di Franco Raimondo Barbabella
Sembra che ciò che succede a Castel Giorgio intorno alla geotermia sia di stretto interesse castelgiorgese: non ne discutono i rappresentanti dei partiti, né gli ‘opinion makers’, né gli eletti in altre istituzioni. Merito della stampa se ne sappiamo qualcosa. Eppure è difficile negare che la questione abbia sia dimensione territoriale che caratteristiche di ordine generale, di cultura diffusa e anche di politica in senso stretto. Per questo mi permetto di ragionarci un po’ su. Non per prendere partito a favore o contro questo tipo di impianti, quanto piuttosto per richiamare l’attenzione su alcuni aspetti che a mio parere hanno un certo rilievo al di là delle soluzioni prospettate o di quelle che alla fine si adotteranno.
Primo punto. Il merito
C’è poco da girarci intorno: se il progetto degli impianti geotermici rispetta le leggi e i regolamenti vigenti (e se ovviamente resterà vivo e attuale l’interesse dei proponenti), alla fine sarà autorizzato. Se al contrario esso presenta problemi di legittimità e/o addirittura di pericolo per l’incolumità e la salute dei cittadini, dovrà essere fermato, senza tentennamenti e ripensamenti, da chi ne ha titolo e dunque responsabilità. Anche per l’impatto paesaggistico ci sono vincoli da rispettare; se sono inadeguati, le amministrazioni possono e debbono provvedere. Ciò che è escluso è l’arbitrio, sia di chi vuol fare che di chi vuole impedire.
Secondo punto. I comportamenti politici
Sembra che tutti nelle zone interessate siano contrari a tali impianti. Ed è giusto che se ne tenga conto. Ma nessuno si offenda se mi permetto di fare pubblicamente delle domande. Su quali basi lo sono? Hanno acquisito pareri di indiscussa validità e competenza sui vari aspetti? O hanno solo dei timori e vogliono che si applichi un principio di prudenza? Però le ragioni dei contrari sono così fondate da rendere legittimo e indispensabile applicare qui il principio di prudenza? In verità, da quello che si legge sembra riproporsi, come per gli impianti a biomasse, un atteggiamento tagliato più sul timore delle novità che sullo studio documentato delle possibilità di uso razionale delle risorse, di qualunque natura esse siano, o regalate dalla natura o inventate dall’uomo (ieri romavetus, oggi la geotermia).
Terzo punto. I doveri istituzionali
Qualunque sia il modo in cui ora si dipanerà la vicenda, mi pare evidente che i comuni (non solo Castel Giorgio), e in primo luogo i loro sindaci, debbano assumersi fino in fondo le responsabilità che loro spettano. A parte quelli formali, sono da evidenziare due adempimenti prettamente politici, di politica alta.
Il primo: mettere in chiaro come stanno realmente le cose, ottemperando a quel dovere di conoscenza (nel senso di renderla possibile) che è il presupposto della democrazia. Debbono farlo in modo formale, tale che tutti capiscano e ciascuno si assuma le proprie responsabilità, fovorevole o contrario che sia. Il consigliere Andrea Corritore ha scritto: “Da questa amministrazione ci ha sempre diviso tutto, ma quando in ballo c’è l’incolumità del territorio e dei suoi abitanti non ci sono divergenze di opinione che tengano”. Di fronte ad affermazioni come queste nessuno che abbia senso di responsabilità può far finta di niente. Si tratta di operazioni pericolose? C’è in ballo “l’incolumità del territorio e dei suoi abitanti”? Si deve sapere perché e in modo inequivocabile, giacché se è così la vicenda va chiusa e mai più dovrà essere aperta. Credo che in questo caso andrebbe valutata anche la possibilità/necessità di una iniziativa giudiziaria contro chi si è permesso di tentare operazioni di tal natura.
Il secondo: dirci in modo chiaro a quale tipo di territorio pensano, a quale sviluppo, a quale futuro, e dunque che cosa è compatibile con esso e che cosa non lo è. In particolare debbono studiare un piano energetico per l’intera area, magari superando anche i confini regionali. Si stabilirà che nessun impianto tecnologico (produzione di energia, trasformazione dei rifiuti, ecc. ecc.) è compatibile con le specificità ambientali di essa? Bene, sia pure. Però il problema dello sviluppo e del lavoro restano. E allora ci si dica che cosa si farà in alternativa, quale visione, quali progetti e quali programmi. Ciò che non è accettabile è il non far niente per la paura di qualcosa, lasciando questo qualcosa sullo sfondo senza sapere che cos’è. Le popolazioni di questo nostro territorio hanno pur diritto di sperare in un domani possibile!