“Sebben che siamo donne// paura non abbiamo// abbiam delle buone lingue// abbiam delle buone lingue….”
Va, la musica, diffusa dagli altoparlanti nell’andirivieni indifferente dei turisti che salgono al Duomo. E c’è chi, dall’alto della Torre del Moro, osserva il movimento e le bandiere in “Piazzetta” dove si celebra la festa dei lavoratori. Niente festa quest’anno e pochi i partecipanti alla manifestazione indetta dalla sola CGIL in Piazza Filippo Antonio Gualterio. La situazione attuale, specie sul territorio orvietano, è quanto mai preoccupante. C’è chi parla di un migliaio di disoccupati anche se è difficile avere dei dati precisi, in particolare, come conferma la stessa Anna Rita Paggio, dopo che l’apposito osservatorio comunale ha cessato la sua attività per mancanza di fondi. La situazione è comunque sotto gli occhi di tutti: è crisi per il manifatturiero, l’agricoltura, l’edilizia. Che altro resta? Nemmeno la speranza per il futuro: i più colpiti sono i giovani, le donne e gli over 50. Il malcontento è tangibile, serpeggia e riaffiora in ogni conversazione.
<< Gli interventi dell’attuale governo non sono adeguati…- dice la Paggio. -Bisogna dare alla gente la speranza che si possa cambiare.>>
Ma in questa manifestazione improntata alle donne la speranza non è di casa.
<<Di 90 persone che lavoravano nella fabbrica, tutte a casa!>> dice una operaia della “Grinta” che chiede solidarietà da parte di tutti, soprattutto delle donne, nei confronti di chi ha perso il lavoro.
Nessun dubbio sulla necessità di recuperare la solidarietà collettiva:
<<Non si può essere divisi in momenti di crisi come questa che ha investito il nostro Paese. Bisogna recuperare capacità e coraggio di stare insieme. Anche nelle diversità.>> dichiara Attilio Romanelli, segretario generale della Camera del lavoro di Terni, che conclude invitando il governo Monti a dare segnali concreti, a ragionare sulle cause della crisi.
“Sebben che siamo donne, paura non abbiamo…”. Invece no, hanno paura, oggi, le donne. Soprattutto per la mancanza di lavoro. E il “sior padron da le bele brache bianche” non è più così prossimo e nemmeno è facile da contestare.
Al tempo del libero Comune i nemici si potevano combattere ed abbattere. Bastava suonare la campana del popolo, la stessa che oggi si limita a suonare le ore dall’alto della Torre, perché il popolo compatto prendesse le armi e corresse a difendere le ripe. Anche al tempo della mezzadria i mezzadri sapevano con chi rapportarsi.
Oggi ci si guarda intorno e non si sa dove parare. Sembra di essere caduti in una trappola tesa dall’alto. Ma chi tiene in mano il filo della situazione?
Intanto si stanno disgregando anche tante certezze passate. Quanti coloni hanno fatto battaglie per migliorare la situazione economica, sacrifici per acquistare la terra su cui sono nati… La terra era tutto, perché la terra dà da mangiare… Oggi nemmeno questo è più vero. Il grano? In base ai dati del consorzio agrario, (che tra l’altro è stato traslocato altrove!) il grano delle terre del comprensorio va bene a malapena per gli animali. E l’olio? Seppure di ottima qualità, non tutti possono permettersi di acquistarlo, considerato poi che nei supermercati si trova olio imbottigliato in Umbria, proveniente chissà da dove, al prezzo di 2 euro al litro.
C’è così chi vende e perde anche la speranza e c’è chi invece acquista e torna al latifondo.
Indifferenza, senso di resa. Impotenza. Che fare?
Eppure c’è un tale che s’aggira in Piazzetta e continua a dire:
<<Ancora oggi il sindacato può ottenere tutto!>>