Alle recenti elezioni amministrative, tra quei quattro gatti che sono andati a votare, i più tenaci sono stati gli elettori di sinistra. Così il PD ha potuto cantare vittoria. E mentre gli altri partiti sono ormai ridotti ai sussulti preagonici, il PD può credere di essere ancora vivo, nonostante la confusione delle primarie, l’umiliazione di Palermo e lo sberleffo di Parma. E nonostante lo smarrimento nelle sezioni, che deve essere notevole se quella di Orvieto, in una delle città più rosse di quella che è una delle più rosse regioni d’Italia, è nel marasma.
Non possono non venirmi in mente i versi del Berni quando descrive lo scontro di Orlando col saraceno Alibante, che viene tagliato a metà con l’affilatissima durlindana:
Onde ora avendo a traverso tagliato
Questo pagan, lo fe’ sì destramente,
Che l’un pezzo in su l’altro suggellato
Rimase senza muoversi nïente:
E come avvien quand’uno è riscaldato,
Che le ferite per allor non sente,
Così colui, del colpo non accorto,
Andava combattendo ed era morto.
Non sarei sincero se dicessi che la crisi del PD mi fa soffrire, dato che tutta la mia capacità politica di soffrire l’ho consumata nei partiti ai quali ho aderito per poi dovermi sempre pentire. Ma nemmeno ci godo, e quindi consiglio agli amici del PD di prendere atto che i partiti che abbiamo conosciuto e che conosciamo hanno esaurito la loro funzione storica: sono diventati odiosi per i giovani e imbarazzanti per gli anziani. La democrazia non può fare a meno dei partiti, ma se “partito”, come dice l’etimologia della parola, significa divisione, credo che dobbiamo cercare modi più intelligenti per dividerci.