Riceviamo dal PD di Orvieto e pubblichiamo
Mercoledì 11 aprile, su richiesta dell’opposizione (PD, Socialisti di Orvieto, Rifondazione comunista) era stato convocato un Consiglio comunale aperto alla cittadinanza. In discussione, soprattutto, la sorte di due imprese del tessile, l’ex-Grinta e la Manifatture.
La sala era gremita di lavoratrici licenziate, in cassa integrazione, senza alcuna certezza del futuro, con gli impianti chiusi.
Le certezze future non le hanno avute neanche in questa assise. Rimangono le parole cautamente positive dell’assessore regionale Vincenzo Riommi circa l’appoggio della Regione qualora vi fossero imprenditori capaci di impegnarsi in una ristrutturazione efficiente delle imprese in questione.
E rimane certamente l’impegno, da parte dell’opposizione consiliare, di non lasciar cadere l’argomento.
Nella seduta aperta, due “convitati di pietra” che mancavano. E’ mancata la parola degli imprenditori; ed è mancata la parola di chi oggi tiene il coltello dalla parte del manico: gli istituti di credito. Le banche, tanto per intenderci.
Dalla parte delle istituzioni cittadine, il solito appello accorato del sindaco per lavorare tutti insieme per il bene della città, preferibilmente senza i “maestrini” che pretendono di mettere i puntini sulle “i”; e l’altrettanto accorato grido di Pier Luigi Pizzo (consigliere delegato al Bilancio) che per tutta risposta ha spiegato che il Comune non ha soldi per finanziare le imprese. E quando mai un Comune ha avuto questa funzione?
E’ risultato lampante, anche in questa occasione, la totale mancanza, da parte dell’amministrazione, di un programma e di una prospettiva per la città: perché se manca il lavoro, se chiudono le piccole imprese, se l’agricoltura stenta a sopravvivere, non ci sarà alcun futuro. Orvieto non potrà vivere solo di Duomo e di enogastronomia. La “visione”, che da molte parti e da molto tempo viene invocata, vuol dire proprio questo: costruire un modello di sviluppo. Che evidentemente non c’è nella mente di chi ci governa.
Ecco la sintesi dei lavori di mercoledì pomeriggio. Non a caso, le lavoratrici con i loro cartelli “Licenziata!” se ne sono andate deluse.
Nel frattempo, la maggioranza in Consiglio è impegnata in ben altre faccende.
Al consiglio comunale del 02 aprile, su proposta di Stefano Olimpieri (capogruppo PDL) è stata deliberata la costituzione di una “Commissione di studio per l’acquisizione di dati relativi all’evoluzione della destinazione urbanistica e ai passaggi di proprietà negli ultimi 20 anni”.
Nella relazione introduttiva, Pier Luigi Leoni, non solo non si è guardato ai problemi attuali ed al futuro della nostra città ma si è partiti addirittura dal 1967. Per arrivare alla conclusione che, causa l’opera dei legislatori (e assessori, a livello locale) socialisti, la faccenda “puzza”. E puzzerebbe anche ad Orvieto, per via delle “immeritate ricchezze” che le dinamiche urbanistiche avrebbero generato. Ecco l’urgenza della “commissione di studio”.
Ora, si dà il caso che Orvieto e il territorio orvietano stanno vivendo, oggi, una delle peggiori crisi mai conosciute in queste terre. Gli effetti li conoscono fin troppo bene i lavoratori e le lavoratrici dei comparti edile, agricolo, manifatturiero. Appunto quelli che, numerosi, erano presenti al Consiglio comunale “aperto”. Per quanto ci riguarda il Consiglio Comunale dell’ 11 aprile è stato solamente il punto di partenza di una serie di iniziative con le quali tenteremo di costringere tutti gli enti preposti ad affrontare e tentare di risolvere i gravi problemi del comprensorio Orvietano.
Comuni, Provincia, Regione, banche, fondazioni, associazioni imprenditoriali, sindacati e tutti gli altri asset di cui dispone il territorio dovranno tra loro interagire. Intanto, nei prossimi giorni proveremo a mettere di nuovo al centro del dibattito, la nostra proposta sul patrimonio pubblico di Orvieto e la sua valorizzazione, senza preconcetti costituiti, tentando di fermare qui la “svendita” in atto, perché dobbiamo guardare al futuro della nostra città, ma questo non si può fare se invece che al 2020 puntiamo la nostra attenzione addirittura al 1967.