Ho sentito dire o letto da qualche parte che con questa storia del carobenzina, dei tagli, degli esodati, dell’Imu, di Equitalia e di altre simili sventure quotidiane, la gente quando vede o sente parlare di Monti si gratta, tocca ferro, fa le corna, cambia discorso e canale e qualcuno spegne addirittura la TV.
Ora, a ben considerare, per un soggetto prossimo ai settanta e quindi ancora giovane e che dovunque va si porta dietro la sua cattedra dietro la quale accomodato illustra, ammonisce, ironizza, bacchetta e minaccia di andarsene a casa e di farci fare la fine della Grecia, a ben considerare dicevo, non mi pare che un uomo del genere da molti stimato e invidiato per quello che vale e per le alte vette(nomen omen) del sapere economico che ha saputo scalare e da altri altrettanto invidiato per l’altrettanto alta vetta del suo reddito annuale dichiarato di un milione e mezzo di euro, non mi pare, dicevo, che costui si stia preparando al meglio quel periodo della vita che è di solito definito come del “meritato riposo” o della quiescenza.
È doveroso però anche riconoscere quanto sia paradossale l’essersi assunto l’ònere di trascorrere giorni e notti al letto di un paziente in prognosi riservata nel tentativo di preservarlo dal marasma finale e dover stare lì ad assorbire minacce, insulti e accuse e specie quella di essere portatore di miseria, fame e disperazione, da parte di amici, parenti, colleghi, vicini di casa e poi, giù giù, fin ad arrivare al popolo tutto.
Anche perché il popolo, specie quello minuto, quello che viene definito “popolino” o “popolaccio”, è in possesso di straordinarie armi di vendetta e alle storie di jella ci crede, e come se di crede, e se le segna e se le lega al dito e non se le scorda più. E teme ed evita lo jettatore come e più del gatto nero che gli attraversa la strada e si difende dai suoi influssi malefici sia con i mezzi che ha addosso di suo sia con tutto quello che gli è possibile portarsi dietro.
Un tempo, in proposito, esistevano anche mezzi di offesa. Chi ne conosceva la tecnica, peraltro molto complicata, poteva far uso del ”pernacchio”, o pernacchia, efficace anche contro i potenti e i prepotenti. Oggi tale arma sembra essere superata e all’uomo della strada non resta altro che fare scongiuri e auspicare accidenti.
Ma lo stesso uomo della strada si pone anche delle domande. Si racconta di uno (sempre uomo della strada) che giorni fa, percorso a piedi il periplo del Casermone, si sia fermato al termine di via del Quattro Cantoni, e, dopo aver considerato e soppesato l’immensa caserma ricordandosi che all’interno della sua piazza d’armi poteva essere contenuto addirittura il Duomo di Orvieto e fatto ch’ebbe mente locale e richiamando alla coscienza tutto quello che aveva visto, letto o sentito dire sul destino di tale complesso, non potè fare a meno di formulare e formularsi la seguente domanda:
“Posta come tesi l’esistenza reale di questo complesso addandonato e malconcio, e ammessa per ipotesi l’esistenza di qualcuno con alcune decine di milioni di euro in saccoccia, dovendosi dopo l’acquisto provvedere alla demolizione, allo sgombero delle macerie e a sottostare a una serie di vincoli per edificarvi sopra qualcosa sperando poi di rivenderlo, ci si chiede quanto segue: perché questo qualcuno che dispone ora delle suddette decine di milioni di euro, ignorando se e dopo quanto tempo potrà trarre dall’affare un legittimo guadagno, dovrebbe comprarsi il Casermone?!”
Nel frattempo, e in attesa delle risposte, il cavallo naturalmente campa mentre altrettanto naturalmente l’erba cresce.
E purtroppo è vero. Con l’acquetta di questo giorni l’erba, o meglio le cosiddette erbacce, hanno subìto ovunque un incremento d’altezza veramente notevole.
Se in alcuni recessi del centro storico si nota, come viene denunciato da più parti, un pullulare in terra di cartacce, bottiglie, buzzichi e buzzichetti, nel suburbio le erbe hanno ricoperto le immondizie fino a punto che, come si suol dire, tutto è al momento immerso nel verde.
A Ciconia, alla Svolta ma anche a Sferracavallo e nei paesi che fanno corona alla Rupe sono molti i cittadini che riferiscono di essere ormai con l’erba alla gola. Ed è vero. Ma la cosa che meno si capisce e che quando, ma giusto semel in anno, rari operai si affacciano in questi siti, tagliano o potano fino a lì e poi basta. Cosi abbiano aree che fiancheggiano strade, fossi o canali puliti da una parte e da quell’altra no, abbiamo zone dove l’erba vene tagliata fino a a qui e da di qui in su no.
Qualcuno assicura che tra l’erba alta, si cominciano a sentir cantare i grilli, e i grilli si sa non cantano mai da soli tanto che c’è già chi spera che, dai oggi e dai domani, il loro canto diventi un coro e tale da svegliare anche coloro che dormono e ronfano in zona da anni.
Ma qui ci vorrebbero almeno almeno, e a permanenza, le penne di Cerulli o di Aceto sia per evitare di assopirci ai margini della palude, sia per non essere assorbiti nella marmellata primordiale del benaltrismo, delle scale delle priorità, delle metodiche di miglioramento progressivo e delle visioni alternative del mondo, che ogni tanti anni vengono reimpastate, riproposte e ridibattute da improbabili figure che passano così, e pure con impegno, dall’ignoto nel vuoto.
Canta il grillo,… ! Facciamolo cantare!