Si parla ormai sempre più frequentemente di cyberbullismo, ovvero di violenze più o meno gravi perpetrate attraverso l’uso dei social network, degli smartphone, e, in generale, delle nuove forme di comunicazione legate a Internet. Il fenomeno è in crescita. Basti pensare che oggi il 34% del bullismo è online, in chat, da qui, appunto, il termine cyberbullismo.
Pur presentandosi in forma diversa, anche quello su internet è bullismo: far circolare delle foto spiacevoli o inviare mail contenenti materiale offensivo può costituire un danno psicologico. In Italia, secondo l’indagine nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza pubblicata nel 2011, un quinto dei ragazzi ha trovato in internet informazioni false sul proprio conto, raramente il 12.9%, qualche volta il 5.6%, o spesso l’1.5%. Con minore frequenza si registrano casi di messaggi, foto o video dai contenuti offensivi e minacciosi, ricevuti “raramente”, “qualche volta”, o spesso dal 4.3% del campione.
Questo tipo di aggressione, che può essere anche continuativa perché esula dalla dimensione sia temporale che spaziale, non è infatti legata alla frequentazione di luoghi fisici, bensì virtuali, ed è per questo molto spesso difficile da riconoscere e valutare.
Mai cadere nell’errore di considerarsi fuori, perché le tecnologie legate alla rete consentono di mascherare il proprio volto, che ‘facilità’ comportamenti fuori dalla norma. Le famiglie sono spesso disorientate di fronte alle richieste dei ragazzi, spaventate, vergognose o peggio ancora si auto-attribuiscono la colpa delle azioni. La scuola, gli adulti sono chiamati ad educare, più che a istruire: potenziando le abilità sociali con particolare attenzione alla consapevolezza emotiva e all’empatia.
Gli adulti devono cercare nella quotidianità di avere un occhio attento ai propri figli, vigilare sul comportamento dei ragazzi dopo la navigazione in internet o dopo l’uso cospicuo del telefonino e del computer presente in casa (uso eccessivo di internet fino a notte fonda).
Meglio vigilare quindi, farsi osservatori dei ragazzi, tutti potenzialmente a rischio. Come?
Adottando alcuni accorgimenti, eccone alcuni:
Regole? Sì grazie: come, ad esempio escludere la connessione ad Internet dopo un certo orario la sera, non è facile, ma le norme sono importanti, anche per i ragazzi.
Privacy: …Nì. sull’uso dello smartphone e di Internet i ragazzi hanno bisogno di un’autonomia controllata, è bene avere accesso ai telefonini dei propri figli e controllare anche le loro amicizie on line.
Condividere. Non demonizzare la rete, ma conoscerla, la tecnologia non è cattiva di per sé, cattivo è l’uso che se ne può fare.
Rispetto, sempre. Insegnare che gli altri vanno sempre rispettati, anche situazioni che a loro sembrano divertenti possono invece danneggiare qualcuno.
Non dare nulla per scontato: Non escludere a priori che nostro figlio possa essere ‘carnefice’, possiamo essere ingannati da un modo di fare apparentemente innocuo.
Osservare. Se i ragazzi hanno comportamenti inconsueti, sono chiusi, si isolano, tendono a soffrire di insonnia, o passano troppo tempo su internet, potrebbero essere vittime di fenomeni vessatori, non esitare a parlarne con loro, con gli insegnanti e confrontarsi con degli specialisti.
Rete Famiglia, affronta anche questo tema. Il progetto è rivolto alle famiglie in difficoltà e può essere di supporto anche su questo problema emergente.
Vi sono tre modi diversi di avvicinarsi al Centro, entrare in contatto via e-mail: retefamigliaorvieto@gmail.com; andare personalmente alla Sede che si trova a Orvieto in via Soliana 1/A, il martedì mattina dalle 9.00 alle 11.30 e nel medesimo orario il I sabato del mese; il giovedì pomeriggio dalle 16.00 alle 18.00; telefonare al n. 0763/395010 negli orari di apertura. Qualunque sia il modo, si troverà sempre qualcuno disposto ad ascoltare e aiutareaiutare. (Valeria Cioccolo)