di Marco Marino, conservatore del Museo, e Luisa Bentivogli, restauratrice del Museo
Siamo tutti sdegnati, allibiti, inorriditi, sconvolti di fronte alla barbarie dell’ISIS che ha distrutto a martellate un intero museo e le opere in esso custodite che avevano superato interi millenni per giungere fino ai nostri giorni a testimoniare una grande civiltà.
Un grido di dolore il nostro, profondo ed autentico.
Ma i musei si distruggono solo a martellate per motivi ideologici o ci sono anche altri metodi?
Esiste ad Orvieto un museo che sta andando letteralmente in rovina a causa dell’ideologia per la quale solo il denaro ha valore, ovviamente per chi in quello crede.
Il Museo delle Maioliche Medievali e Rinascimentali Orvietane, aperto da oltre vent’anni, a seguito del pignoramento effettuato dalla Cassa di Risparmio di Orvieto è ormai chiuso da quel momento e gli arredi in mancanza di manutenzione si stanno coprendo di muffe perché, come noto, il museo è collocato in ambienti sotterranei che necessitano di una costosissima deumidificazione ormai sospesa da mesi.
Non parliamo poi dei restauri delle maioliche che si stanno progressivamente sbriciolando.
Eppure lo Stato ha vincolato per la sua eccezionalità sia la collezione, unica nel suo genere, sia le mura contenenti, sempre per la loro unicità, una fornace del millequattrocento, arrivando a rendere, per vincolo, inamovibili le maioliche dal contesto che le contiene.
A fronte del danno enorme per la cultura, come lo è in ogni caso la chiusura di un museo, il silenzio delle istituzioni cittadine e dei pochi intellettuali è stato assordante perché i barbari da condannare possono essere solo quelli lontani, mai il vicino di casa o il collega di potere.
Solo l’onorevole Borletti Buitoni si è preoccupata ed ha scritto alle istituzioni cittadine e regionali chiedendo di intervenire, ma anche in questo caso il silenzio è stato assordante.
Anche Vittorio Sgarbi si è pubblicamente pronunciato a sostegno del museo, ma lui fa notizia solo quando dà della capra a qualcuno.
Si è tentata anche la vendita del museo ad una fondazione straniera per un importo dieci volte maggiore del debito reale, ma tutto si è fermato di fronte alla presenza del pignoramento che ha spaventato, anche se a torto, però comprensibilmente, chi non è italiano.
E per fortuna il presidente della Cassa di Risparmio è nominato o indicato, che è pressappoco la stessa cosa, dalla omonima Fondazione che tra i suoi scopi ha il sostegno alla cultura, altrimenti con terrore immaginiamo cosa sarebbe successo a noi proprietari del museo che invece lo abbiamo sostenuto per decenni a costo di tanti sacrifici personali.
Al di là dell’ironia sappiamo bene che le decapitazioni possono essere anche morali, per questo ci ribelliamo e tenteremo tutto ciò che si può legalmente tentare per impedire questo altrettanto legale scempio protratto contro la cultura cittadina.