di Dante Freddi
ORVIETO – A gennaio di quest’anno, nel documento di riorganizzazione del personale del Comune di Orvieto, l’assessore Gnagnarini scriveva che il Comune di Orvieto, con una spesa media dei dipendenti tra i 300 e i 400 euro per abitante, era il più magnanimo dell’Umbria. Dei 19 comuni con più di 10mila abitanti, 4 comuni sopportavano una spesa da 100 a 200 euro, 14 tra 200 e 300.
L’assessore nella sua relazione imputava la medaglia del personale più costoso a “marcato accesso alle progressioni orizzontali consentite a una percentuale abnorme dei dipendenti realizzatasi nel periodo considerato, 2005- 2014”. Altra voce pesante risultava “Una costituzione e distribuzione generosa del fondo per il salario accessorio ogni anno messo a disposizione e prevalentemente legato alle sue componenti fisse rispetto a quelle connesse alla valutazione della produttività e delle performance”.
Pericolo di linciaggio fisico per l’assessore, non avvenuto perché oggi si usa quello politico. Ma l’analisi non fa una piega, tanto che ora il Comune, dopo l’ispezione del Ministero delle Finanze, d’accordo con le valutazioni di Gnagnarini, si trova a rispondere di danno erariale per comprensivo un milione 500mila euro e rotti, con conseguenze nelle relazioni con il personale che, se le deduzioni degli spettori ministeriali risultassero ineccepibile, si troverebbe a perdere parte dello stipendio. Sarà poi la Corte dei conti, a cui il ministero ha consegnato la relazione, a fari i conti con tecnici e politici e a individuare le responsabilità.
E la Corte dei conti non dà buffetti, rivuole i soldi.
Di questo milione 500mila euro, 38.950 euro sono imputate all’Amministrazione Mocio, un milione 330mila a quella Còncina, 174mila a quella Germani, che ha interrotto alcune spese appena insediata e le ha poi eliminate nel periodo successivo ritenendole non pertinenti ed elemento di criticità per la correttezza del bilancio comunale, come poi rilevato anche dal ministero.
Per cinque anni l’Amministrazione guidata da Còncina ha rincorso la quadratura del bilancio fino al “concordato fallimentare”, portando le tasse al massimo e vendendo ogni proprietà vendibile, lasciando la città senza manutenzione, assillandoci con lamentazioni continue sui debiti trovati, mentre nel frattempo metteva nelle tasche dei dipendenti un milione 330mila euro, di cui gran parte, 472mila, in quelle dei dirigenti. Tutti quattrini che per il Ministero non sarebbero stati dovuti. Tra le diverse voci quella più curiosa, visibilmente farlocca, dato che oggi è ovvio che gli impiegati non usano più le matite, una indennità di rischio video: 350mila euro in cinque anni.
E chi lavora con una motosega o un decespugliatore quanto dovrebbe percepire?
Di questa bomba che è caduta sulla testa del Comune di Orvieto non c’è comunicato della destra, che ovviamente sente la responsabilità del danno, né della sinistra, che invece, penso, non abbia intenzione di inimicarsi i dipendenti e vuole trattare la questione con il massimo della discrezione. Silenziosi anche i partiti. Neppure, non vorrei mi fosse sfuggita, un’ interrogazione dei pentastellati.
Questa vicenda coinvolge direttamente i 158 dipendenti del Comune, che ovviamente non hanno colpe e hanno raccolto quanto è stato concesso, indirettamente tutta la città, a cui manca un milione 500mila euro.
Chi ha responsabilità lo valuteranno i giudici della Corte dei Conti. Il perché ha una sola risposta, che non so come si possa definire e quale lemma sia più cònsono, ma che di fatto produce tanta gente contenta, qualcuno contentissimo, contentissimo per decine di migliaia di euro.