle esigenze esposte finisca in mano di speculatori e, soprattutto, che i ricavi di una eventuale vendita finiscano nel buco nero del sistema sanitario regionale senza alcuna ricaduta positiva per Orvieto”. (Da un intervento di Cittadinanzattiva su OrvietoSi del 24.04.2012)
La nota di Cittadinanzattiva ha avuto il merito di portare di nuovo alla nostra attenzione il tema delle politiche a favore degli anziani, a partire dall’allestimento di strutture adeguate a soddisfare le diverse e complesse esigenze connesse con l’avanzare dell’età. Il fatto però che questo tema è stato collegato con quello del riuso dell’ex ospedale mi fa dire subito che, dato per normale l’accostamento, più che una soluzione di due problemi, ne viene fuori l’esemplificazione di un problema più grande: l’assenza, che data in questa nostra amata città da un tempo non proprio brevissimo, di una visione generale che guidi una strategia di governo efficace e coerente.
Va notato infatti che nel territorio orvietano la popolazione anziana, con un lungo processo, è arrivata a superare da un bel po’ il 26%, una delle percentuali più alte dell’Italia e dell’Umbria. E ci si deve chiedere: sono forse in atto politiche che possano dirsi all’altezza delle necessità? Evidentemente no, si tratta solo di una domanda retorica. Perciò bisogna dire: anziani grande risorsa, ma anche anziani grande problema. D’altra parte va notato contestualmente che l’ex ospedale è una struttura utilizzata solo parzialmente e non sembra di potersi intravedere né una soluzione fondata sul ruolo del Centro Studi, né una di altro tipo in stretta correlazione con il riuso dell’ex Piave, tanto meno nel quadro di un disegno politico generale. Nemmeno si vede come si intende risolvere l’intricato problema della proprietà e degli accordi a suo tempo stabiliti con la Regione. Si può dire dunque anche qui: ex ospedale grande risorsa, ma anche ex ospedale grande problema. Non ci si può nascondere nemmeno che grande risorsa grande problema si può dire per tante altre questioni non risolte e in gran parte anche non impostate. Ma concentriamoci sul punto della relazione tra politiche per gli anziani e uso dell’ex ospedale.
Non può certo meravigliare che l’ex ospedale sia divenuto, fin dalla sua dismissione, un punto di attrazione anche per le politiche a favore degli anziani: è in posizione centrale nella città storica; rappresenta, anche simbolicamente, una soluzione inserita strutturalmente nel contesto sociale; è di proprietà pubblica; storicamente, è stato un servizio sociale di assistenza; è strutturato (se non altro era) in modo sostanzialmente funzionale ad ospitare anziani, singoli o in coppia, lungodegenti e non. In sostanza, l’idea, certamente apprezzabile e giustificata, che alcuni (non so se anche molti) hanno avuto è che lì si possono realizzare attività di assistenza sanitaria, oltre che di promozione sociale e culturale, per una popolazione anziana in crescita quantitativa e in trasformazione qualitativa. Da una parte una scelta etica, un dovere soggettivo dei governanti connesso ad una determinata concezione della vita e della società, dall’altra un’opportunità per una fascia sociale ampia di vivere senza isolarsi dal contesto e in condizioni di dignità personale e di comunità.
Il nostro Direttore e Pier Luigi a più riprese hanno espresso chiaramente questa posizione. Io non solo la rispetto, ma la ammiro. E tuttavia ho espresso in diverse occasioni, in questa e nella precedente rubrica, una posizione meno rigida e improntata ad una ricerca di soluzione più pratica, ma oggettivamente anche più problematica in quanto finalizzata soprattutto all’inserimento della politica per gli anziani nel contesto di una visione che connetta strettamente tutela sociale, sviluppo economico e uso produttivo del patrimonio pubblico. Naturalmente sulla base di un esame attento delle condizioni giuridiche di proprietà per una soluzione transitabile e delle disponibilità finanziarie esistenti rispetto sia ai bisogni rilevati che alla realizzabilità delle risposte possibili.
Con ciò non voglio certo dire che i miei amici non considerano questi aspetti, ma solo che per me la scelta di dove localizzare una struttura efficiente e adeguata viene dopo una ricognizione di tutti gli elementi che sono in gioco, all’interno di una visione strategica e progettuale del governo della città, e non a priori con riferimento ad un solo aspetto, per quanto importante, civilmente, eticamente, e se del caso economicamente. In altri termini, ritengo che questioni di questa natura e di questa portata debbano essere considerate all’interno di una strategia complessiva di governo della città non più e non solo di tipo emergenziale, ma di proiezione progettuale verso un futuro più stabile economicamente e più sicuro socialmente.
Condivido naturalmente sia la spinta ad affrontare il tema degli anziani con l’urgenza che merita, sia la denuncia dei pericoli che si corrono se le cose dovessero restare a lungo nelle condizioni attuali per quanto concerne l’uso e la proprietà dell’ex ospedale. Come minimo verrà la tentazione di lasciar andare le cose per la loro strada, rinunciando ad ogni visione strategica e ad ogni progetto governato saggiamente dal potere pubblico. Come d’altronde a più riprese è accaduto per l’ex Piave e come dimostrano alcune posizioni espresse anche di recente sia sull’ex Piave che sull’ex ospedale.
Ma sono posizioni chiaramente fallimentari sia quelle di chi pensa: “facciamola finita, liberiamoci di questa palla, mettiamo tutto nelle mani di un soggetto esterno”, sia quelle di chi pensa in modo anche più estremo: “vendiamo ora, a qualunque prezzo, freghiamocene se è una svendita”. E lo sono in più sensi: perché dimostrano il fallimento di lungo periodo della classi dirigenti della città; perché dimostrano la pochezza di non sapersi dotare di strategie e progetti per il futuro da costruire con decisione e intelligenza nel presente; perché appartengono ad una concezione povera e sostanzialmente servile del potere locale nei confronti di poteri più forti; perché infine, esprimono una concezione culturale del tutto subordinata ad una concezione del mercato come nuovo dio a cui vendere se possibile anche la dignità di un’intera comunità.
La questione degli anziani, e delle strutture che servono per una loro vita dignitosa dentro una società accogliente, a mio parere non si risolve con una lotta (non so se dura e quanto) per la destinazione in tal senso dell’ex ospedale, ma con la maturazione (da tempo diciamo rapida e incisiva) nella testa delle classi dirigenti della convinzione che questo è aspetto prioritario di una politica lungimirante, seria, coraggiosa, che riguarda il futuro complessivo della nostra comunità. Sarebbe un errore grave se dovessimo considerare gli anziani come strumento per risolvere problemi di proprietà immobiliare, in acquisto o in vendita non importa. Penso che dovremmo affermare un’etica di ben diverso spessore.
In base allo stato attuale delle cose, non riesco ad andare oltre. Perciò passo volentieri la palla a Pier Luigi e resto in trepida attesa della sua schiacciata, che spero non mi faccia troppo male.
Franco Raimondo Barbabella
La fiducia di Franco nella razionalità umana, da cui derivano i suoi severi ammonimenti, l’ammiro e la condivido. Come potrei non condividere che il problema del riuso degli immobili pubblici vada risolto “nel quadro di un disegno politico generale” e che il problema degli anziani vada risolto “all’interno di una visione strategica e progettuale del governo della città”? Né posso negare che esista un problema di classe dirigente.
Però mi sento come una mosca che batte contro il vetro per trovare una via d’uscita, senza avere la forza per aprire la finestra o la pazienza per aspettare che l’apra qualcun altro, e non posso resistere alla tentazione di cercare un buco che mi dia la possibilità di uscire. Magari rinunciando per un po’ allo splendore da cui mi separa la durezza del vetro.
Insomma non vorrei che Franco, il sottoscritto e altre persone che si ritengono bene intenzionate, facessero la fine dei personaggi di Samuel Beckett nel dramma “Waiting for Godot” (“Aspettando Godot”).
Due personaggi in abiti dimessi aspettano per due interi atti Godot, un personaggio misterioso che non possono fare a meno di aspettare, ma che non arriverà mai. E il dramma si conclude con questo scambio di battute tra i due personaggi:
– Well? Shall we go? (Allora, andiamo?).
– Yes, let’s go (Sì, andiamo).
Poi si sente una voce fuori campo: They do not move (Ma essi non si muovono).
Allora, in attesa che fiorisca un’adeguata classe dirigente e il popolo affidi il potere a bravi programmatori, non mi va di aspettare, come un fungarolo, le sempre più rare condizioni atmosferiche che fanno uscire i porcini. Ormai ho imparato che non posso influire sulle piogge e nemmeno sul sole. E l’enorme edificio del vecchio ospedale, che prospetta sulla stessa piazza di una delle più belle chiese del mondo, continua a provocarmi da vari anni, facendomi, di tanto in tanto, riaffiorare le speranze di quando mi occupavo di assistenza agli anziani quale consigliere dell’Istituto Piccolomini Febei. Inserito dal vescovo Grandoni, quale esponente dell’ala moderata cattolica, in un piccolo consesso di “compagnucci” (come li chiamavamo, e li chiamiamo ancora, noi moderati), mi trovai in piena sintonia con galantuomini che se ne fregavano delle mene dei loro partiti e pensavano solo all’interesse degli anziani. Tutti individuammo nell’edificio del vecchio ospedale il luogo idoneo per vari servizi socio-assistenziali alla popolazione anziana, integrati con servizi per gente di ogni età che avesse bisogno temporaneo di un letto, di un pasto, di una cura ambulatoriale, o semplicemente di un servizio di segretariato sociale, di un aiuto psicologico, di un conforto morale. Le opere di misericordia, effigiate sulle porte del Duomo e predicate al suo interno, sarebbero state affiancate da opere di misericordia concretamente e pubblicamente esercitate. Dal mio punto di vista le cattedrali non sono state edificate per incentivare il turismo, anche se il turismo deve essere bene accolto. Perciò mi deprime l’idea di un grande albergo di lusso in piazza del Duomo, mentre mi rallegra il pensiero di un luogo consacrato alla solidarietà sociale.
Quella prospettiva è rimasta un sogno. Ma l’anno scorso, quando Stefano Olimpieri, il mio capogruppo in consiglio comunale, lanciò l’idea di una iniziativa di azionariato sociale per realizzare quel sogno nel vecchio ospedale, riaffiorò la vecchia speranza mia e di tante altre persone. Lo stesso Direttore Freddi, che non penso penda dalle labbra di Olimpieri, aderì con entusiasmo all’idea. Poi tutto è tornato nelle cavità carsiche del cinismo orvietano. “Cittadinanzattiva” adesso prova a far zampillare di nuovo il problema.
Riuscirà la meritoria associazione a mobilitare la popolazione?
Di fronte a un problema del genere, sinceramente non mi va di aspettare la programmazione generale che Franco giustamente raccomanda. Più precisamente, vorrei aspettarla, proporla, incoraggiarla, pretenderla, ma nel frattempo dando una mano alla soluzione di quello che ritengo il massimo dei problemi: la realizzazione della solidarietà sociale col massimo del decoro e della dignità.
Pier Luigi Leoni
Ping Pong è la rubrica di Orvietosì curata da Franco Raimondo Barbabella e Pier Luigi Leoni. Un appuntamento del lunedì in cui i due nostri “amici” raccontano la loro su una frase apparsa sul nostro giornale durante la settimana, una palla che io lancio ad uno dei due e che loro si rimpallano. Ci auguriamo che questo gioco vi piaccia e si ripeta il successo di “A Destra e a Manca”. Naturalmente tutti i lettori sono invitati la tavolo di Ping Pong. Basta inviare una e-mail a dantefreddi@orvietosi.it
Questa è la puntata 34